Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
5 novembre 2022
All’indomani della firma della cessazione delle ostilità tra Etiopia e Tigray, la guerra continua. Secondo la televisione dei “ribelli”, il giorno successivo alla firma dell’accordo di pace, sono stati effettuati attacchi con droni e artiglieria pesante nella città di Maichew, nel Tigray meridionale, causando morti e feriti tra i civili.
E le forze eritree, alleate dei federali, stanno attaccando le linee di difesa del TDF (Tigray Defense Forces) a Zalambessa. Si combatte anche a Edaga Arbi e Nebelet nel Tigray centrale e nella parte meridionale. Altre fonti hanno riferito che il 4 novembre è stato effettuato un attacco aereo nel distretto di Kilte Awulaelo, nella zona orientale della regione.
Un medico dell’ospedale di Maichew ha spiegato che il nosocomio non è in grado di curare le vittime dell’attacco per mancanza di medicinali e materiale sanitario.
Anche il direttore dell’ospedale di Ayder, Makallé, ha specificato che finora non è arrivato nessun convoglio umanitario nel Tigray. Non risultano permessi rilasciati in tal senso dalle autorità di Addis Abeba.
Il devastante conflitto non ha colpito solo il Tigray ma che le regioni vicine Afar e Amhara. Gran parte della popolazione non ha accesso all’assistenza umanitaria, ancora bloccati dal governo etiopico.
Secondo Human Rights Watch, i principali sostenitori dell’accordo di Pretoria, dovrebbero ora dare priorità alla protezione dei civili, fare pressione per un solido monitoraggio e garantire che il governo etiopico e le autorità del Tigray rispettino pienamente i loro impegni per quanto riguarda i diritti umani.
Ieri, nella capitale etiopica è stato commemorato il secondo anniversario dell’inizio della guerra. Per l’occasione hanno sfilato alcuni militari, accompagnati al ritmo delle fanfare.
Una guerra fratricida, iniziata nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2020, che, malgrado la firma delle parti interessate su alcuni fogli di carta che descrivono i doveri di ciascuno per arrivare a una pace duratura, sul campo continua ancora.
E l’alto rappresentante dell’Unione Africana per il Corno d’Africa, l’ex presidente nigeriano, Olesegun Obasanjo, dopo aver annunciato che le parti hanno concordato un “disarmo ordinato, regolare e coordinato” , nonché il “ripristino della legge e dell’ordine”, ” la riattivazione dei servizi” e “libero accesso degli aiuti umanitari”, aveva aggiunto: “Questo momento non rappresenta la fine del processo di pace. L’attuazione dell’accordo di pace firmato oggi è fondamentale per il suo successo”.
Abiy Ahmed, primo ministro etiopico, premio Nobel per la Pace 2019, è salito al potere nel 2018 dopo le dimissioni del suo predecessore, Hailemariam Desalegn. Abiy ha poi vinto le elezioni nel 2021, come leader dal partito da lui fondato nel 2019 “Partito della Prosperità”. Ora è soddisfatto del documento firmato in Sudafrica sotto l’egida dell’Unione Africana (UE).
Già ieri il governo del Tigray, che, secondo gli accordi di Pretoria resta in vigore, ha rilasciato una dichiarazione, esprimendo alcune perplessità sul documento siglato il 2 novembre scorso: “L’accordo di pace non sarà attuato se danneggia gli interessi del popolo del Tigray”
L’Eritrea, un partner importante in questo conflitto, non è stato menzionato nell’accordo e nessun suo rappresentante era presente ai colloqui in Sudafrica.
Durante i due anni del conflitto, sono state commesse gravissime violazioni dei diritti umani e del diritto bellico da tutte le parti in causa, compresa l’Eritrea i cui militari dell’EDF (Eritrean Defense Forces) combattono accanto le truppe etiopiche dell’ENDF (Ethiopian National Defense Force).
Il trattato siglato pochi giorni fa è un accordo molto fragile, che va implementato giorno per giorno. Finora non è stato attuato nulla. Anche il TDF non è ancora stato dissolto, come previsto nel documento di Pretoria.
E, va sottolineato, che nell’accordo non c’è menzione alcuna della situazione del Tigray occidentale, dove, HRW, in collaborazione con Amnesty International, ha documentato una campagna di pulizia etnica contro la popolazione tigrina, perpetrata dalle truppe regionali Amhara e milizie varie, a volte con la partecipazione delle forze federali etiopiche.
Venerdì 28 ottobre, il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha “dipinto un quadro molto desolante” della situazione nel Tigray. L’intera regione è praticamente tagliato fuori dal mondo, gran parte è priva corrente elettrica; servizi bancari e telecomunicazioni sono stati interrotti. Gli sfollati sono oltre 2 milioni, centinaia di migliaia sono sull’orlo della carestia.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quasi il 90 per cento dei tigrini necessita di aiuti alimentari e quasi un terzo dei bambini sotto i cinque anni è affetto da malnutrizione.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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