I sogni infranti degli studenti africani fuggiti dalla guerra in Ucraina

Sono stati discriminati quando hanno lasciato l'Ucraina devastata dalla guerra. Ora devono affrontare altri ostacoli per continuare gli studi

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
23 febbraio 2023

Hanno dovuto interrompere gli studi, trovano a tutt’oggi enormi difficoltà nell’ottenere il permesso di soggiorno, sono rifugiati invisibili in tutta l’Europa. Eppure sono fuggiti dalle stesse bombe un anno fa. Difficile comprendere il trattamento dedicato ai profughi ucraini da quello riservato ai cittadini di altri Paesi terzi, africani, asiatici e mediorientali.

Studenti africani durante la fuga dall’Ucraina

L’odissea è iniziata con le prime bombe riversate dai russi, con conseguente ondata di panico in tutta l’Ucraina. Anche gli studenti africani del campus universitario di Kiev si sono svegliati a suon di esplosioni quella notte. Si sono trovati improvvisamente in mezzo a una guerra non loro.

I giovani hanno cercato di raggiungere le frontiere, per non essere seppelliti sotto le macerie. I più hanno dovuto affrontare una marcia forzata per ore. Ma non c’è stato nulla da fare: erano neri e i bus erano riservati agli ucraini in fuga.

Mentre alcuni Paesi africani, come il Marocco, hanno rimpatriato i loro cittadini non appena è iniziata l’invasione russa, moltissimi altri sono scapati andati in Europa. Ma tutti quanti hanno visto andare in frantumi i loro progetti nelle prime ore del 24 febbraio 2022.

Da una parte gli studenti africani sono felici, sollevati, di essere sopravvissuti alle bombe russe e alla violenza razzista ai confini dell’Ucraina, ma dall’altra non sanno da che parte voltarsi.

Perché, a differenza degli ucraini, i profughi africani sono stati esclusi dalla protezione temporanea. La direttiva europea, attivata il 4 marzo 2022, autorizza l’accesso al lavoro, all’alloggio, all’assistenza sociale e medica per un periodo di dodici mesi (rinnovabile fino a tre anni) in tutti gli Stati membri. La protezione non riguarda invece i cittadini di Paesi terzi che godevano permessi di soggiorno brevi in Ucraina, come appunto gli studenti.

“Non volevo partire, pensando a tutti sacrifici che la mia famiglia ha fatto nel corso di tutti questi anni per farmi studiare medicina a Dnipro, al centro dell’Ucraina. Mi mancavano solo tre mesi alla laurea. Alla fine ho preso il treno per Kiev con la mia fidanzatina Paola”, racconta un giovane, originario del Congo-Brazzaville.

Alla frontiera polacca, per fuggire al controllo discriminatorio nei confronti degli africani da parte di alcuni funzionari ucraini, Paola dichiara di essere incinta. Poi i due quindi finiscono in Francia.

Una volta arrivati a Parigi, vengono ospitati da SOS Solidarités. Poiché non hanno ottenuto il permesso di soggiorno – la loro richiesta è ancora sospesa – i due studenti sono stati costretti a lasciare l’albergo che li ha ospitati per mesi. Ora sono a casa di un amico e stanno cercando di ricostruire le loro carriere professionali e accademiche.

I sogni infranti dei giovani studenti africani fuggiti dalla guerra in Ucraina

Sebbene sia riuscito a completare il suo dottorato, grazie ai corsi online dell’ università ucraina, il giovane congolese non può lavorare in Francia perché non ha il permesso di soggiorno. Per mantenersi ha dovuto rassegnarsi a fare un corso di formazione come conducente di carrelli elevatori. “Non ho fatto tutti questi sacrifici per fare un altro lavoro. Voglio fare il medico in un ospedale”, racconta disperato il giovane.

Non va meglio negli altri Stati europei. Le organizzazioni della società civile hanno chiesto ripetutamente alla comunità internazionale di incoraggiare le istituzioni per avviare un meccanismo di transizione equo che dia agli studenti africani l’opportunità di completare la loro formazione prima di tornare a casa.

Etonam Ahianyo, coordinatore dell’associazione Save Africans Ukraine, è pessimista: “Queste persone sono studenti e non sono minacciati nel loro Paese, quindi non hanno motivo di chiedere asilo. Ciò significa che è molto probabile che le loro domande di asilo continuino a essere respinte”.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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