Cornelia I. Toelgyes
5 dicembre 2022
Questa mattina i militari al potere in Sudan e alcuni gruppi civili hanno trovato un compromesso sulla transizione di due anni. Alla cerimonia hanno partecipato anche rappresentanti dell’Unione Africana e delle Nazioni Unite, nonché alcuni diplomatici.
Si tratta di un accordo quadro per una transizione verso libere elezioni, che dovrebbero svolgersi fra due anni, ponendo così fine all’impasse causato dal colpo di Stato dell’ottobre 2021.
Entrambe le parti si sono accordate su un piano per una transizione a un governo civile, ma molti dettagli dovranno ancora essere definiti e saranno necessari ulteriori colloqui.
Il testo siglato oggi, prevede l’uscita dei militari dalla politica. L’esercito dovrà formare un nuovo Consiglio di Difesa e Sicurezza. I gruppi civili firmatari sceglieranno un primo ministro civile, con il compito di supervisionare la transizione di due anni. Il conto alla rovescia inizierà dopo la nomina del premier.
L’accordo quadro contempla che il comandante supremo dell’esercito occupi anche la posizione di capo di Stato.
Mentre il primo ministro, come stabilisce chiaramente il testo, nominerà il capo dell’intelligence. Inoltre, Il cosiddetto accordo quadro prevede l’integrazione delle Forze di Supporto Rapido (RSF), una milizia filogovernativa, nell’esercito sudanese. Punto fondamentale dell’accordo: i militari non potranno più occuparsi di investimenti e attività commerciali, eccezion fatta per quanto concerne l’industria bellica.
E, poche ore prima della cerimonia al palazzo presidenziale di Khartoum, sono scoppiate nuove proteste in almeno due zone della capitale, poiché il patto incontra l’opposizione di alcuni importanti gruppi di attivisti. Insistono sul fatto che i militari non debbano avere alcun ruolo in seno al governo.
Anche alcuni gruppi islamisti e il clero musulmano non sono d’accordo e protestano: temono di perdere il loro potere garantito soprattutto dall’esercito. E’ bene ricordare che in Sudan fino a una cinquantina di anni fa operava il laico partito comunista che lottava contro le ingerenze islamiche nella politica e per limitare il potere dei gruppi religiosi.
Il ritorno di un governo a guida civile potrebbe indurre Stati Uniti, la Banca Mondiale e altri Paesi a ripristinare gli aiuti che erano stati sospesi, oltre a rilanciare piani per la riduzione del debito del Sudan nell’ambito di un’iniziativa del Fondo Monetario Internazionale.
Stati Uniti e diversi altri Paesi hanno accolto favorevolmente la firma dell’accordo. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Volker Perthes, che ha partecipato alla cerimonia, lo ha definito “un accordo dei sudanesi per i sudanesi”.
Poche ore fa è giunta la notizia che il 78enne ex-dittatore Omar al-Bashir, che ha governato con pugno di ferro il Paese dal 1993 al 2019, dietro richiesta del suo avvocato, Hashim Abu-Bakr, è stato trasferito dalla prigione in ospedale, per problemi renali e di pressione.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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