Cornelia I. Toelgyes
28 gennaio 2023
Fra pochi giorni Papa Francesco è atteso nella Repubblica Democratica del Congo. I preparativi fervono a Kinshasa, la capitale deve presentarsi con il suo volto migliore.
Dunque via tutti gli ambulanti, rase al suolo baracche e casupole che ospitavano piccoli negozi informali e baretti nel boulevard Lumumba, una delle strade principali della città.
Ora Kinshasa è davvero pulita, il sindaco è soddisfatto del lavoro svolto dalle squadre di operai che hanno lavorato giorno e notte.
Peccato solo che lui e le autorità congolesi, non abbiano pensato alle persone che ora hanno perso il lavoro, cioè il sostentamento per le proprie famiglie. Poveri si aggiungono agli altri poveri della megalopoli, che conta oltre 17 milioni di abitanti.
Finora nessuna parola sui bambini di strada gli “enfants sorciéres” cioè i bambini stregoni abbandonati dalle famiglie che credono siano posseduti dai demoni. Sono vittime di una società che li ha marchiati come portatori di malattie, di disgrazie, di essere preda del male, piccoli e giovanissimi che popolano a migliaia le strade della capitale.
L’arrivo del pontefice in Congo-K, dove si fermerà per due giorni prima di procedere per il Sud Sudan, altro Paese martoriato da un conflitto senza fine, è previsto per il 31 gennaio.
La trasferta africana nei due Paesi è già stata messa in calendario lo scorso luglio, poi rimandato per ragioni di salute di Bergoglio.
In un primo momento era prevista anche una trasferta nell’est della ex colonia belga, teatro di continui assalti da parte di innumerevoli gruppi armati, tra questi i sanguinari ADF (Allied Democratic Forces), un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995 e il raggruppamento M23, che prende il nome da un accordo, firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009.
Per ovvie ragioni di sicurezza la visita del Papa a Goma, capoluogo del Nord-Kivu è stata cancellata.
Proprio in questi giorni è giunto un nuovo allarme dalle Nazioni Unite che hanno denunciato un nuovo attacco dei miliziani M23. A Kitshanga, nel Nord Kivu, i ribelli hanno messo in fuga 450 residenti, che hanno poi cercato rifugio e assistenza nella vicina base dei caschi blu della MONUSCO, la contestata missione di pace dell’ONU nel Paese.
La rivolta armata nell’est dell’ex colonia belga ha acceso le tensioni Ruanda e Congo-K. Kinshasa accusa Kigali di fiancheggiare e sostenere la ribellione guidata dai tutsi. Anche gli esperti delle Nazioni Unite e l’Unione Europea ritengono che il Ruanda sostenga l’M23.
A fine novembre è stato siglato un accordo di un cessate il fuoco a Luanda, Angola, al termine di un mini-vertice al quale hanno partecipato i capi di Stato di Angola, Congo-K, Burundi, nonchè l’ex presidente keniota Uhuru Kenyatta. Il Ruanda, invece è stato rappresentato dal ministro degli Affari Esteri.
L’accordo prevedeva una tregua a partire dal 25 novembre alle 18.00 e il ritiro dell’M23 sulle sue posizioni iniziali. Inoltre la cessazione di ogni sostegno ai gruppi armati, M23, FDLR (acronimo per Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda, per lo più composto da hutu) e la ripresa del dialogo tra il Kigali e Kinshasa, volta a normalizzare i rapporti diplomatici tra i due Paesi. Al tavolo delle trattative non erano presenti rappresentanti dei gruppi ribelli.
Mentre il 12 gennaio scorso, Kenyatta, mediatore del processo di pace della Comunità dell’Africa Orientale per l’est del Congo-K, ha incontrato una delegazione dell’M23 a Mombasa.
In seguito ai colloqui con Bertrand Bisimwa, uno dei leader dell’M23, l’organizzazione regionale ha emesso un comunicato nel quale afferma che i ribelli avrebbero accettato di continuare il ritiro dalle aree attualmente occupate nel territorio di Rutshuru, nel Nord Kivu.
Come spesso accade da queste parti i termini delle trattative non sono stati rispettati. I miliziani M23 hanno precisato che il loro intervento si è reso necessario, per difendere e proteggere i tutsi residenti a Kitshanga e nelle aree vicine.
In un articolo pubblicato ieri da Radio Okapi, giornale online di MONUSCO, viene precisato che la città di Goma è isolata dalla parte settentrionale della provincia, in particolare dai territori di Rutshuru, Lubero, Beni e dalla città di Butembo. La strada Kitsanga-Kirolirwe-Goma, è occupata da mercoledì 25 gennaio dai ribelli dell’M23, in conseguenza dei combattimenti dei giorni scorsi tra ribelli e governativi.
Un altro allarme arriva dall’UNCEF, che chiede l’immediato rilascio di 13 minori, catturati presumibilmente dai terroristi di ADF durante un attacco del 22 gennaio scorso nel villaggio di Makugwe, nel Nord-Kivu.
Durante l’aggressione sono state brutalmente ammazzate 23 persone e diverse altre sarebbero state prese in ostaggio, tra questi anche dei minori: 11 maschietti e 2 ragazzine.
Il gruppo armato ADF, affiliato all’ISIS, è stato accusato di aver massacrato migliaia di civili congolesi e di aver compiuto attentati in Uganda. Nel 2021 gli USA hanno inserito ADF nella lista dei gruppi terroristi stranieri.
ADF è stato anche ritenuto responsabile della bomba scoppiata il 15 gennaio in una chiesa protestante a Kasindi, nel territorio di Beni, nel Nord-Kivu. L’attentato, avvenuto durante la cerimonia domenicale, ha causato la morte di 14 persone e il ferimento di altre 63. Il terribile bilancio è stato confermato dalle autorità civili e militari della zona.
Nell’est della della ex colonia belga sono attivi oltre 120 gruppi armati.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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