Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
7 gennaio 2023
Martedì scorso un tribunale di Tunisi ha condannato l’ex ministro dell’Ambiente della Tunisia, Mustapha Aroui, e altri 3 funzionari a tre anni di galera. Aroui è stato silurato nel novembre 2020 e poi è stato arrestato insieme altre 3 persone per uno scandalo di rifiuti arrivati dall’Italia.
Mentre un altro dirigente dello stesso dicastero dovrà scontare 10 anni di prigione e al responsabile della ditta importatrice, a tutt’oggi latitante, è stata inflitta in contumacia una pena di 15 anni di carcere. Altri 6 imputati sono stati assolti.
Lo scandalo risale a luglio 2020, quando i rifiuti, la cui importazione è vietata dalla legge, sono stati stoccati in 280 container e portati in Tunisia da una società tunisina, la SOREPLAST che aveva falsamente affermato che si trattava di imballaggi di plastica, destinata al riciclaggio. Duecentotredici container erano stati stoccati nel porto Sousse, mentre i restanti 67 in un magazzino vicino alla città costiera.
La questione comincia a complicarsi quando si scopre che SOREPLAST, un’impresa tunisina attiva nel riciclaggio di rifiuti, aveva rilasciato false dichiarazioni circa il contenuto dei container. La società aveva chiesto un’autorizzazione per l’importazione temporanea di imballaggi di plastica di rifiuti non pericolosi che dovevano essere riciclati nel Paese per poi essere imbarcati verso un altro Paese europeo.
Purtroppo il contratto stipulato con una società italiana era ben diverso: prevedeva il recupero dell’immondizia da parte di Soreplast e della sua eliminazione in Tunisia.
Il responsabile dell’azienda importatrice aveva firmato un contratto con la società italiana per lo smaltimento di 120.000 tonnellate, al prezzo di 48 euro a tonnellata – per un totale di oltre 5 milioni di euro.
A seguito di un accordo bilaterale, il governo tunisino aveva rispedito al porto di Salerno 231 container con stessa nave, la Arkas, battente bandiera turca, sulla quale erano arrivati a Sousse nell’estate 2020. Intanto si discute ancora oggi sui restanti 67, rimasti danneggiati in un incendio nel dicembre 2021.
In Tunisia il caso ha provocato un vero e proprio scandalo. La popolazione e le ONG locali hanno espresso a gran voce il loro disappunto: “Non permettiamo che il nostro territorio diventi la pattumiera dell’Italia”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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