SOMALIA

Nuovo rifornimento di armi dal Pentagono alla Somalia per contrastare i terroristi al Shebab

Speciale per Africa ExPress
Antonio Mazzeo
Marzo 2023

Escalation bellico-militare USA in Somalia. Sessantuno tonnellate di armi (fucili d’assalto AK-47 di produzione ex URSS e mitragliatrici pesanti) e relative munizioni sono state donate dal Pentagono all’Esercito nazionale della Somalia.

Lo rende noto in un comunicato l’Ambasciata degli Stati Uniti a Mogadiscio. Gli armamenti sono stati trasferiti a bordo di due aerei cargo C-17 di US Air Force; i velivoli sono atterrati il 28 febbraio scorso nell’aeroporto internazionale “Aden Adde” della capitale somala. Ad attenderli il responsabile affari esterni del corpo diplomatico USA Tim Trinkle, il ministro della difesa della Somalia Abdulkadir Mohamed Nur Jama e il Capo di Stato maggiore delle forze armate, generale Odowaa Yusuf Rageh. 

“L’assistenza militare supporterà le operazioni correnti dell’esercito somalo contro le milizie di al-Shebab negli Stati di Galmadug e Jubaland e della Brigata di fanteria avanzata Danab di cui è stato avviato il processo di reclutamento”, scrive l’Ambasciata USA in Somalia. “La donazione di armi e munizioni rappresenta una delle priorità della partnership USA con la Somalia (…) La consegna verrà notificata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite da parte del Governo federale somalo in stretto coordinamento con l’Ufficio di cooperazione alla sicurezza dell’Ambasciata USA a Mogadiscio in accordo con le risoluzioni ONU”. 

Secondo quanto riportato dal sito specializzato Defense News, in un comunicato ufficiale sottoscritto congiuntamente con gli altri partner di riferimento nella gestione delle operazioni di sicurezza in territorio somalo (Qatar, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito), il Pentagono si è impegnato a sostenere gli sforzi della Somalia nella gestione dei sistemi d’arma e delle munizioni nel caso in cui il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite revocasse l’embargo di armi pesanti al paese africano.

L’ONU ha rinnovato l’embargo nel novembre 2022 anche se però ne ha alleggerito gli effetti: oggi la Somalia può importare infatti missili terra-aria e anticarro e droni da combattimento.

Il sempre più evidente sostegno USA alle operazioni offensive dell’esercito somalo avviene alla vigilia del ritiro dal Paese delle forze armate dell’Unione Africana  e dell’affidamento delle responsabilità di difesa alle autorità somale entro la fine del 2024. Washington intende sostenere pienamente la “guerra totale” dichiarata dal presidente Hassan Sheikh Mohamud contro i militanti di al-Shebab che controllerebbero una parte importante di territorio somalo. La controffensiva militare ha il sostegno formale dei paesi confinanti: Etiopia, Kenya e Gibuti.

Attualmente nel Paese africano sono presenti circa 450 militari USA; essi sono stati schierati nel corso del 2022 su decisione del presidente Joe Biden che ha revocato l’ordine di ritiro del suo predecessore Donald Trump. I reparti statunitensi stanno sostenendo l’intervento dei militari somali e della coalizione multinazionale dell’Unione Africana con operazioni di intelligence, l’addestramento militare e gli attacchi diretti con l’ausilio di droni killer.

Le milizie di Al Shebab reclutano nelle proprie file anche bambini soldato

Sono i sempre più frequenti dispacci del Comando delle forze armate USA per il continente africano (US Africom) di Stoccarda, Germania, a confermare il dirompente interventismo statunitense in Corno d’Africa. Due attacco aerei con velivoli senza pilota “su richiesta del Governo federale della Somalia” e “a supporto delle operazioni dell’Esercito nazionale contro al-Shebab” sono stati condotti da US Africom il 14 e il 17 dicembre 2022 nei pressi della città costiera di Adale, regione centro-meridionale dell’alto Shebele, a circa 250 km da Mogadiscio.

Nel corso dei due attacchi sarebbero stati uccisi quindici membri delle milizie armate jihadiste. Un terzo attacco con droni killer, ancora nei pressi di Adale, è stato ordinato dal Pentagono il 23 dicembre 2022 e avrebbe causato la morte di sei miliziani di al-Shebab. 

“US Africa Command ha condotto stamani uno attacco di auto-difesa collettiva a circa 260 km a nordest di Mogadiscio, vicino Galcad, dove le unità dell’Esercito nazionale somalo sono impregnate in un pesante combattimento a seguito di un complesso, esteso ed intensivo attacco da parte di un centinaio di combattenti al-Shebab”, riporta una nota emessa il 20 gennaio 2023. “Le azioni combinate da parte delle forze alleate schierate sul terreno e l’attacco aereo hanno prodotto la distruzione di tre veicoli e la morte di una trentina di terroristi”.  

Tre giorni dopo il Comando USA di Stoccarda si è assunto la paternità di un nuovo attacco con l’uso di droni armati in una “regione remota” nei pressi di Xaradheere, 396 km a nordest di Mogadiscio “dove le forze armate somale stanno conducendo un’operazione contro le milizie armate”.

Due i membri di al-Shebab assassinati. I velivoli killer USA tornavano a colpire ancora l’area di Xaradheere il 25 gennaio. La portata di quest’ultima operazione bellica veniva enfatizzata da una dichiarazione pubblica del Segretario della Difesa, Lloyd J. Austin III.

“Su ordine del presidente, i militari USA hanno eseguito un attacco nel nord della Somalia in cui hanno trovato la morte alcuni membri dell’ISIS tra cui Bilal-al-Sudani, un leader dell’organizzazione terroristica in Somalia ed elemento chiave della rete globale dell’ISIS”, riferiva il capo del Pentagono.

“Al-Sudani era responsabile della crescente presenza dell’ISIS in Africa e del finanziamento delle operazioni del gruppo in tutto il mondo, incluse quelle della fazione ISIS operante nella provincia di Khorasan, in Afghanistan. Quest’azione rende gli Stati Uniti d’America e i suoi partner più liberi e più sicuri e riflette il nostro costante impegno a protezione degli americani dalla minaccia del terrorismo in patria e all’estero”. 

Anche la Casa Bianca ha diffuso un comunicato sul bombardamento in Somalia del 25 gennaio 2023. “Al-Sudani ha una lunga storia da terrorista – esordisce l’ufficio stampa di Joe Biden -. Prima di operare con l’ISIS, egli era stato identificato dal dipartimento del Tesoro per il suo ruolo all’interno degli Shebab: facilitava i combattenti stranieri a raggiungere i campi di addestramento dell’organizzazione jihadista e collaborava al finanziamento degli estremisti violenti stranieri in Somalia”. Sempre secondo la Casa Bianca, originariamente era stata pianificata la cattura di Al-Sudani “ma la risposta delle forze ostili all’operazione ha portato alla sua morte”. 

“Il Dipartimento della Difesa ha presentato il piano d’intervento in un briefing al Presidente”, aggiunge lo staff di Biden. “Egli ha condiviso il piano con il direttore nazionale di intelligence, il direttore del Centro anti-terrorismo, il vicedirettore della CIA e i responsabili del team per la sicurezza”. La Casa Bianca ha stimato che una decina i “terroristi” siano stati uccisi nell’attacco contro Bilal-al-Sudani.

A febbraio 2023 il Comando di US Africom ha rivendicato altri tre attacchi con droni in Somalia: il primo – giorno 10 – a 45 km a sudovest di Hobyo (472 km di distanza da Mogadiscio); il secondo – il 15 febbraio – vicino Beletueine (460 km a nordovest della capitale); il terzo – il 21 – nello Stato di Galmudug.

Complessivamente sarebbero stati assassinati ventiquattro membri di al-Shebab. “Dato che tutti gli strike sono stati effettuati in luoghi remoti della Somalia, possiamo affermare con certezza che nessun civile è stato ucciso”, prova a rassicurare il Pentagono. “Il Governo federale della Somalia e l’US Africa Command continueranno a prendere le migliori misure per prevenire vittime civili. La protezione dei civili rimane una condizione vitale dei comandi operativi per promuovere una maggiore sicurezza per tutti gli africani”.

Per estendere tra la popolazione il consenso alle operazioni militari USA, Washington sta accrescendo pure la quantità di “aiuti umanitari” destinati alle autorità somale. “Gli Stati Uniti sono uno dei numerosi Paesi che contribuiscono agli sforzi di stabilizzazione economica e all’assistenza umanitaria e militare del Governo Federale”, spiega Washington. 

“Il Comando di US Africom è il braccio militare dell’intero approccio governativo USA con I partner africani. Diplomazia, sviluppo e difesa sono i tre elementi (3D) dell’intervento condotto dalle molteplici agenzie governative statunitensi per accrescere la cooperazione e il sostegno dei nostri partner: le soluzioni condivise per le sfide per la sicurezza, incluse quelle contro l’estremismo violento o il terrorismo”.

Per il Pentagono la Somalia assume sempre più un ruolo centrale per la “stabilità” di tutta l’Africa orientale. “Le forze armate assegnate al Comando di US Africom addestrano, accompagnano e assistono le unità militari alleate aiutandole a conseguire gli strumenti che necessitano per sconfiggere le milizie di al-Shabab, il più grande e mortale network di al-Qaeda nel mondo.

US Africom e le forze alleate continueranno a valutare i risultati di queste operazioni e forniranno informazioni addizionali a secondo dei casi. Non saranno però rilasciati dettagli specifici sulle unità coinvolte e sugli assetti impiegati in modo da rendere sicuri gli interventi”. E la guerra nel martoriato Paese africano si fa ancora più sanguinosa e secretata.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com
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