9 marzo 2023
A fine febbraio la polizia del Burundi ha fatto irruzione durante un seminario sull’imprenditoria giovanile, organizzato dall’associazione MUCO, impegnata nella lotta contro AIDS-HIV e ha arrestato 24 persone.
Oltre a alcuni membri dell’associazione, le forze dell’ordine hanno fermato anche diversi giovani, accusati di presunte “pratiche omosessuali”.
Dopo lunghi e estenuanti interrogatori, durati una decina di giorni, ora 17 uomini e 7 donne sono stati accusati di pratiche omosessuali e all’incitamento di quest’ultime. Dovranno restare in custodia cautelare fino al processo.
MUCO è regolarmente registrata in Burundi. Il seminario è stato cofinanziato dall’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID). Ma ciò non ha fermato i poliziotti e gli agenti dei servizi: hanno interrotto il seminario e perquisito la sede dell’associazione a Gitega. Lì hanno trovato droghe, preservativi e documentazione sui diritti degli omosessuali. I membri di MUCO hanno dichiarato che si tratta di materiale didattico per la lotta contro l’AIDS-HIV.
Sono stati i vicini a allertare le forze dell’ordine, preoccupati per l’andirivieni di ragazzi e ragazze, accusandoli per giunta di omosessualità.
Non c’è da meravigliarsi, visto che il presidente del Burundi, Évariste Ndayishimiye, ha apostrofato gli omosessuali come maledetti. In un recente discorso alla nazione, il capo di Stato, al potere dal 2020, si è espresso in questi termini: “Chiedo a tutti i burundesi di maledire coloro che si lasciano andare all’omosessualità perché Dio non può sopportarlo. Devono essere banditi, trattati come paria nel nostro Paese perché ci portano la maledizione”.
A tutt’oggi in Burundi è in vigore il codice penale promulgato nel 2009 dal defunto presidente Pierre Nkurunziza, che ha governato il Paese con il pugno di ferro. In base a tale legge i rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso sono punibili da tre mesi a due anni di carcere.
Le cose non vanno meglio in Uganda, dove il Parlamento ha preso in esame un progetto di legge a dir poco draconiano, volto a criminalizzare chiunque si identifichi come LGBTQ+ e rischia fino a dieci anni di carcere.
Nella proposta è prevista anche una condanna per i proprietari che affittano case a persone gay. E la presidente della Camera, Annet Anita Among, membro del partito di maggioranza (NRM), ha persino usato un linguaggio omofobico rivolgendosi ai legislatori, dopo la presentazione della proposta di legge.
Il disegno di legge è stato promosso da Asuman Basalirwa, membro del partito all’opposizione. Finora non è chiaro se il presidente Yoweri Museveni e il Movimento di Resistenza Nazionale (NRM), che ha la maggioranza in Parlamento, sosteranno tale proposta.
E’ risaputo che Museveni è assolutamente contrario a persone LGBTQ+, ma va ricordato che nel 2014 la Corte costituzionale ha dovuto cancellare una legge anti-gay “per vizio di forma”. Allora, appena varata la severa legge, aveva suscitato scalpore nel mondo intero. Alcuni Paesi occidentali, tra cui Olanda, Danimarca, Norvegia e Svezia avevano drasticamente ridotto gli aiuti economici all’Uganda e anche la Banca mondiale ha rinviato a tempo imprecisato l’erogazione di un importante prestito.
E solo pochi giorni fa la first lady del Kenya, Rachel Ruto ha proclamato una preghiera nazionale contro l’omosessualità nel Paese. La Ruto ritiene che tale pratica rappresenti una minaccia per l’istituzione della famiglia.
Nell’Africa dell’est, come in molti altri Paesi del continente, le persone LGBTQ sono discriminate da società conservatrici, sia a maggioranza cristiana che musulmana, dove l’omosessualità è ancora un tabù.
Africa ExPress
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