Cornelia I. Toelgyes
9 novembre 2022
Una coalizione di avvocati e ONG hanno depositato martedì scorso presso il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (CAT) a Ginevra sei nuove denunce contro il Marocco . Hanno anche chiesto il rilascio immediato di tutti i prigionieri saharawi condannati sulla base di confessioni estorte sotto tortura.
I sei prigionieri, ora rappresentati da un pool di avvocati, sono Mohamed el Bachir Boutanguiza, Abdellahi Lkhfaouni, Sidi Ahmed Lemjiyed, Ahmed Sbai, Abdullahi Toubali e Houssein Zaoui. I legali hanno chiesto che venga aperta un’inchiesta sulle sevizie subite sia nella fase di arresto e poi durante gli anni di prigionia.
Dodici anni fa, l’accampamento di Gdeim Izik, creato un mese prima vicino a Laayoune (capitale proclamata della Repubblica dei Sahrawi) dai dimostranti indipendentisti saharawi, è stato smantellato dalle autorità marocchine. Centinaia di persone sono state arrestate. Nel 2013 sono stati condannati 25 attivisti saharawi, 19 dei quali sono ancora in carcere.
Il comitato dell’ONU ha già richiamato più volte il Marocco su questa faccenda. Infatti, a giugno di quest’anno altre 4 persone, tra queste una detenuta dal 2010, hanno sottoposto un dossier di denuncia al CAT.
I 24 saharawi accusati di aver ucciso membri delle forze di sicurezza durante lo smantellamento del campo di Gdim Izik nel novembre 2010, sono stati condannati nel febbraio 2013 all’ergastolo. “Un processo puramente politico”, hanno denunciato le organizzazioni per i diritti umani.
Il Sahara Occidentale è abitato prevalentemente dalla popolazione saharawi, già in lotta in passato per l’indipendenza, che nel 1975 ha posto fine all’occupazione spagnola del Sahara Occidentale.
Dopo la decolonizzazione di Madrid, Marocco e Mauritania avevano rivendicato diritti sui territori e li avevano occupati. Nel 1979 (dopo 4 anni di guerra) Nouakchott aveva rinunciato alle sue pretese e firmato un accordo di pace con il Fronte Polisario, ma il Marocco aveva immediatamente occupato la porzione di territorio che era stata lasciata dai mauritani.
Il Fronte da allora continua le sue battaglie contro il Marocco per l’indipendenza. Nel 1980 Rabat ha iniziato la costruzione di un muro lungo 2.700 chilometri, che divide il regno dal popolo saharawi.
Dopo quasi 30 anni dalla proclamazione del cessate il fuoco, firmato nel 1991 sotto l’egida dell’ONU, le tensioni tra Rabat e il Fronte Polisario, non sono mai terminate definitivamente, malgrado la presenza della missione dell’ONU MINURSO, che avrebbe dovuto anche organizzareunl referendum sull’autodeterminazione, che finora non si è mai svolto.
Il vasto territorio desertico, ricco di fosfati e il suo mare, tra i più pescosi del mondo, fanno gola al regno nordafricano, pertanto Rabat è disposto a concedere lo status autonomo dei territori, ma sotto la sovranità marocchina.
Il mese scorso il Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro ha chiesto alle parti in conflitto di riprendere i negoziati per arrivare finalmente a una soluzione politica giusta, sostenibile e accettata da entrambi, con la prospettiva dell’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale. I dialoghi devono svolgersi sotto l’egidia del segretario generale dell’ONU, senza precondizioni e in buona fede.
Il Consiglio di Sicurezza aveva lanciato lo stesso appello un anno fa, quando si è insediato il nuovo emissario dell’ONU, Staffan de Mistura, italo-svedese, alto diplomatico e ex viceministro degli Esteri durante il governo Monti. Da allora de Mistura si è recato più volte nella regione per incontrare le parti in causa.
Il testo della risoluzione è stato redatto dagli Stati Uniti, ma non è stato approvato all’unanimità: Kenya e Russia si sono astenuti, ritenendolo un testo poco equilibrato.
Ma Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, è molto preoccupato della situazione attuale. Lo ha sottolineato nel suo rapporto annuale, pubblicato recentemente. Guterress ha sottolineato che la ripresa delle ostilità tra il Fronte Polisario e il Marocco segna un chiaro passo indietro nella ricerca di una soluzione politica.
Intanto è stato rinnovato il mandato dei caschi blu della missione MINURSO fino al 31 ottobre 2023.
Se da un lato l’ambasciatore del Marocco accreditato all’ONU, Omar Hilale, ha approvato con favore la risoluzione redatta da Washington, il rappresentante del Polisario, Sidi Omar, ha accusato il Consiglio di Sicurezza di non reagire di fronte ai tentativi del Marocco “di imporre un fatto compiuto nei territori occupati della Repubblica Saharawi”.
“E questo – ha aggiunto Omar – lascia al popolo Saharawi una sola opzione, cioè quella di continuare e intensificare la legittima lotta armata per difendere il proprio diritto non negoziabile all’autodeterminazione e all’indipendenza”. Il rappresentante del Polisario ha anche accusato gli Stati Uniti di non aver osservato la loro posizione di neutralità.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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