Sandro Pintus
2 dicembre 2022
Le accuse di omicidio e cospirazione per 24 membri di etnia Masai della Tanzania sono cadute dopo oltre cinque mesi di lotta per la giustizia. Lo ha confermato Amnesty International in un comunicato.
L’organizzazione per i diritti umani, da subito, ha seguito la vicenda che ha visto la brutale arroganza del potere contro la comunità Masai.
“L’archiviazione di queste accuse contro membri del popolo Maasai è inequivocabilmente la decisione giusta. Non avrebbero mai dovuto essere arrestati – ha dichiarato Muleya Mwananyanda, direttore regionale di Amnesty per l’Africa orientale e meridionale -. Il loro crimine è stato esercitare il diritto di protestare mentre le forze di sicurezza cercavano di confiscare loro la terra in nome della conservazione”.
I fatti risalgono a 7 giugno scorso quando le forze di sicurezza tanzaniane e le autorità della Ngorongoro Conservation Area sono arrivate a Loliondo. In nome della “conservazione”, con la forza, hanno iniziato a sfrattare la popolazione. Quindi hanno sequestrato 1.500 chilometri quadrati di terra ancestrale rivendicata da oltre 70.000 Masai.
Nei giorni successivi c’è stato un braccio di ferro tra la comunità masai e le forze dell’ordine. Gli abitanti di quattro villaggi – Ololosokwan, Oloirien, Kirtalo e Arash – hanno iniziato le proteste contro gli abusi delle forze dell’ordine. Hanno espresso il loro dissenso togliendo i marcatori posti dalle forze di sicurezza per delineare i confini delle terre rivendicate.
La reazione della polizia è stata violenta: ha arrestato 10 capi masai e altre 17 persone. L’accusa, oltre a quella di cospirazione, era anche di omicidio per la morte di un poliziotto. Ma l’agente è morto il giorno successivo all’arresto dei “cospiratori”.
Le persone arrestate sono rimaste 11 giorni in prigione. Le autorità non hanno loro permesso di incontrare i legali né di contattare le famiglie. Il giorno peggiore dall’inizio delle proteste è stato il 10 giugno. Contro i manifestanti la polizia ha sparato proiettili e lacrimogeni ad altezza d’uomo.
Risultato della triste giornata: 32 manifestanti masai feriti da armi da fuoco e un poliziotto ucciso da una freccia.
Il problema sta nel fatto che quelle terre ancestrali dei Masai, trenta anni fa, sono state affittate senza l’autorizzazione dei nativi. Secondo Amnesty nel 1992 il governo della Tanzania ha dato l’intera zona di Loliondo a una compagnia degli Emirati Arabi Uniti (EAU).
Verrebbe utilizzata a scopo di caccia e per la realizzazione di attrattive turistiche.
“Le autorità tanzaniane devono interrompere immediatamente le operazioni di sicurezza in corso a Loliondo – si legge nel comunicato di Amnesty -. Deve garantire che tutte le terre tradizionali dei pastori che hanno sequestrato siano restituite agli indigeni Masai.
La Tanzania deve smettere immediatamente di reprimere il diritto alla libertà di riunione. Il governo dovrebbe invece prendere provvedimenti per proteggere il diritto di protesta”.
Sandro Pintus
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Twitter: @sand_pin
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