Aldo Pintor
Gennaio 2023
Mi trovo a recensire un breve racconto storico, scritto da una scrittrice residente in Italia, ma proveniente dall’Angola. Un Paese misterioso e semisconosciuto in occidente, che negli anni 70 fu teatro di una sanguinosa lotta di liberazione dal crudele dominio coloniale portoghese.
Il libro in questione si intitola Negrita, una vita intera per amore dell’Africa scritto da Ondina Coelho e pubblicato dalla casa editrice “Il Sextante”.
E l’Angola appare come protagonista di questa breve ma toccante storia. Un Paese con una appunto grondante di sofferenza visto il pesante tributo che la ex colonia portoghese ha dovuto pagare alla crudele tratta degli schiavi, vergogna per tutti gli europei.
Negrita il protagonista, citato anche dal titolo, fu un uomo che, servendo la sua Africa natale, alla fine ha servito l’umanità intera. Era un principe africano del Regno del Congo che si chiamava Antonio Manuel Ne-Vunda.
Ne-Vunda, mandato in Europa per aprire l’Africa al mondo come ambasciatore del re Alvaro II, che allora regnava su Congo e Angola.
Fu il primo africano che ebbe un incarico diplomatico fuori dal continente e dalla sua missione poteva dipendere il futuro dell’intera Africa che, per la prima volta, usciva dal suo isolamento e si affacciava sulla scena politica mondiale.
Arrivato in Europa, gli fu subito attribuito il nome o meglio il “soprannome” di Negrita a causa del colore scuro della sua pelle e della difficoltà degli europei a pronunciare esattamente il suo nome.
Da subito il protagonista si dimostrò persona di larghe vedute e con una visione completa dell’umanità, non legata al suo “particolare” per dirla con il nostro Guicciardini. Una visione molto più aperta di quella che si poteva trovare nell’Europa di oggi.
E a causa della universalità della sua visione che tocca vari aspetti sociali, morali e religiosi rischiò anche la vita. Egli fu il primo africano munito di carica diplomatica e comparire davanti a un Papa (Paolo V).
Conobbe l’Europa durante la sua breve vita che si è svolta nella seconda metà del XV secolo in un’epoca resa turbolenta dalla recente scoperta delle Americhe, la cui spartizione delle ricchezze porteranno a vari conflitti nel vecchio continente europeo.
Negrita si mise in viaggio con gravi difficoltà, inimmaginabili da parte dell’uomo moderno, abituato a spostarsi ormai quotidianamente tra i continenti. Affrontò nel suo viaggio per mare tempeste e malattie, fino all’esito tutt’altro che scontato dell’arrivo in un porto sicuro.
Queste difficoltà erano tali che il nostro eroe (lo voglio definire così) morì a soli ventinove anni la notte successiva al suo arrivo nella Città Eterna. Non è mai stato chiarito se questa morte è dovuta alla difficoltà del viaggio.
Eppure, questa permanenza pur così breve è stata molto importante non solo per l’Africa ma per chiunque prosegua un cammino di umanità profonda.
Poi, nonostante il sacrificio del protagonista del libro, l’ombra crudele del colonialismo ha gravato pesantemente in tutta l’Africa moderna. Un’ombra da cui purtroppo molti africani non si sono ancora liberati e che a tutt’oggi suscita tanti sanguinosi conflitti.
Nonostante spesso troppi laureati africani giovani sono costretti a lasciare le loro terre ancora tenute in povertà e in conflitti dalle potenze occidentali che ne sfruttavano le ricchezze.
Eppure, nonostante l’Africa abbia il sottosuolo più ricco del pianeta, ancora non riesce a offrire un futuro ai suoi figli. Anche la storia così come ci viene insegnata non rende giustizia all’Africa.
E questo libro colma o meglio comincia a colmare questa lacuna facendoci conoscere i regni di Kongo e N’gola che erano Paesi già fiorenti e civili prima che gli europei arrivassero e li sconvolgessero.
Aggiungo un piccolo ricordo autobiografico che mi è riemerso durante la lettura di “Negrita”. Da bambino, forse intorno ai 10 anni, feci un lungo viaggio coi miei genitori per l’Europa. E ricordo che l’unico libro che avessi a disposizione era un libro dal titolo “Africa del fiume Congo” di Péter Forbath.
Un libro forse superiore alla mia età, ma che cominciò ad aprirmi gli occhi sulla storia dimenticata dell’Africa. Il Regno del Kongo col suo re supremo il Manikongo, i suoi vassalli e la sua organizzazione ramificata, mi svelarono una storia a tratti sanguinosa e cruenta e sconosciuta in Europa.
A distanza di quarant’anni, quella storia con la lettura di “Negrita” ritorna. Strano caso della vita.
Il libro non ci svela il mistero della morte di “Negrita” ma forse lo lascia a studi successivi. Eppure a lettura finita non riusciremo a toglierci dalla testa quest’uomo buono e coraggioso che aprì l’Africa al mondo, ma constatiamo che ancora oggi il mondo non si è aperto all’Africa.
Anche la sua fine è un mistero. Negrita è morto spossato dalle fatiche del viaggio o è stato assassinato? L’interrogativo è ancora oggi senza risposta.
Aldo Pintor
pintor.aldo@tiscali.it
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