Dal Nostro Inviato Speciale
Costantino Muscau
Nairobi, 8 gennaio 2022
“Essere gay in Kenya può costare 14 anni di galera”. Questo prevede la legge. Nei fatti è applicata raramente.
Ma a Nairobi e dintorni sta succedendo di peggio: viene applicata la pena di morte da parte di criminali omofobi che restano impuniti. In aprile è stata uccisa Sheila Adhiambo Lumumba, 25 anni, dipendente alberghiera, attivista per i diritti della comunità LGBTQ. Abitava a Karatina, nella contea di Nyeri.
E’ stata trovata dopo alcuni giorni violentata, strangolata, accoltellata.
E con le gambe spezzate.Mercoledì scorso, 3 gennaio, dentro una cassa di metallo, buttata sul ciglio della strada, è stato trovato il cadavere in avanzato stato di decomposizione di un altro notissimo militante per le libertà sessuali.
Si chiamava Edwin Chiloba, aveva anche lui 25 anni. Torturato e strangolato.
Era designer, modello, fra tre mesi si sarebbe laureato in moda e abbigliamento all’università di Eldoret, città dove abitava, a circa 300 km dalla capitale. E a una quarantina di chilometri da Eldoret, sulla statale Kipenyo – Kaptinga, in Kapsaret, nella contea Uasin Gishu, nella Rift Valley, sede dei più grandi campioni dell’atletica mondiale, la polizia ha scoperto il baule.
A segnalarlo è stato un operatore di mototaxi (il classico Boda boda o piki). Il testimone ha dichiarato di aver visto scaricare la scatola metallica sul ciglio della strada da un veicolo senza targa.
Edwin voleva lanciare una linea di moda anche negli Stati Uniti, dove abitano i suoi genitori adottivi, Peter e Donna Pfaltzgraff, ministri di una congregazione religiosa.
Il giovane Chiloba non aveva mai nascosto le sue tendenze e il suo impegno civile. Nella bara dell’orrore indossava abiti femminili, quelli che indossava alla festa dell’ultimo dell’anno, secondo quanto rivela un clip in cui lo si vede ballare con gli amici.
Per questo i sospetti sono caduti fino a ieri proprio su alcuni amici della vittima. L’ultimo – secondo quanto ha scritto oggi il Daily Nation – sarebbe il fotografo freelance, Jackton Odhiambo, 24 anni, di Nairobi. La polizia lo sta interrogando e ha 14 giorni di tempo per portarlo in giudizio. Intanto sta dando la caccia a due compagni che lo avrebbero aiutato nell’omicidio e nell’ occultamento del cadavere dentro il box metallico.
Anche se il movente dell’efferato omicidio non è noto, (non si esclude una lite per gelosia, i due sembra che fossero conviventi) le truci modalità dell’ esecuzione e i precedenti fanno pensare che all’ origine ci sia sempre l’omofobia in un Paese e in un continente dove alligna il violento rifiuto di riconoscere come diritti umani quelli della comunità LGBTQ.
Un dato incontestabile, infatti, è che in Kenya e in Africa essere gay è una colpa grave che spesso si paga con la vita.
Chiloba lo scorso anno era stato picchiato in pubblico per il suo attivismo, da un gruppo di persone rimaste impunite. In luglio su Instagram aveva poi postato delle foto con le immagini delle conseguenze del pestaggio. L’atroce delitto ha suscitato ancora una volta un’ondata di sdegno, di proteste e di rabbia, soprattutto da parte di chi si sente stigmatizzato ed emarginato dalla società conservatrice per ignoranza e per motivi religiosi, siano essi cristiani o islamici. Non è un caso che molti episodi di intolleranza si verifichino sulla costa, a maggioranza musulmana. Per la Commissione Kenya Human Rights “È inquietante che si continui ad assistere ad un’escalation di violenza contro i keniani Lgbtq+. È riprovevole e profondamente ingiusto. Ogni giorno, i diritti umani delle persone Lgbtq+ vengono violati con poche conseguenze per i responsabili”.
Ieri il responsabile di Amnesty International Kenya, Irungu Houghton, ha invocato indagini veloci ed efficaci, ma anche l’apertura di un dibattito nazionale sui diritti dei gay: “Nessuna vita umana vale meno di un’altra. Tutti devono avere il diritto alla dignità, rispetto e protezione, secondo quanto prevede l’articolo 26 della Costituzione. Si deve andare oltre la cattura dei criminali. Per troppa gente ancora la violenza, i pregiudizi che marchiano, sono la norma”.
Nessuno comunque si fa illusioni. Non sembra che il governo del Kenya e quello degli altri Stati africani, abbiano tra le loro priorità quella di far rispettare i diritti di questo mondo, come scrisse sul sito di Al Jazeera, il 22 maggio scorso, Tafi Maha, commentatore sociale e politico.
L’attuale presidente della repubblica, William Ruto, nel 2015 dichiarò: ”La Repubblica del Kenya è un Paese che adora Dio. Non abbiamo spazio per i gay e cose simili “.
La stessa apertura mentale manifestata dal suo predecessore Uhuru Kenyatta. “Gli sforzi per de-criminalizzare il “gay sex” – ha commentato ieri il Daily Nation – vanno a sbattere contro un muro”.
Resteranno, però, impresse su quel muro le parole del post su Instagram scritte da Edwin Chiloba il 16 dicembre scorso: “Il mio movimento è per tutti. Si tratta di inclusione. E se ho intenzione di combattere ciò per cui sono stato emarginato, lo farò per tutte le persone emarginate”
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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GS