Cornelia I. Toelgyes
21 gennaio 2023
Gli aerei arrivati il 19 gennaio 2023 all’aeroporto internazionale Modibo Keïta-Sénou a Bamako, Mali, da Mosca, sono state accolti a braccia aperte da Assimi Goïta, presidente della giunta militare di transizione e da varie personalità politiche e militari, ovviamente in presenza di Igor Gromyko, ambasciatore russo accreditato nel Paese.
Si tratta di aeromobili dell’era sovietica, tra questi cinque jet L-39, due elicotteri Mi-8 e un aereo d’attacco Su-25.
Secondo AFP quest’ultima consegna di Mosca comprenderebbe almeno dieci aeromobili, ma la giunta militare di transizione del Mali non ha dato precisazioni in merito.
E’ la terza consegna di questo tipo resa pubblica. Altri aerei militari russi sono arrivati in Mali a marzo e agosto 2022. Le autorità di Bamako hanno sempre sostenuto di aver acquistato gli aeromobili, ma non hanno mai fornito dettagli sulla transazione.
Il ministro della Difesa di Bamako, Sadio Camara, presente alla cerimonia all’aeroporto, ha ringraziato e si è congratulato con i partner del Mali, che sono rimasti “fedeli e leali in tempi difficili”.
Ovviamente il ministro si riferisce agli amici moscoviti, con i quali i rapporti si stanno intensificando sempre di più. Basti pensare che la giunta militare, al potere dal 2020, è accusata di aver portato nel Paese la società Wagner, paramilitari russi, assetati di sangue e potere, le cui malefatte nei confronti anche dei civili sono note a tutti, specie nei Paesi dove operano questi mercenari. La ONG Human Rights Watch ha accusato i militari maliani di aver compiuto un massacro di civili in collaborazione con i mercenari a Moura.
Le autorità maliane, che hanno messo alla porta i francesi, continuano a negare la presenza dei mercenari di Wagner, ammettendo semplicemente una partnership di lunga durata con la Russia e le sue forze armate. Eppure persino il potente ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha confermato l’arrivo dei contractor di Mosca nella ex colonia francese, precisando però non hanno nulla che vedere con il governo russo, “sono lì solamente su accordi commerciali”.
I nuovi aerei ed elicotteri russi dovrebbero consentire alle forze armate maliane (FAMa) di estendere il loro raggio d’azione e di colpire più rapidamente i terroristi, sempre più attivi nel Paese, malgrado la presenza dei mercenari russi, che combattono a fianco dei militari di Bamako.
Basti pensare che solo dieci giorni fa, secondo FAMa, sono stati uccisi 14 soldati maliani, altri 10 hanno riportato severe ferite durante due attacchi tra Mopti e Ségou, – nel centro del Paese – rivendicati dal Gruppo di Sostegno all’Islam e ai Musulmani (GNIM), affiliato a al Qaeda.
Il raggruppamento è stato fondato nel 2017 e è capeggiato da Iyad Ag-Ghali, vecchia figura indipendentista touareg, diventato capo jihadista e fondatore di Ansar Dine – in italiano: ausiliari della religione (islamica).
In un comunicato rilasciato dalle forze armate, durante i combattimenti sarebbero stati neutralizzati anche 31 terroristi, ma la versione di GNIM è ben diversa. In un annuncio, verificato come autentico dal sito statunitense SITE, specializzato nel monitoraggio dei gruppi radicali, i terroristi hanno rivendicato due agguati nella regione di Mopti, che hanno coinvolto sia militari di Bamako che mercenari di Wagner.
Nel suo comunicato GNIM precisa: “Il primo attacco, durante il quale sono morti ed è stato ferito un numero imprecisato di soldati maliani e mercenari Wagner, è stato effettuato con una mina sulla strada tra Tenenkou e Macina. Il secondo agguato è stato attuato tra Koumara e Macina con tre ordigni esplosivi. In questa occasione sono morti cinque mercenari russi e sette soldati maliani, mentre i feriti sono stati una decina”. Dal canto suo GNIM ammette la perdita di 5 “martiri”.
La giunta militare al potere sostiene di aver lanciato un’operazione nel Mali centrale dalla fine del 2021, costringendo i jihadisti alla fuga e a mettersi sulla difensiva in tutto il Paese.
Ma il rapporto del rappresentante speciale aggiunto dell’ONU per l’Africa occidentale e il Sahel (UNOWAS), la burundese Giovanie Biha, è a dir poco sconcertante. Nel suo esposto la Biha ha sottolineato che le condizioni di sicurezza sono peggiorati nell’ultimo semestre nel Sahel centrale, in particolare in Burkina Faso e in Mali.
“Negli ultimi sei mesi l’insicurezza è nuovamente peggiorata in tutta la regione, nonostante gli sforzi delle forze di sicurezza nazionali e dei loro partner internazionali”, ha evidenziato Giovanie Biha al Consiglio, denunciando la chiusura forzata di oltre diecimila scuole e settemila centri sanitari nel Sahel, proprio a causa degli attacchi incessanti di gruppi armati, estremisti violenti e reti criminali.
Intanto la missione di pace delle Nazioni Unite in Mali, MINUSMA, ritiene che la sua presenza nel Paese non sia sostenibile alle condizioni attuali. E’ assolutamente necessario aumentare il numero dei caschi blu e soddisfare alcuni requisiti chiave affinché possano continuare il loro operato.
Un rapporto finale in tal senso sarà presentato ai membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU entro la fine del mese.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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