MALAWI

Cambiamenti climatici: il ciclone Freddy semina distruzione e oltre 400 morti nell’Africa meridionale

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
17 marzo 2023

Il ciclone tropicale Freddy ha terminato la sua corsa di morte alle 6 della mattina del 15 marzo al confine tra Mozambico e Malawi.

Durante i suoi 38 giorni di attività, nel suo ping-pong tra Madagascar e Mozambico, ha seminato distruzione e disperazione. Fino ad oggi si contano oltre 400 morti nei tre Paesi dell’Africa meridionale colpiti dalla sua folle corsa.

Il bilancio provvisorio in Mozambico è di 73 decessi e 17 in Madagascar ma il Paese più colpito è il Malawi, ultima tragica tappa di Freddy che ha causato anche 183.000 sfollati.

Ciclone Freddy alcune bare dei morti in Malawi

Dopo essere tornato violentemente per la seconda volta nel Mozambico centrale è entrato pesantemente nel confinante Malawi fino a Blantyre, seconda città del Paese.

Il governo malawiano ha confermato 326 morti ma si teme che il numero sia molto più alto. Nel comune di Chilobwe una famiglia ha perso dodici membri contemporaneamente.

“Davanti ai cambiamenti climatici siamo senza aiuto. Mi sento triste e devastato per ciò che è successo” – ha affermato Lazarus Chakwera, presidente del Malawi in visita a Blantyre. Il capo dello Stato ha dichiarato lo stato di calamità in 10 distretti colpiti dal ciclone.

Secondo i media malawiani, nell’attuale situazione, alcuni feriti gravi potrebbero morire a causa dell’impossibilità di accoglienza nelle strutture sanitarie. Secondo il Dipartimento per le gestione dei disastri (DoDMA) il ciclone ha fatto sfollare oltre 4.300 famiglie e fino ad oggi, nella sola Blantyre risultano circa 800 feriti. I soccorritori continuano a cercare i dispersi sotto le macerie e le montagne di fango: all’appello mancano almeno 41 persone.

Il ciclone Freddy entra in Zambesia (Courtesy ZoomEarth)

Il secondo impatto di Freddy

Il 10 marzo la perturbazione da 257.000 Kmq (grande quasi quanto tutta l’Italia) che anticipava Freddy, è entrata in Mozambico. Il ciclone, di quasi 40.000 Kmq, era al suo interno. Freddy, in meno di tre settimane ha toccato per la seconda volta le coste mozambicane.

Il giorno successivo il ciclone tropicale ha colpito la città di Quelimane in Zambesia, con venti a 170 km orari. Ha spazzato via case, linee elettriche e telefoniche lasciando senza elettricità centinaia e comunicazioni telefoniche migliaia di persone. Nell’area di Quelimane, circa 250.000 persone hanno bisogno di aiuto.

Oltre 400 morti dal 20 febbraio ad oggi

Da quando il ciclone tropicale Freddy, il 20 febbraio, per arrivare sul continente africano ci sono stati oltre 400 morti.

Si è formato nell’Oceano Indiano il 3 febbraio a nord ovest dell’Australia sotto l’Indonesia crescendo di intensità. Ha viaggiato per oltre 8.000 km  passando pericolosamente vicino a Mauritius e La Reunion con venti tra i 150 e 260 km orari fino alle coste centro-orientali del Madagascar.

Superata l’Isola Grande e il Canale del Mozambico è entrato nell’ex colonia portoghese da Inhambane sulla costa mozambicana. La previsioni meteo lo davano esaurito entro il 23 febbraio al confine sudafricano ma ha ripreso forza.

Ha riattraversato il Canale del Mozambico per colpire nuovamente la costa sud-occidentale del Madagascar il 7 marzo. È quindi rimbalzato per tornare verso il Mozambico entrando da Quelimane l’11 marzo per esaurirsi nella devastazione del Malawi.

Freddy ha superato il record dell’uragano John

Il ciclone Freddy, nei suoi 38 giorni di vita e quasi 11.000 km è diventato il più longevo della storia superando l’uragano/tifone John del 1994. John ha mantenuto il record di 31 giorni prima di esaurirsi nell’Oceano Pacifico all’altezza dell’America Centrale.

Ma Freddy è anche il ciclone che ha prodotto la maggiore energia e il primo ciclone di categoria 5 del 2023. Il ciclone Freddy è quello che ha avuto il più insolito tragitto nell’Oceano Indiano.

Il disturbo tropicale “92S” (Courtesy ZoomEarth)

Purtroppo, nel momento in cui scriviamo, a circa 700 km a est del Madagascar si sta formando un disturbo tropicale chiamato “92S”. La speranza è che non diventi un nuovo mortale ciclone.

L’appello arrivato ad Africa ExPress per sostegno urgente

Alla redazione di Africa ExPress, tramite David Mutua, dell’Ufficio stampa dell’ong CARE International per l’Africa meridionale è arrivata una richiesta di aiuto alle popolazioni colpite, che pubblichiamo.

In Malawi, il fiume Shire si sta ingrossando e l’acqua si sta spostando nell’entroterra verso le case, mentre il Paese è alle prese con un’epidemia di colera. Di seguito riportiamo una citazione del nostro direttore regionale dell’Africa meridionale:

La tempesta tropicale Freddy ha portato con sé inondazioni devastanti, distruzione e morte in Mozambico e Malawi. Strade e ponti sono stati spazzati via, impedendo alle comunità di ricevere il sostegno di cui hanno bisogno. Case e abitazioni sono state distrutte, lasciando le famiglie bloccate e al freddo.

“Mentre proseguono le operazioni di soccorso, si prevede che il bilancio delle vittime sia destinato a salire. In Malawi, siamo preoccupati per i bisogni immediati delle persone colpite, ma anche per la recrudescenza del colera in Mozambico, dove stavamo già rispondendo agli effetti del ciclone che ha toccato terra il 24 febbraio, il numero di persone bisognose aumenterà”.

È necessario un sostegno urgente per raggiungere le persone colpite. CARE sta già lavorando a fianco del governo, dei nostri partner locali e dei leader delle comunità. Abbiamo distribuito cibo e kit di accoglienza in Mozambico e Malawi”, ha dichiarato Mathew Pickard, direttore regionale di CARE International per l’Africa meridionale.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com

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Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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