Africa ExPress
26 gennaio 2023
Detto fatto. Solo pochi giorni fa l’ambasciatore di Putin in Costa l’Avorio, accreditato anche in Burkina Faso, in occasione della sua prima visita a Ouagadougou, si è espresso in termini molto chiari: “La Russia avrebbe bisogno di un forte sostegno da parte dei suoi partner africani”.
E questa settimana il potente ministro degli Esteri, Sergei Lavrov ha iniziato un nuovo tour nel continente, precisamente in Sudafrica, eSwatini, Angola e, a sorpresa, ha fatto tappa anche in Eritrea, per riabbracciare un amico di lunga data, il sanguinario tiranno Isaias Aferwerki.
L’Eritrea è stato l’unico Paese africano che, nel marzo 2022, insieme alle dittature di Nord Corea e Siria, ha votato contro la risoluzione dell’ONU. Sono gli unici ad aver difeso la Russia per l’invasione dell’Ucraina.
Solo pochi giorni fa, l’ambasciatore di Asmara, accreditato a Mosca, Petros Tseggai, ha reso noto che è stato siglato un Memorandum of Understanding (MoU) tra Massaua (città portuale eritrea sul Mar Rosso) e la base navale russa di Sebastopoli.
In un comunicato rilasciato da Tseggai, a breve è previsto l’incontro ufficiale di delegazioni di entrambi i governi, volto a rafforzare i rapporti tra i due Stati.
L’ambasciatore ha inoltre ricordato di aver visitato la Crimea e Sebastopoli durante l’era sovietica e che la penisola ora è cambiata positivamente da quando è tornata sotto il controllo russo nel 2014.
La notizia della firma del MoU è stata pubblicata sul sito di Martin Plaut, ex giornalista della BBC (ora in pensione) e profondo conoscitore del Corno d’Africa.
Isaias governa l’Eritrea con pugno di ferro sin dall’indipendenza dall’Etiopia nel 1993. Il suo esercito è stato accusato di numerose atrocità contro la popolazione civile durante la brutale guerra in Tigray, regione settentrionale dell’Etiopia.
Le truppe eritree starebbero per ritirarsi da alcune città del Tigray, secondo quanto dichiarato da Washington e Addis Abeba lo scorso fine settimana. Ma il condizionale è d’obbligo, in quanto i giornalisti indipendenti non hanno ancora accesso in vaste zone della regione etiopica.
E mentre Isaias è seduto vis à vis al suo ospite Lavrov, il suo amico e alleato durante il conflitto in Tigray, il premier etiopico Abiy Ahmed è volato a Khartoum. E’ la prima visita dell’uomo forte di Addis Abeba dopo gli scontri al confine per la contestata fertile piana di al-Fashqa.
L’area si estende su 12 mila chilometri quadrati e si trova tra due fiumi: da un lato confina con il nord della regione Amhara e il Tigray, dall’altra con lo stato sudanese Gedaref.
Durante l’ultimo viaggio a Khartoum nel 2020, Abiy ha avuto colloqui con l’allora premier di transizione sudanese Abdalla Hamdok.
Da quel momento le relazioni tra i due Paesi del Corno d’Africa sono però state caratterizzate da tensioni, tra cui anche la disputa di confine.
Ovviamente ha rovinato i rapporti anche l’ondata di migranti scappati dal conflitto Tigray e non da ultimo, la questione della gigantesca diga idroelettrica Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) sul Nilo Azzurro. Il Sudan teme una forte riduzione delle acque del fiume che arrivano nel suo territorio.
Il leader etiopico, Abiy Ahmed, ha tentato di placare le incomprensioni con questa sua visita a Khartoum, dove ha incontrato il presidente del Consiglio Sovrano sudanese, Abdel Fattah al-Burhan, nonché il suo vice e capo delle famigerate truppe paramilitari Rapid Support Forces (RSF), Mohamed Hamdan Dagalo, oltre ad altri leader politici del Paese.
Nel 2019, dopo la cacciata dell’ex dittatore Omar al-Bashir, il premier etiopico ha svolto un ruolo chiave nelle trattative che hanno portato all’accordo tra i miliari del Sudan e i gruppi di protesta civili.
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