Cornelia I. Toelgyes
12 novembre 2022
In tutta la Nigeria è massima allerta sicurezza. Le elezioni presidenziali e legislative sono ormai alle porte, sono previste per il prossimo febbraio. I candidati in lizza per la poltrona più ambita del Paese sono 18.
Ieri, il presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (INEC), Mahmood Yakuba, ha lanciato un nuovo allarme e ha detto di essere seriamente preoccupato per l’intensificarsi delle violenze gli attacchi.
Yakuba ha aggiunto che la commissione ha già registrato 50 attacchi solo nel primo mese di campagna elettorale, iniziata a fine settembre. Nella giornata di giovedì, sono stati bruciati due uffici locali della commissione nel sud-ovest del Paese. E, ha sottolineato il leader di INEC, “gli attacchi si intensificheranno man mano che ci avvicineremo alle elezioni”.
Il primo incidente di giovedì scorso si è verificato a Abeokuta South, Ogun State, dove un ufficio è stato dato alle fiamme e distrutto completamente. Sono andati in fumo anche oltre 900 urne e più di 60.000 tessere elettorali. A Ede, nell’Osun State, è stata incendiata un’altra sede locale di INEC. Fortunatamente i danni sono stati di minore entità.
L’allerta attentati è scattata alla fine di ottobre quando Stati Uniti, Australia, Canada, Gran Bretagna hanno lanciato un allarme di possibili attentati, in particolare nella capitale Abuja. Washington ha dato l’ordine alle famiglie dei dipendenti dell’ambasciata di lasciare il Paese.
A tutta risposta le autorità hanno chiuso il Jabi Lake Mall, un importante centro commerciale della capitale, per motivi di sicurezza non meglio precisati.
Sotto equipaggiate e con stipendi da fame, le truppe nigeriane sono schierate su più fronti in tutto il Paese. Da un lato combattono l’insurrezione jihadista e dall’altro, bande criminali armate fino ai denti.
I gruppi islamisti operano nel nord-est della Nigeria, a circa 1.000 chilometri da Abuja, ma hanno cellule in altre parti del Paese.
Negli ultimi sei mesi, ISWAP (acronimo per The Islamic State in West Africa Province, fazione dei Boko Haram che si è staccata dal gruppo originale nel 2016), ha rivendicato diversi attacchi nel territorio della capitale federale, tra questi anche a una prigione, liberando centinaia di detenuti.
E’ evidente che la sicurezza della nazione viene messa a dura prova quotidianamente. La colpa è da attribuirsi alla dilagante corruzione su tutti livelli della popolazione. Dunque non si può parlare di odio verso i cristiani. Sono ben di più i musulmani che quotidianamente vengono rapiti e ammazzati.
La Nigeria è considerata tra i Paesi più ricchi del continente, in quanto secondo produttore di petrolio in Africa. E’ stata declassata a settembre, sorpassata dall’Angola, che ora è il primo produttore del continente. Dei proventi dell’oro nero la popolazione vede ben poco, gran parte delle royalities si perdono appunto nei meandri della corruzione, piaga che tutti i presidenti del passato, compreso l’attuale, hanno promesso di sradicare, ma sempre con scarso successo.
Mercoledì scorso, il capo di Stato, Muhammadu Buhari, ha incontrato re Carlo a Buckingham Palace. L’incontro era inizialmente previsto nella capitale ruandese, Kigali, durante la riunione dei capi di governo del Commonwealth, a giugno, ma il colloquio è stato rinviato. Buhari, che attualmente si trova a Londra per i regolari check-up medici, ha detto che il dialogo con il re è stato improntato soprattutto su temi economici.
Cornelia I. Toelgyes
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