Cornelia I. Toelgyes
24 Gennaio 2023
Destinazione Addis Abeba, Etiopia. Macchinari per preparare bossoli e munizioni, stipati in due container, sono stati sequestrati dalla guardia di finanza al porto di Genova. La guerra uccide molti moltissimi, altri si arricchiscono grazie ai conflitti.
Secondo quanto riferito dalla guardia di finanza, le indagini erano in atto da diversi mesi. Ma solo in questi giorni la procura di Genova ha portato a termine l’inchiesta preliminare e ha dunque potuto portare alla luce il grave fatto.
Gli indagati sono tre, Ferdinando Monti (81 anni) e il figlio Davide, di 54, nonché l’intermediario, Angelo Dino Caravaggi, di 59 anni. Le accuse nei loro confronti sono esportazione illegale di materiali di armamento e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
Va sottolineato che i tre non solo hanno violato la legge italiana, ma hanno “sorvolato” sulle raccomandazioni dell’Unione Europea, che con risoluzione del 7 ottobre 2021 invita tutti gli Stati membri a non esportare armi verso l’Etiopia.
L’azienda esportatrice è FORZA 3M Srl, con sede a Lecco, via Parini 19, società che non risulta iscritta nel Registro nazionale delle imprese (ex legge 185/1990), e quindi non poteva richiedere l’autorizzazione all’esportazione di materiale d’armamento, come precisa The Wapon Watch (Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo).
Il materiale sequestrato e destinato all’Etiopia, Paese in fiamme su diversi fronti, era contenuto in due container, per un valore approssimativo di 3 milioni di euro. Si tratta di una macchina scanalatrice e da una rifilatrice, oltre a minuterie metalliche e stampi impiegati per la fabbricazione di munizioni leggere.
Sono però state descritte dall’azienda esportatrice come un “tornio parallelo e macchine per la formatura a caldo”, definizioni generiche che ovviamente intendevano occultare apparecchiature per la fabbricazione di ben altro.
Le macchine sono destinate alla fabbricazione di munizioni, come conferma la presenza di stampi per il calibro 7.62×39 mm, tipico delle armi da guerra di produzione sovietica e in particolare dell’AK-47 ‘Kalashnikov’, fucile d’assalto che è stato anche prodotto su licenza in Etiopia negli stabilimenti del Gafat Armament Engineering Complex, come precisa The Wapon Watch.
La ditta FORZA 3M Srl è stata costituita solamente nel 2021 e ha un capitale limitato di appena 20.000 euro. La sede dichiarata è solo quella legale e l’unico bilancio finora presentato è di 160.000 euro con un solo dipendente. L’azienda è strettamente collegata ad un’altra società, la MINUTERIE 3M Srl, attiva dal 1995 nelle minuterie metalliche, che nel bilancio 2021 ha dichiarato un fatturato di 12,7 milioni di euro e ha 61 dipendenti impiegati in uno stabilimento della zona industriale di Lecco.
Ora non è ancora chiaro se i due container della ditta italiana fossero destinati effettivamente alla società governativa etiopica Ethio Engineering Group, o se da Addis Abeba il carico sarebbe eventualmente partito a altra destinazione. Una matassa che il procuratore di Genova, Giancarlo Vona e il suo aggiunto, Francesco Pinto, dovranno cercare di districare.
Intanto sembra che da alcune città del Tigray si stiano finalmente ritirando le truppe eritree, inviate dal dittatore di Asmara, Isaias Aferwerki, per combattere accanto alle forze armate del regime di Addis Abeba. Il trattato di pace è stato siglato il 2 novembre a Pretoria, in Sudafrica, poi implementato a Nairobi due settimane dopo, per garantire l’accesso degli aiuti umanitari nelle aree martoriate dalla guerra.
Il condizionale del ritiro degli eritrei è d’obbligo, in quanto l’accesso ai giornalisti indipendenti è ancora limitato in tutta la regione.
Alcuni testimoni hanno riportato di aver visto camion carichi di soldati lasciare Sciré e altre due città del Tigray. La terribile guerra civile ha causato un infinità di morti, forse centinaia di migliaia, non solo sui campi di battaglia. Molti residenti sono morti di fame e stenti, e a causa della mancanza di medicinali.
Il cibo manca ancora un po’ ovunque, altrettanto le medicine. Più di 54.000 civili sfollati durante i due anni di guerra nella regione del Tigray e accolti in un campo ad Abiy Adi, nel Tigray centrale, vivono in condizioni disperate proprio per la mancanza cronica di aiuti umanitari.
Non bisogna nemmeno sottovalutare il conflitto in Oromia, la più grande regione dell’Etiopia.
I ribelli dell’Esercito di Liberazione Oromo (OLA) sono stati precedentemente confinati ai margini dell’Oromia occidentale e meridionale. Secondo gli analisti, la guerra del Tigray ha creato un vuoto di sicurezza che ha indirettamente ha dato una mano a l’OLA a espandere l’ insurrezione.
La situazione si sta rapidamente deteriorando, ha avvertito in un suo rapporto del mese scorso l’OCHA, l’Agenzia di Coordinamento degli Aiuti delle Nazioni Unite. Migliaia di civili sono fuggiti dalle loro case e i servizi essenziali non funzionano in alcune aree colpite dal conflitto.
Non dimentichiamo i cambiamenti climatici che hanno colpito il Corno d’Africa E’ la peggiore siccità delle ultime due generazioni e sono i bambini del Kenya, della Somalia, dell’Etiopia a dover pagare il prezzo più alto di questo disastro.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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