Cornelia I. Toelgyes
20 novembre 2022
Piove sempre sul bagnato. Nell’est della Repubblica Democratica del Congo, regione già duramente provata da continue incursioni di gruppi armati, sono morte almeno 30 persone a causa di frane e alluvioni causate dalle forti piogge.
Alcune vittime sono minatori che si trovavano nei pozzi di estrazione dell’oro a Rubaya, nel territorio di Masisi . “Le ricerche proseguono – ha spiegato Jean-Paul Barindikije, segretario dei minatori artigianali a AFP – perché temiamo che altre persone siano sepolte sottoterra”.
Le forti pioggia hanno causato anche il crollo di alcune case nel centro di Rubaya, dove una mamma e i suoi tre figli sono stati travolti dalle acque e, a pochi chilometri più in là, nella località di Bihambwe, 3 membri di una stessa famiglia sono state inghiottite dal fiume Osso, la cui piena ha divelto le case costruite vicino alle sue sponde.
Da marzo 2022 è ripresa l’insurrezione continua dei ribelli M23, (M sta per marzo, ndr), che prende il nome da un accordo, firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009. Il gruppo aveva accusato il governo congolese di emarginare la minoranza etnica tutsi presente nel Paese e per questo aveva deciso di combattere una milizia a maggioranza hutu, l’FDLR (Forces démocratiques pour la libération du Rwanda), presente nella ex colonia belga.
L’M23 ha chiesto a Kinshasa l’applicazione dell’accordo di pace siglato a Nairobi nel 2013, ma il governo li ha ormai classificati come terroristi e li combatte come tali.
Da mesi i rapporti tra Kinshasa e Kigali sono molto tesi. Il presidente congolese, Félix Tshiseke ha accusato il Ruanda di aggressione militare diretta e occupazione di territori nel Congo-K orientale, attraverso il presunto sostegno di Kigali all M23.
Kigali ha sempre respinto tutte le accuse e nega categoricamente il suo supporto ai ribelli tutsi. L’ex presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, nominato dalla Comunità dell’Est Africa (EAC) per condurre i negoziati per la pace nel Congo-K, ha parlato telefonicamente con Paul Kagame, presidente del Ruanda, un paio di giorni fa.
Secondo un comunicato rilasciato da EAC venerdì scorso, Kenyatta e il capo di Stato ruandese sono concordi sulla necessità di un cessate il fuoco immediato. Nuovi colloqui si terranno la prossima settima a Luanda, giacché l’Unione Africana ha nominato Joâo Lourenco, capo di Stato dell’Angola, come suo mediatore.
Intanto anche la diplomazia internazionale è al lavoro per ristabilire la pace in Congo. A margine del G20, che si è tenuto a Bali la scorsa settimana, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha parlato con il suo omologo ruandese, Vincent Biruta, chiedendogli di intervenire quanto prima per frenare il conflitto.
Sta di fatto che anche negli ultimi giorni i combattimenti tra i ribelli M23 e le truppe armate congolesi sono continuati senza sosta. I miliziani si avvicinano sempre più verso Goma, il capoluogo della provincia del Nord-Kivu, malgrado l’arrivo di 900 militari kenyotti dell’EAC. Jeff Nyagah, comandante del contingente, ha promesso che i suoi uomini proteggeranno l’aeroporto e la città di Goma.
Anche l’esercito congolese continua a reclutare giovani nella provincia del Nord-Kivu. Venerdì scorso 500 di questi sono stati mandati a Kinshasa per l’addestramento. I ragazzi si arruolano volontariamente, almeno all’apparenza.
Questa mattina sono riesplosi nuovi combattimenti tra i militari di FARDC e i miliziani a Kibumba, nel territorio di Nyiragongo, a soli 20 chilometri da Goma.
Anche venerdì ci sono stati altri scontri sul versante sud-occidentale del Kisharo, nel territorio di Rutshuru.
La popolazione continua a fuggire dai villaggi in preda al panico e, secondo i dati dell’ONU, dalla ripresa dei combattimenti tra i ribelli dell’M23 e l’esercito, oltre 190.000 persone hanno lasciato le proprie case.
Nel campo profughi ai piedi del vulcano Nyiragongo, ci sono anche molti bambini separati dalle proprie famiglie. I piccoli vengono accuditi da un gruppo di volontari di Goma Actif.
Un giovane, che fa parte del collettivo, ha raccontato che i volontari vengono tutte le mattine a distribuire del pane ai piccoli. E Dounia Dekhili, responsabile UNICEF per le emergenze nella regione orientale della RDC, ha detto che circa 2.000 bambini stanno beneficiando di un programma di sostegno psicologico. Vengono inoltre organizzate attività di sensibilizzazione per ridurre i rischi di abuso e sfruttamento sessuale, pericoli ai quali sono particolarmente esposti i minori rifugiati soli, senza protezione.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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