Speciale per Africa ExPress
Francesca Canino
30 settembre 2022
Intonano “Bella ciao” e liberano i capelli dal nero velo imposto dal fanatismo islamico. In Iran le donne conducono una ribellione senza eguali negli ultimi 40 anni, segnati dalla dittatura degli ayatollah che ha privato un’intera nazione dei diritti umani. Da oltre dieci giorni nel Paese si susseguono scontri, violenze, repressione. E tanti morti.
La rivolta delle donne si è subito tramutata in una insurrezione generale sostenuta anche dagli uomini, giovani soprattutto, come mostrano le immagini che ci giungono nonostante le autorità iraniane abbiano limitato l’accesso a Internet.
Sono scene forti che mostrano la determinazione di tante donne e tanti uomini a lottare per riconquistare diritti e libertà, a costo di perdere la vita o subire violenze inaudite. Il regime ha risposto con azioni spietate: circa tremila arresti a Teheran e centinaia di morti.
La rivolta affonda le sue radici nel malessere sociale che quarant’anni di repressione hanno acuito fino a far esplodere le donne prima, gli uomini poi.
La scintilla è scaturita dall’uccisione di Mahsa Amini, la giovane arrestata e uccisa mentre era sotto custodia della “polizia morale” iraniana perché il suo velo non copriva tutti i capelli.
Da quel momento il Paese è insorto, migliaia di iraniani sono scesi nelle piazze a manifestare non contro l’hijab, il velo della discordia, bensì contro un regime dittatoriale che ha portato allo stremo milioni di persone.
La speranza è di far cadere la Repubblica Islamica, ma si teme anche una risposta repressiva ed esemplare del regime. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi, infatti, ha ordinato di agire con fermezza contro i dimostranti e denunciato le interferenze di alcuni Paesi occidentali nelle questioni della Repubblica islamica.
E il pugno di ferro del regime è stato usato pochi giorni fa su un’altra donna, Hadith Najafi, la ragazza simbolo dei cortei, uccisa dopo essere stata arrestata dalla polizia morale.
Ma le donne e i giovani non si fermano, «come potrebbero adesso che hanno gettato i semi per la nostra libertà?». A parlare è Sadira, una donna iraniana che ha chiesto aiuto ad Africa Express tramite WhatsApp, nei momenti in cui è possibile collegarsi, per divulgare quanto sta accadendo nel suo Paese. “Le proteste di questi giorni sono il segno inequivocabile di un popolo arrivato al capolinea. A soffrire maggiormente a causa della dittatura islamica sono state le donne, represse e discriminate, e i giovani, desiderosi di libertà come tutti i ragazzi del mondo in ogni epoca”.
“Ecco perché le proteste sono partite da loro, che non si risparmiano nelle piazze di Teheran e delle altre città – spiega Sadira -. È un dolore per me apprendere degli arresti e dei morti di questi giorni e invoco giustizia per loro e per Mahsa Ahmini, rea per la polizia morale di avere mantenuto una ciocca di capelli fuori dall’hijab. Una cosa molto grave che sta accadendo in questi giorni è l’arruolamento nella polizia di adolescenti, minacciati e uccisi se rifiutano di accettare. Mi chiedo dove siano tutte le organizzazioni che tutelano i minori, le varie ONG, l’UNICEF. Qui in Iran c’è solo tanta violenza e nessun diritto”.
Sadira parla del suo Paese, delle libertà negate, di un regime che controlla e schiaccia i cittadini con la forza delle armi e con la crisi economica, sociale e sanitaria che ha impoverito la popolazione “rendendola spesso priva di scrupoli. È il caso della polizia che supinamente obbedisce agli uomini del regime senza pensare che di fronte, quando uccide o picchia i manifestanti, ha suoi connazionali, suoi simili”.
“Noi siamo troppo controllati – continua la donna –, non ci è concesso di non portare il velo nemmeno se siamo nelle nostre auto, perché sulle strade ci sono dei dispositivi come i vostri autovelox che ci fotografano e ci mandano la multa. Quello che è stato il grande Impero Persiano è oggi uno stato di polizia che ci ha privato di tutti i diritti. Ma ormai la strada per la libertà è stata aperta, per questo chiedo a voi di Africa ExPress di aiutare il mio popolo, di sostenerci in questa ribellione che se venisse fermata causerebbe migliaia di morti e ucciderebbe ogni speranza futura. Io, la mia famiglia, i miei parenti, i miei amici e sono sicura anche il mio popolo chiediamo aiuto alle donne italiane, ai vostri giovani, perché facciate sentire la vostra voce per la conquista della nostra libertà. Italia aiutaci”.
Non può lasciarci indifferenti il grido di aiuto proveniente dall’Iran alla nostra testata. E come il nome di Mahsa Amini che ora si ripete su milioni di hashtag, un record assoluto, noi lanceremo l’hashtag #africaexpressperliran per sostenere la causa dei ribelli iraniani.
Francesca Canino
francescacanino7@gmail.com
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#africaexpressperliran
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