Cornelia I. Toelgyes
20 febbraio 2023
Il cambio dello scettro è avvenuto ieri, in occasione della 36esima sessione ordinaria dell’Unione Africana, che ha aperto i lavori sabato a Addis Abeba, Etiopia.
Macky Sall, capo di Stato del Senegal e presidente di turno uscente dell’UA, ha passato il testimone a Azali Assoumani, che guiderà l’istituzione panafricana per un anno. Clima, autosufficienza alimentare e sicurezza sono tra i punti principali del programma svelato dal capo di Stato comoriano.
Un piccolo Stato tra i grandi. L’Unione delle Comore, che conta meno di un milione di abitanti, sono ora alla guida del continente. È la prima volta che un Paese insulare con un’influenza limitata a livello internazionale, viene investito di una tale responsabilità.
Parigi ha fortemente appoggiato l’ingresso del piccolo Stato nell’ arcipelago dell’Oceano Indiano alla presidenza dell’UA, chiedendo al Kenya di ritirare la propria candidatura. Il presidente comoriano è un habitué dell’Eliseo, che apprezza ovviamente l’aperta opposizione di Assoumani all’invasione russa dell’Ucraina.
Assoumani è diventato presidente delle Comore nel 1999 dopo aver organizzato un colpo di Stato ai danni dell’allora Presidente Tadjidine Ben Said Massounde, rimanendo al potere fino a gennaio 2002.
Nel maggio dello stesso anno vince le elezioni e rimane alla guida dello Stato insulare fino al 2006. Dieci anni dopo riesce nuovamente a farsi rieleggere ed è al potere a tutt’oggi.
E’ risaputo che alla Francia interessa avere Moroni alla testa dell’organizzazione panafricana. Visti i rapporti tesi che intercorrono tra Parigi e alcuni Paesi del Sahel, in particolare il Mali, le Comore potrebbero fare da intermediario. Inoltre, è uno dei pochi governi africani che si è schierato nettamente contro l’invasione russa in Ucraina; la maggior parte degli Stati del continente, infatti, ha preferito astenersi.
Le Comore e la Francia sono inoltre coinvolti in una crisi irrisolvibile per quanto concerne l’isola francese di Mayotte. L’Unione delle Comore è uno Stato insulare che si trova nell’estremità settentrionale del Canale del Mozambico, nell’Oceano Indiano. E’ composto da tre isole, Grandi Comore, Mohéli e Anjouan, che hanno ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1975. La quarta isola, Mayotte, ha sempre rifiutato di far parte della Repubblica Federale Islamica ed è rimasta fedele alla Francia, cioè territorio d’oltremare.
Le relazioni tra Parigi e Moroni sono alternanti, in quanto lo Stato insulare chiede che Mayotte ritorni a far parte della Repubblica Federale. Anche le Nazioni Unite hanno ritenuto nullo il referendum del 1976 e in più risoluzioni non vincolanti, hanno chiesto la restituzione dell’isola alle Comore. Nulla di fatto.
Eppure Mayotte è il più povero dei territori oltremare e, secondo uno studio di INSEE (Istituto nazionale della statistica e degli studi economici francese) del 2019, quasi la metà della popolazione dell’isola è di nazionalità straniera, per lo più comoriana.
Ma con il beneplacito di Moroni, nel 2022 la Francia ha rimpatriato ben 23.380 comoriani. “Le buone relazioni con le Comore sono necessarie per combattere la pressione migratoria su Mayotte”, ha sottolineato il ministro degli Esteri d’oltralpe durante un suo intervento al Parlamento.
Intanto ieri, a conclusione dei lavori del 36esimo summit dell’organizzazione sono state adottate parecchie decisioni, dichiarazioni, risoluzioni e altre mozioni, già oggetto di accesi dibattiti anche in passato e non ancora risolti.
Tra i testi adottati durante l’assemblea generale c’è anche un rapporto del presidente ruandese, Paul Kagame, sulle riforme istituzionali dell’UA. Rimangono però molti altri punti sui quali non è stato ancora trovato un comune accordo.
E’ il caso dello status di osservatore accordato a Israele in seno all’UA. Un comitato ad hoc avrebbe dovuto esaminare la questione da un anno, ma i membri non si sono mai riuniti fino ad oggi. Dunque i Capi di Stato presenti al summit hanno deciso di attendere le conclusioni della commissione.
Sta di fatto che Israele non ha apprezzato l’incidente diplomatico accorso sabato mattina, quando è stato letteralmente messo alla porta il rappresentante dello Stato ebraico durante la cerimonia di apertura dell’UA.
Il ministero degli esteri di Gerusalemme ha sottolineato che l’ambasciatore Sharon Bar-Li è stato allontanato, nonostante il suo status di osservatore accreditato, con tanto di badge d’ingresso.
Di altro avviso è Ebba Kalondo, portavoce del presidente della commissione dell’Unione Africana. Ha infatti dichiarato che la diplomatica è stata allontanata poiché non era il rappresentante israeliano debitamente accreditato in Etiopia. L’invito sarebbe stato inviato all’ambasciatore residente in Addis Abeba. Insomma una questione ancora tutta da chiarire. Equivoco o atto politico?
Intanto resta la linea dura per quanto concerne i cambi di potere incostituzionali, niente allentamento delle sanzioni già adottate per Mali, Burkina Faso e Guinea.
Altrettanto hanno dichiarato sabato scorso i Paesi membri della CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale). Anzi, l’organizzazione dell’Africa occidentale ha persino imposto il divieto di viaggiare ai membri e rappresentanti dei governi di Mali, Burkina Faso e Guinea.
Cornelia I. Toelgyes
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