Cornelia I.Toelgyes
23 agosto 2022
Fra poche ore si vota in Angola. Oltre 14 milioni di cittadini sono chiamati alle urne per le legislative, per eleggere 220 deputati, che designeranno poi il prossimo presidente.
L’attuale presidente, João Lourenço, ex generale e ex delfino di Edoardo dos Santos – deceduto a Barcellona lo scorso 8 luglio – e leader del partito al potere dall’indipendenza nel 1975, Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (MPLA), è il candidato del suo raggruppamento politico.
Il capo di Stato dell’Angola, secondo produttore di petrolio dell’Africa subsahariana, nonché al terzo posto nell’estrazione dei diamanti, malgrado abbia lanciato una campagna anticorruzione senza precedenti per riportare nel Paese i capitali illegalmente trafugati all’estero dalla famiglia dos Santos e i loro alleati, non è riuscito a sollevare le sorti degli angolani. In base alle statistiche della Banca Mondiale, un angolano su due vive con meno di 1,90 dollari al giorno.
Edoardo dos Santos, ex capo di Stato e ex leader di MPLA, ha governato il Paese con il pugno di ferro per quasi quattro decenni, appropriandosi dei proventi del petrolio per il suo clan, prima di essere costretto all’esilio. La sua salma è stata riportata in patria solo un paio di giorni fa, in mezzo a una vivace campagna elettorale.
Ora, alla vigilia delle elezioni, Lourenço ha promesso una serie di nuove riforme che si potranno attuare anche grazie alla ripresa del prezzo del greggio. Il 2020 è stato un anno particolarmente duro, a causa della pandemia, ma dal 2021 il Paese è in ripresa e, secondo l’agenzia Francese per lo Sviluppo (AFD), l’indebitamento, che alla fine del 2020 era pari al 135 per cento del PIL, alla fine del 2021 è sceso all’85 per cento.
Malgrado la crescita e gli avanzi di bilancio positivi, il Paese resta economicamente fragile. Secondo molti angolani il governo attuale non sarebbe stato in grado di rilanciare l’economia. Inoltre non ha creato il mezzo milioni di nuovi posti promessi dal presidente uscente.
Bisogna dare atto a Lourenço di aver perseguitato con tenacia i guadagni illeciti del clan dos Santos. Inoltre, grazie al sostegno del Fondo Monetario Internazionale, ha avviato riforme fiscali e imprenditoriali interne, nonché una liberalizzazione del sistema dei tassi di cambio e un programma di privatizzazione.
Purtroppo molte riforme lanciate non sono state completate e la governance resta tutt’ora poco trasparente. E, secondo AFD, non sono state attuate le diversificazioni promesse, la dipendenza dagli idrocarburi è ancora forte e se il prezzo del greggio dovesse scendere nuovamente, il governo dovrà affrontare una serie di problemi.
I progetti per l’agricoltura sono stati in gran parte messi in disparte. E’ stata data priorità soprattutto alle grandi aziende agricole, mentre quelle delle piccole e le coltivazioni locali dei contadini sono state per lo più trascurate.
Poco interesse è stato dimostrato anche al settore minerario, eccetto per quanto concerne quello dei diamanti. Eppure il Paese è ricco di riserve di rame, minerale di ferro, piombo, magnesio e nichel.
Secondo Didier Péclard, professore di scienze politiche e studi africani all’università di Ginevra (Svizzera), intervistato da RFI, “L’attuale governo ha mantenuto la tendenza alla centralizzazione del potere nella gestione della cosa pubblica, anzi si è addirittura rafforzata. Fatto che ha reso il presidente uscente molto impopolare, soprattutto tra i giovani delle città che cinque anni fa avevano creduto nel cambiamento”.
L’insoddisfazione dei giovani e quella di una popolazione colpita dalla disoccupazione, dall’alto costo della vita, con un’inflazione che a luglio ha raggiunto il 21,4 per cento, influenzeranno certamente questa tornata elettorale.
Secondo una indagine condotta lo scorso maggio dall’organizzazione Afrobarometer, qualche mese fa un gran numero di angolani era favorevole all’UNITA, partito all’opposizione, guidato dal carismatico Adalberto Costa Júnior.
Il raggruppamento politico è salito dal 13 per cento del 2019 al 22 per cento di ora. A maggio il partito al potere era in avanti di soli 7 punti, mentre quasi il 50 per cento degli angolani era ancora indeciso.
All’ultimo comizio dell’UNITA, che si è tenuto lunedì scorso nei sobborghi della capitale Luanda, hanno partecipato migliaia di persone, per lo più giovani. Il raggruppamento è sostenuto da diversi gruppi politici, tra questo anche da “Bloco Democratico”, il quarto partito del Paese.
La commissione elettorale, controllata in gran parte dall’MPLA, ha dichiarato che le elezioni saranno eque e trasparenti.
Ma non si escludono ugualmente brogli; motivo per il quale UNITA ha chiesto ai propri elettori di restare nelle vicinanze dei seggi per monitorare il processo elettorale, fatto contestato dal comandante della polizia che ha vietato assembramenti in prossimità dei luoghi di voto.
Domani saranno mobilitati 80.000 agenti delle forze dell’ordine e della sicurezza, per garantire il regolare svolgimento della tornata elettorale.
Secondo un rapporto dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza, se un’eventuale vittoria dell’MPLA dovesse essere percepita come fraudolenta, potrebbero verificarsi disordini.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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