Antonio Mazzeo
3 gennaio 2022
Due colpi di Stato militari nel corso dell’ultimo anno, il Paese colpito da una pesante crisi sociale, economica ed umanitaria ma è corsa frenetica all’acquisto nei mercati esteri di sofisticati e costosi sistemi di guerra.
Il sito specializzato Ares difesa fa sapere che a fine 2022 il governo del Burkina Faso ha acquistato in Turchia non meno di due droni d’attacco Bayraktar TB2 e quattro veicoli blindati Nurol Ejder 6×6.
I velivoli a pilotaggio remoto dovrebbero aggiungersi ai cinque della stessa tipologia che – secondo Military Africa – sono stati ricevuti dalla Turchia tra fine aprile e inizio maggio 2022.
La missione di un drone Bayraktar TB2 decollato dal Burkina Faso è stata tracciata il successivo 1 luglio dagli analisti della piattaforma online FlightRadar24; dopo aver sorvolato lo spazio aereo nazionale, il velivolo ha raggiunto il confinante Togo.
Progettati e prodotti dall’azienda Baykar Technologies di Esenyurt (Istanbul), i droni possono essere impiegati per operazioni di intelligence e sorveglianza e per quelle di “ricerca e attacco”. Hanno un’autonomia di volo superiore alle 27 ore e possono volare fino a un’altitudine di 8.230 km, a una velocità di crociera di 130 km/h.
Lunghi 6 metri e mezzo e con un’apertura alare di 12 metri, i Bayraktar TB2 sono controllati a distanza da una stazione di controllo a terra. Per quanto riguarda i sistemi di armamento, i droni possono trasportare un carico di 150 kg su 4 piloni sotto le ali: bombe a guida laser MAM-L, missili anticarro a lungo raggio UMTAS e razzi Cirit da 70 mm, tutti prodotti da una delle maggiori aziende del comparto bellico turco, la Rocketsan S.A. di Ankara.
I Bayraktar TB2 sono tra i droni killer più impiegati negli odierni scenari di guerra. Secondo i manager di Baykar Technologies (azienda il cui presidente e maggiore azionista è Selcuk Bayraktar, genero del presidente Recep Tayyp Erdogan), essi sono stati venduti alle forze armate di 27 paesi.
Il loro esordio operativo risale al 2018 quando furono impiegati dall’esercito turco contro le postazioni dei militanti curdi dell’YPG e contro numerosi villaggi sul confine tra Iraq e Siria settentrionale.
Nel giugno 2019, diversi organi di stampa internazionali hanno documentato gli attacchi con droni Bayraktar TB2 in Libia da parte del Governo di accordo nazionale (GNA) contro l’esercito nazionale libico (LNA) del generale Haftar.
Anche le forze armate dell’Azerbaigian hanno impiegato i droni “turchi” contro gli armeni nella guerra del Nagorno-Karabakh del 2020. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina (24 febbraio 2022), i Bayraktar TB2 hanno fatto la loro dirompente comparsa nel conflitto fratricida: gli ucraini li impiegano contro i carri armati e le postazioni russe e uno di essi avrebbe fatto da “velivolo civetta” durante l’affondamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva, unità ammiraglia russa nel Mar Nero, il 14 aprile 2022.
Nel corso dell’ultimo anno, l’azienda del genero di Erdogan avrebbe consegnato i Bayraktar TB2 pure ai militari degli Emirati Arabi Uniti, Gibuti, Iraq, Kirghizistan, Pakistan e Polonia. Rilevantissimo e inquietante l’export dei droni nel continente africano (il loro valore monetario è cresciuto da 83 milioni di dollari nel 2020 a 288 milioni nel 2021). Oltre a Burkina Faso e Gibuti, i velivoli killer sono stati venduti a Etiopia, Marocco, Niger e Togo.
“L’uso dei droni in Africa sta allarmando gli osservatori internazionali che temono l’aumento delle vittime tra la popolazione civile negli attacchi contro i gruppi ribelli – scrive Africa Defense Forum Magazine –. In Burkina Faso e Togo sono stati documentati raid con droni che hanno causato morti tra la popolazione civile.
Durante la guerra in Etiopia le organizzazioni umanitarie hanno lamentato almeno 300 vittime civili nei raid con velivoli senza pilota di produzione turca e cinese. Come ha spiegato Wim Zwijnenburg di PAX, ONG che studia i conflitti globali e l’uso di nuove tecnologie militari, ciò che più preoccupa in particolare in una regione come l’Africa occidentale, è che i droni stanno abbassando la soglia dell’impiego della forza letale non solo nei conflitti armati, ma anche per risolvere con facilità questioni politico-sociali complesse.
I quattro veicoli blindati da combattimento Nurol Ejder 6×6 venduti al Burkina Faso sono equipaggiati con una mitragliatrice da 7,62 millimetri ed un lanciagranate automatico da 49 millimetri.
Gli “Ejder” (Drago in turco) hanno la forma a V dello scafo che – secondo Ares difesa – consente una maggior protezione contro le mine e una resistenza agli ordigni nell’ordine degli 8 chilogrammi. Il veicolo ha un peso di 16 tonnellate, una lunghezza di 7 metri e una larghezza di 2,7 metri, e può trasportare fino a 10 soldati più i due di equipaggio. La velocità massima è di circa 100 km/h su strada mentre in modalità anfibia può arrivare a 9 km/h. L’autonomia è di circa 750 chilometri.
Il blindato è prodotto dall’holding industriale Nurol Makina (di proprietà della famiglia Carmikli) ed è stato venduto nella versione 6×6 anche a Georgia e Tunisia e in quella 4×4 a Ciad, Malesia, Senegal, Ungheria, Uzbekistan, Qatar, Turchia e ancora Tunisia. Anche questi blindati sono impiegati dalle forze armate di Erdogan nei loro raid contro le milizie e le popolazioni kurde in Siria.
Per ciò che riguarda l’export di armamenti al Burkina Faso, va poi segnalato che nel luglio 2021 il ministero della difesa di Ankara ha ufficializzato la consegna di quattro veicoli blindati di ricerca mine MEMATT a controllo remoto da parte della società turca ASFAT Inc. L’equipaggiamento militare anti-mine è stato venduto pure a Togo e Azerbaijan.
Il 12 dicembre 2022 il regime golpista di Ouagadougou ha presentato un piano finanziario per la creazione di un “fondo a supporto della guerra anti-jihadista” di 152 milioni di euro da conseguire entro la fine del 2023 attraverso un’imposta straordinaria sui salari dei lavoratori del settore pubblico privato e su alcuni beni (bevande, sigarette, internet, prodotti di lusso, ecc.).
Con il fondo di guerra verranno incorporati 50.000 nuovi “volontari della difesa e della patria (VDP)” a supporto delle operazioni militari e di controllo dell’ordine pubblico e saranno acquistate armi leggere, uniformi e veicoli per il loro impiego.
Il corpo ausiliario VDP è stato istituito alla fine del 2019 ed è addestrato prevalentemente per operazioni di sorveglianza, raccolta di informazioni e scorta. I “volontari della difesa e della patria” sono stati accusati dalle organizzazioni della società civile burkinabé dell’orribile strage compiuta nella notte tra il 30 e il 31 dicembre nella città nord-occidentale di Nouna, quando 28 persone sono state uccise a colpi di arma da fuoco da uomini mascherati.
A fine dicembre 2022 il primo ministro, Apollinaire Kielem de Tembela, ha lanciato un appello al governo francese per fornire armi, munizioni ed equipaggiamento al corpo patriottico-paramilitare burkinabé. Una richiesta perlomeno schizofrenica alla luce dell’espulsione dell’ambasciatore del governo di Parigi, Luc Hallade, decretata dalla giunta militare del Burkina Faso il 2 gennaio scorso.
Antonio Mazzeo
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