Pretoria, 26 ottobre 2022
Ieri sono iniziati ufficialmente i negoziati di pace tra il governo etiopico e i rappresentanti della regione del Tigray, nell’estremo nord dell’Etiopia, sotto l’egidia dell’Unione Africana.
Il portavoce di Cyril Ramaphosa, presidente del Sudafrica, Paese che ospita i primi colloqui di pace formali per porre fine a due anni di guerra tra l’esercito etiopico e i suoi alleati eritrei e dall’altra parte della barricata il TDF (Tigray Defense Forses), ha detto ai reporter che gli incontri termineranno domenica.
La delegazione del Tigray guidata da uno dei suoi principali generali, Tsadkan Gebretensae, e dal portavoce Getachew Reda, è arrivata a bordo d’un aereo militare americano. Tra i passeggeri c’era anche Mike Hammer, inviato speciale di Washington nel Corno d’Africa.
Per il governo federale, invece, in Sudafrica è presente il vice primo ministro Demeke Mekonnen e il consigliere per la sicurezza nazionale Redwan Hussein, insieme a un team di sette membri.
Oltre alle parti in causa, ai colloqui, volti a trovare una soluzione pacifica e sostenibile al devastante conflitto che sta insanguinando il Tigray da quasi due anni, partecipano anche l’ ex presidente della Nigeria, Olesugun Obasanjo, alto rappresentante per il Corno d’Africa per l’Unione Africana in qualità di mediatore, coadiuvato in questo delicato compito dall’ex capo di Stato del Kenya, Uhuru Kenyatta e dall’ex vicepresidente sudafricano Phumzile Mlambo-Ngcuka.
Sono presenti come osservatori anche delegati dell’IGAD (Autorità intergovernativa per lo sviluppo, un’organizzazione internazionale politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d’Africa), delle Nazioni Unite e degli Stati Uniti. Assente l’Unione Europea, la rappresentante speciale di Bruxelles per il Corno d’Africa, Annette Weber non è stata invitata.
Il ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor, che il 23 ottobre ha parlato anche con il Segretario di Stato americano Antony Blinken su come organizzare i dialoghi di pace, ha lavorato a stretto contatto con Hammer sul format dei negoziati. Un primo sforzo dell’UA per portare le due parti al tavolo dei negoziati all’inizio del mese è fallito proprio per problemi logistici.
Nelle ultime settimane sono aumentate le pressioni diplomatiche per mettere a tacere le armi in una guerra che ha lasciato milioni di persone bisognose di aiuti umanitari e, secondo una stima statunitense, ben mezzo milione di morti.
“In Etiopia ritornerà la pace, non continueremo a combattere all’infinito”, ha dichiarato il Primo Ministro Abiy Ahmed, premio Nobel per la Pace 2019, la scorsa settimana, ma intanto gli scontri non si fermano, anche dopo che entrambe le parti hanno inviato le loro delegazioni in Sudafrica.
Le forze del governo federale (ENDF) e i loro alleati dell’esercito eritreo (EDF) hanno riconquistato diverse città del Tigray, come Shiré, Alamata, Adua, Adigrat, Axum. L’offensiva è costata la vita a molti civili, in tanti sono fuggiti. E la marcia delle truppe di Addis Abeba e di Asmara, nel tentativo di raggiungere Makallé, il capoluogo del Tigray, continua senza sosta, lasciando dietro di sé una scia di disperazione, morte, fame, con la vergognosa indifferenza del mondo
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