Cornelia I. Toelgyes
29 settembre 2022
Per porre fine alla tensione, alla violenza e ai conflitti che da anni insanguinano le regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, causanndo centinaia morti, la Comunità dell’Est Africa (EAC) ha deciso di costituire una forza regionale. Ma la sua costituzione, sta già suscitando ampie polemiche nel Paese.
Finora non sono stati formalizzati né il calendario, né il quadro operativo per il suo dispiegamento, né il numero di Paesi partecipanti.
La creazione del nuovo contingente è stata annunciata al termine di una riunione della East Africa Comunity (EAC) che si è svolta a fine giugno a Nairobi in Kenya. Pochi giorni prima dell’assemblea dell’organizzazione si sono riuniti i capi di Stato maggiore dei Paesi membri per definire il dispiegamento della nuova forza militare regionale in Congo-K.
Alla riunione hanno partecipato anche i presidenti del Congo-K e del Ruanda. I due si sono incontrati per la prima volta dopo l’inizio delle tensioni tra i due Paesi, causata dalle violenze commesse dal gruppo armato M23 nell’est della ex colonia belga.
All’inizio del mese delegati e esperti hanno siglato a Kinshasa l’accordo sullo statuto della forza regionale. Alla cerimonia erano presenti anche il capo di Stato del Congo-K, Félix Tshisekedi, nonché il segretario generale dell’organizzazione, il keniota Peter Mathuki, un diplomatico di carriera.
Il documento siglato a Kinshasa stabilisce, tra l’altro, il regime delle immunità e il codice di condotta e definisce anche le modalità di risoluzione delle controversie sul campo e la gestione dei danni collaterali che possono verificarsi durante le operazioni.
A fine marzo il Congo-K è entrato ufficialmente nella Comunità dell’Est Africa (EAC), organizzazione regionale della quale fanno parte anche Kenya, Tanzania, Burundi, Ruanda, Uganda e il Sud Sudan.
Poco meno di due anni fa per uscire finalmente dall’isolamento diplomatico,Tshisekedi aveva inoltrato la richiesta per l’annessione all’EAC.
Purtroppo nel frattempo sono sorte nuove tensioni tra il Ruanda e l’ ex colonia belga a causa della presenza del gruppo armato M23, per lo più composto da tutsi congolesi, che ha ripreso le ostilità alla fine di marzo 2022, nel momento in cui Kinshasa è entrato nell’organizzazione est-africana.
Kinshasa aveva siglato un accordo di pace con i ribelli nel 2013. Ciononostante recentemente i capi del gruppo hanno ripreso le armi, accusando le autorità congolesi di non aver rispettato gli impegni presi, come la reintegrazione dei propri combattenti nell’esercito congolese.
Durante la 77esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si è tenuta la scorsa settimana a New York, il presidente congolese ha accusato il Ruanda di aggressione militare diretta e occupazione di territori nel Congo-K orientale, attraverso il presunto sostegno di Kigali al gruppo armato M23.
Ma Kigali ha sempre respinto tutte le accuse e nega categoricamente il suo supporto ai ribelli tutsi.
Tshisekedi ha chiesto infine al presidente del Consiglio di sicurezza dell’ONU di divulgare l’ultimo rapporto sulla grave situazione nell’est del Congo-K per porre fine alle continue smentite delle autorità ruandesi.
Durante il suo intervento, il presidente del Ruanda, Paul Kagame, è stato quasi accomodante, ha fatto solamente riferimento a iniziative diplomatiche sulla crisi nel Congo-K e ha evidenziato che quelle intraprese a livello locale sono complementari.
Intanto continuano gli spietati attacchi dei ribelli M23. Per questo motivo il primo ministro, Jean-Michel Sama Lukonde, si è recato dapprima nella provincia di Ituri, regione più colpita dalle violenze dei gruppi armati, e poi a Goma, nel Nord-Kivu.
Il capo del governo si è intrattenuto con esponenti della società civile, con le autorità locali e associazioni umanitarie attive nelle zone per assistere gli oltre due milioni di sfollati, scappati dalle loro case per fuggire alle violenze perpetrate dai ribelli e altri gruppi armati attivi nella zona.
Il primo ministro ha promesso alla popolazione che avrebbe riflettuto anche sullo stato d’emergenza, imposto dal governo nelle due province da maggio 2021.
Lo scorso aprile il premier si era già recato nel Nord-Kivu per ascoltare le lamentele della popolazione provata dagli attacchi dei gruppi armati, ma questa volta il clima è ancora più teso con la recrudescenza dei ribelli M23, la presa della città di Bunagana e l’indebolimento di MONUSCO (Missione di Pace dell’ONU nel Paese) a causa delle manifestazioni contro la loro presenza. Da allora Kinshasa ha limitato le prerogative del governatore militare della provincia, Constant Ndima Kongba, alla sola gestione di questioni politiche e amministrative.
I movimenti cittadini insistono con le loro richieste: operazioni militari per respingere i ribelli dell’M23 che controllano la città di Bunagana, situata al confine con l’Uganda, e la revoca dello stato d’emergenza in vigore dal maggio 2021.
Ma i movimenti cittadini sono contrari all’intervento del contingente regionale predisposto da EAC. Da quando è stata annunciata la sua creazione, le organizzazioni della società civile delle province di Ituri, Maniema, Nord Kivu e Sud Kivu, hanno denunciato il proprio disappunto con diversi comunicati, spiegando che si tratta di un dispiegamento inappropriato e senza garanzie di efficacia. Prevedono inoltre gravi conseguenze per la sicurezza della popolazione
Lunedì 26 settembre, tutte le attività si sono fermata a Goma, una delle principali città dell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC). I residenti sono rimasti a casa in seguito all’appello delle organizzazioni della società civile per denunciare l’occupazione di una località della regione da parte dei ribelli del Movimento 23 marzo (M23). Sull’account Twitter di LUCHA (Lotta per il cambiamento), tra gli organizzatori della giornata “Città morta”, si legge: “Da 105 giorni, Bunagana è occupata dall’M23 e FARDC (esercito congolese) non stanno portando avanti alcuna offensiva contro gli aggressori per riprendere Bunagana. Possono sacrificare Bunagana ma non noi”.
La città, un importante snodo commerciale nella provincia de Nord-Kivu, al confine con l’Uganda, è nelle mani dei ribelli dal 13 giugno scorso.
Cornelia I.Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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