Costantino Muscau
19 febbraio 2023
Dice un proverbio africano: “Morire non è una catastrofe, la catastrofe risiede nel dover dormire affamato”.
Christian Atsu non è morto affamato. Era nato affamato, di una fame che non lo avrebbe mai lasciato. Al punto che quando era giocatore ben pagato nel Porto, al ristorante “Sol Verde” di Espinho, in Portogallo, mangiava non solo la carne del pollo, ma anche le ossa. “Da bambino ho imparato a non buttar via niente del cibo che avevo davanti – confesserà -, perché non sapevo se, quando e che cosa avrei potuto mangiare nei giorni successivi”.
Christian Atsu è morto ricco e felice. Felice anche di aver aiutato, nella sua breve esistenza, famiglie senza cibo, detenuti senza speranza, ragazzi senza scarpe e senza scuole.
Christian Atsu è il calciatore ghanese dell’Hatayspor morto, a 31 anni, sotto le macerie del terremoto che in Turchia ha sterminato quasi 50 mila persone. E’ stato ucciso dalla sua generosità.
Commosso dalla partecipazione gioiosa dei suoi compagni per il gol della vittoria da lui segnato domenica 5 febbraio, aveva spostato di un giorno il biglietto aereo per raggiungere la moglie e i tre figli in Inghilterra.
E il terremoto, il giorno dopo, il 6 febbraio, lunedì, ha spianato il residence Ronesance in cui viveva nella città di Hantakya, e posto fine alla sua generosa esistenza. Come a quella di decine di altre persone.
Dalle macerie, Christian, senza vita, è stato estratto solo dopo 12 giorni di contestate e affannose ricerche, sabato mattina18 febbraio, davanti agli occhi della sorella gemella e del fratello maggiore.
La sua fine ha scosso il mondo sportivo e commosso la sua terra di origine, il Ghana. Il presidente in carica Nana Akufo-Addo ha dichiarato: “Dio ce lo ha dato e Dio ce lo ha tolto. Ma sarà difficile averne uno come lui”. I rappresentanti del governo, oltre che della famiglia e del Ghana Football Association (GFA) domenica sera 19 febbraio hanno accolto la salma del giocatore, al Kotoka International Airport.
“Riposa in pace fratello, questa è dura da digerire – ha scritto il giocatore belga di origini zairesi Romelu Lukaku, (è dell’Inter in prestito al Chelsea) nel post corredato da una foto che lo ritrae con Atsu con il quale ha giocato nell’Everton nella stagione 2014/15 – È stato fantastico frequentarti per la tua umiltà e il tuo amore per Dio”.
Christian non era uno qualsiasi, come giocatore, ma soprattutto come uomo. Da calciatore, nell’Everton nel Chelsea, nel Porto, in Arabia Saudita, Turchia, nella nazionale (ben 65 partite con i Black Stars) era amato e rispettato da tutti. Come uomo, era un sant’uomo. Senza esagerazione. Cristiano di nome e di fatto.
Nato in Ada Foah, sulla costa est del Ghana, da famiglia di contadini era cresciuto nella povertà e calcisticamente si era affermato grazie all’Accademia calcistica del Chelsea. “Mi sento un privilegiato, sono uno di quelli benedetti da Dio. La fede è la cosa più importante nella mia vita. Sono stato fortunato, non avevo nulla e quindi devo restituire qualcosa a chi non ha niente. Il calcio ha cambiato la mia vita, mi ha permesso di aiutare la mia famiglia e la mia comunità. Talvolta, quando ci penso, mi sembra di essere un miracolato”, dichiarò quando sbarcò alla squadra del Newcastle, che sabato scorso lo ha ricordato allo stadio, alla presenza della moglie Marie-Claire Rupio, e ai loro tre bambini.
E la sua fede si è tramutata in opere (di bene). Sempre supportato dalla moglie, che aveva conosciuto in Portogallo. Di origini tedesche, Mareie-Claire Rupio, non si è limitata a fare la mamma o la velina del calciatore famoso: due anni fa, ha pubblicato un suo libro Stop Bullying Me, che ha ottenuto ottime recensioni. Narra la storia di una giovane donna impegnata in una lotta contro l’oscurità che pare avvolgere la sua vita.
Il sito Ghanaweb.com in un dossier dedicato tutto al giocatore tragicamente scomparso ha aperto una pagina con le 7 opere di misericordia corporale (potremmo chiamarle così mutuando il linguaggio delle pratiche cristiane) compiute da Christian: pagò liberazione dal carcere e cure mediche per una poveretta (Mama Theresa) di 62 anni, per un detenuto cieco, per il rilascio di 10 ghanesi imprigionati per aver rubato cibo, per altri 40 finiti in cella per reati minori, per una madre che allattava due bambini, condannata in quanto si era appropriata di cibo avanzato.
Regalò, infine, 80 paia di scarpe da calcio ad altrettanti ragazzini scalzi e soldi e vestiti e quant’altro agli orfanelli della fondazione Becky’s, di cui era il massimo donatore, in Senya Berekum (storica città della costa ghanese). Senza dimenticare che dal 2016 era l’ambasciatore nel mondo della organizzazione Arms Around The Child (AATC)
Ha scritto un cittadino ghanese sui social media: “Non ho mai amato il calcio, ma quando ho saputo quel che Christian ha fatto per la nostra gente, per gli esclusi, gli emarginati ho cominciato a piangere. Ma – come si dice in Africa – quando la morte ti invita, non superi quella notte”.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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