Luciano Bertozzi
Novembre 2022
Il Memorandum Italia-Libia del 2 febbraio 2017, ideato per contrastare all’immigrazione è stato così commentato da Amnesty International “Cinque anni di illegalità e di crimini contro l’umanità”, poiché da quell’anno quasi 100.000 persone sono state intercettate in mare dalla Guardia costiera libica e riportate indietro con la forza.
In questo contesto, è sufficiente leggere il “curriculum” di uno dei comandanti della guardia costiera libica, Abd al-Rahman Salem Ibrahim Al-Milad, alias Bidja, per capire che Italia ed Unione Europea, appaltando il lavoro sporco ai libici, hanno abdicato ai propri valori fondanti e moltiplicato le sofferenze di chi fugge dai Paesi della guerra e della fame.
Bidja è il capo della guardia costiera di Zawiya, che l’Italia ha addestrato, ha fornito le motovedette e finanziato insieme all’Unione Europea, per arginare le partenze dei migranti dalla Libia. Dal 2015, è stata coinvolta nell’intercettazione dei migranti e nel trasferimento al centro di detenzione di al-Nasr. L’ONU ha raccolto testimonianze sulle terribili condizioni in cui vengono detenuti i migranti in questo centro.
Solo quelli detenuti dalla sua milizia che potevano pagare sono potuti partire con i barconi. Questo signore ha lavorato, quindi, sia a favore sia contro gli sforzi dell’Europa e dell’Italia per contrastare il traffico di migranti.
Bidja è coinvolto anche in altri tipi di traffici, assai lucrosi, come quello del contrabbando di carburante. La sua rete, come quelle di altri gruppi armati, accresce l’insicurezza e la violenza nell’ex colonia e, inoltre, aumentando il prezzo di benzina e gasolio, privano i locali dell’accesso a questo bene fondamentale.
Nel giugno 2018, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per la prima volta, lo ha sottoposto a sanzioni, insieme ad altri, in quanto coinvolto nella tratta di esseri umani e contrabbando ed e’ stato anche accusato di aver intenzionalmente affondato alcune barche piene di migranti, utilizzando armi da fuoco. Le sanzioni non hanno avuto, però, alcun impatto, poiché questi aguzzini continuano a svolgere un ruolo chiave nei predetti traffici.
L’impunità si spiega con l’importanza delle milizie di Zawiya, che hanno svolto un ruolo di primissimo piano nella difesa della capitale Tripoli dal golpe tentato (e poi fallito) dal generale Khalifa Haftar nell’aprile del 2019.
Anche la magistratura italiana si è occupata della rete di Bidja. Il Tribunale di Messina, con la sentenza del 28 maggio 2020, ha condannato tre dei suoi uomini, giunti in Italia a bordo di una nave umanitaria che li aveva soccorsi in mare assieme alle loro vittime, per torture commesse nel campo di detenzione per migranti di Zawiya, mediante scosse elettriche, violenze sessuali, mancanza di assistenza medica, di acqua e di cibo.
Nello Scavo, sulle pagine di “Avvenire” ha svelato la partecipazione dello stesso Bidja ad un incontro in Italia, nel 2017. Il meeting era organizzato dall’OIM (l’Organizzazione per le migrazioni delle Nazioni Unite) e finanziato dall’Unione Europea, al Cara di Mineo. Avevano partecipato la Guardia costiera, la Croce Rossa, il ministero della Giustizia e perfino quello dell’Interno, stando a quanto poi raccontato dallo stesso Bija.
Per tale scoop il giornalista si Avvenire è stato minacciato di morte sui social e da allora è costretto a vivere sotto scorta.
Il 14 ottobre 2020 è stato arrestato, ma la sua carcerazione è durata poco. L’11 aprile 2021 è stato rilasciato per mancanza di prove che sostenessero le accuse.
Ma l’impunità potrebbe finire presto. Il Procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI), Kharim Khan ha annunciato al Consiglio di Sicurezza ONU di avere emesso alcuni mandati di arresto per crimini di guerra e contro i migranti.
I nomi dei destinatari non sono noti, in attesa che il Tribunale li convalidi, ma è molto probabile che tra essi ci sia quello di Bidja. Una volta che tali mandati saranno esecutivi ciò creerà molto imbarazzo nei governi di alcuni Paesi, che saranno obbligati a catturare personaggi con cui hanno collaborato.
Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it
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