Dal Nostro Corrispondente
Costantino Muscau
24 novembre 2022
Breel Donald Embolo, 25 anni, nato a Yaoundé, capitale del Camerun, è stato il miglior giocatore nella partita Camerun – Svizzera, ieri mattina, allo stadio Al Janoub del Qatar. Peccato che fosse dalla parte…sbagliata, quella elvetica. Il suo gol ha dato la vittoria ai rossocrociati e non ai Leoni Indomabili della patria natia.
Inaki Williams, 28 anni, ghanese nato in Spagna, sempre ieri, al pomeriggio, è sceso in campo con la nazionale del Ghana contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo. Peccato che il giorno prima, suo fratello Nico, 20 anni, con il quale gioca nell’Athletic Bilbao, sia stato schierato, dalla Spagna che, a Doha, ha disintegrato il derelitto Costa Rica (7-0).
È proprio vero che l’idea di casa, dolce casa, non deve coincidere con il luogo di nascita. La conferma si è avuta, appunto ieri giovedì 24 novembre, ai Mondiali di Calcio più controversi e odiosi della storia. Il destino e le scelte di Embolo e Inaki rispecchiano il drammatico paradosso in cui vive il Continente nero e sottolineano ancor di più l’oscurantismo di un Emirato che si crogiola nei suoi miliardi di dollari e si chiude al mondo nel rispetto dei diritti umani universali e dei lavoratori.
Giusto ieri il Parlamento europeo ha condannato la morte di migliaia di lavoratori migranti durante i preparativi per la Coppa del Mondo Qatar 2022 soprattutto nel corso della realizzazione degli stadi. Ha anche condannato gli abusi perpetrati dalle autorità del Paese nei confronti della comunità Lgbtq+.
I parlamentari europei hanno esortato a non assegnare eventi sportivi internazionali ai Paesi che violano i diritti fondamentali e umani e dove la violenza di genere è sistematica. I deputati di Strasburgo, infine, hanno descritto la corruzione all’interno della FIFA (l’organismo che regge il mondo del pallone) come “dilagante, sistemica e profondamente radicata”.
Sul piano strettamente calcistico, la prima giornata della 22° edizione del torneo (20 novembre-18 dicembre) non è stata molto positiva per le 5 squadre del Continente nero presenti nel torneo: il Senegal, detentore della Coppa d’Africa, è stato sconfitto 2-0 dall’Olanda; il Camerun ha perso con la Svizzera (0-1) per…colpa di un camerunese; il Ghana piegato (2-3), ieri sera, immeritatamente dal Portogallo, omaggiato di un rigore inesistente; Marocco e Tunisia hanno pareggiato (0-0) con Croazia e Danimarca.
E’ la prima volta che tutte e cinque le squadre hanno come allenatori un uomo di casa: Aliou Cissé, 46 anni, (Senegal), Rigobert Song Bahanag, 46, (Camerun), Otto Addo, 47, (Ghana), Jalel Kadri (Tunisia) e Walid Regragui (Marocco).
A proposito di casa e luogo di nascita, anche i trainer non scherzano: Regragui è nato a Parigi nel 1975 da genitori marocchini e ha giocato con la Nazionale di Rabat; Jalel Kadri, 50 anni, si trova a sfidare la Francia, dove sono nati ben 12 suoi giocatori! I calciatori della nazionale senegalese, poi, militano tutti all’estero: dalla Spagna alla Francia al Regno Unito, alla Germania, all’Italia (Fodè Ballo-Tuorè, 25 anni, nel Milan e Boulaye Dia, 26, nella Salernitana).
Comunque, finora le sole formazioni del quintetto africano ad aver convinto sono il Marocco e il Ghana, anche se ieri sera sconfitto ingiustamente dal fin troppo esaltato Ronaldo.
Il Senegal può giustificarsi con l’assenza per infortunio di Sadio Manè, 30 anni, super stimato (in tutti i sensi) attaccante del Bayer di Monaco: di origini poverissime è il giocatore africano più costoso della storia quando è passato al Liverpool nel 2016 per 34 milioni di sterline. Un uguale valore potrebbe raggiunge Embolo, lo svizzero-camerunese autore del gol patricida.
Era giunto in Basilea con la mamma e un fratellino, all’età di 6 anni. Dopo 10 anni di permanenza nella Confederazione elvetica ha optato per la Svizzera, che gli ha dato la cittadinanza. All’epoca della scelta della nazionale in cui e con qui schierarsi, Embolo venne chiamato con insistenza dal Camerun. Il giovane immigrato restò fedele alla terra adottiva.
Più tormentate la scelta e la vita del ghanese Inaki Williams e del fratello Nico. I loro genitori Felix e Maria scappano dal Ghana nel 1993, pagando i trafficanti, su un furgone, con alcune decine di altri poveracci. A metà strada, vengono scaricati nel deserto e i due disperati genitori avventurosamente riescono ad attraversare il Sahara, raggiungere Melilla e scavalcare la recinzione.
Poi finiscono a Bilbao, dove – ricostruisce Tempi.it – “incontrano padre Iñaki Mardones, che li aiuta. La Chiesa provvede ai loro bisogni primari. E così quando nasce il loro primo figlio decidono di chiamarlo Iñaki, in segno di riconoscenza”.
Inaki poi sfonda nel calcio, gioca anche una partita con la Spagna. Il Ghana gli fa la corte e Inaki prima rifiuta, poi a differenza del fratello, sceglie il Ghana anche per fare contento suo nonno ultranovantenne, che gli aveva espresso il desiderio di vederlo in campo con le Stelle Nere.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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