Speciale per Africa ExPress
Luciano Bertozzi
1° Novembre 2022
“Dal 2017 ad oggi quasi 100.000 persone sono state intercettate in mare dalla Guardia costiera libica e riportate forzatamente in Libia, un Paese che non può essere considerato sicuro. La vita dei migranti e rifugiati in Libia è costantemente a rischio, tra detenzioni arbitrarie, abusi, violenze e sfruttamento. Significa non avere alcun diritto e nessuna tutela.” Così Amnesty International denuncia gli effetti del Memorandum Italia -Libia, stipulato dal Governo Gentiloni con il ministro dell’Interno Minniti (PD), del 2 febbraio 2017.
Tutti questi esseri umani cercano di attraversare il Mediterraneo su fragili imbarcazioni, ma un numero sempre maggiore è costretto al ritorno all’inferno libico a causa delle misure adottate dai Paesi europei per blindare i confini del continente.
La gran parte di loro proviene dall’Africa subsahariana dopo aver abbandonato le proprie terre a causa dei conflitti e della fame, in cerca di una vita più dignitosa.
Da anni, i Paesi europei stanno cercando di bloccare le rotte migratorie dalla Libia. Con il Memorandum citato e con la Dichiarazione di Malta dell’Unione Europea, firmata a La Valletta il 3 febbraio 2017, si è realizzata una costante cooperazione che ha affidato il pattugliamento del Mediterraneo centrale ai guardacoste libici, mediante la fornitura di motovedette, di un centro di coordinamento marittimo e di attività di formazione.
Gli accordi sono stati seguiti dall’istituzione della zona SAR libica, un’ampia area marittima in cui i libici sono responsabili del coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso.
Nonostante la Libia non sia un Paese sicuro, Amnesty sottolinea che “dal 2017 la Guardia costiera libica ha ricevuto oltre 100 milioni di euro in formazione e equipaggiamenti (57,2 milioni dal Fondo fiduciario per l’Africa dell’Unione Europea e 45 milioni solo attraverso la missione militare italiana dedicata).
Soldi pubblici e risorse destinate alla cooperazione e allo sviluppo, impiegate invece per il rafforzamento delle frontiere, senza alcuna salvaguardia dei diritti umani, né alcun meccanismo di monitoraggio e revisione richiesto dalle norme finanziarie dell’UE.
Il “lavoro sporco”, pertanto viene subappaltato ai libici, e l’Unione Europea rinnega così i valori su cui si fonda e che ne sono la ragion d’essere. “Un esempio lampante in tal senso – ricorda Giulia Capitani di Oxfam – è rappresentato dalla motovedetta Ras Jadir, fornita dall’Italia, ripresa nel giugno 2021 mentre spara ad un barcone pieno di persone!”
Amnesty e altre decine di associazioni hanno chiesto al governo, quindi, di sospendere il Memorandum, in scadenza nel febbraio 2023 ma che sarà rinnovato automaticamente per altri tre anni se le autorità del nostro Paese non lo annulleranno entro il 2 novembre 2022.
Le Associazioni chiedono anche che l’Unione Europea e i suoi stati membri sospendano ogni forma di cooperazione che contribuisca a trattenere migranti e rifugiati in Libia e che si aprano percorsi legali necessari per le migliaia di persone intrappolate in quello Stato le quali necessitano di protezione internazionale.
La risposta dell’esecutivo Meloni è scontata: la destra in campagna elettorale proponeva il blocco navale e il vice presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, appena insediato, ha subito scatenato la guerra alle ONG che cercano di salvare i migranti con le proprie navi.
Anche il Viminale sta valutando azioni analoghe. La politica del nuovo gabinetto è del tutto coerente con quelle dei governi degli ultimi cinque anni, che hanno mantenuto il Memorandum, nonostante le promesse di far rispettare le libertà fondamentali a Tripoli.
Ma la realtà è ben diversa: infatti, come denuncia Nello Scavo su Avvenire, nella capitale libica “riceveva un nuovo pubblico encomio il maggiore Abdurhaman al-Milad, quel Bija, cui le Nazioni Unite hanno riconfermato le sanzioni per traffico di esseri umani, crimini contro i diritti umani, contrabbando di petrolio e armi”.
Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it
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Bellissimo articolo. Finalmente una denuncia chiara dell’intesa del 2017 e delle tragiche conseguenze della quale il massimo responsabile è Minniti. E pensare che se ne vantano!!!
Il personaggio da incriminare è Marco Minniti, ministro dell’interno nel governo Gentiloni che ha ispirato l’accordo Italia-Libia volto al respingimento di migranti ed esuli taglieggiati alla partenza, con alle spalle traversate dolorose e respinti all’arrivo. Il titolo preciso dell’intesa così recita: “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana”. L’intesa è stata sottoscritta da Paolo Gentiloni e Fayez al-Sarraj.