3 agosto 2022
Anche questa volta le parti in conflitto nello Yemen hanno tenuto il mondo con il fiato sospeso.
A poche ore dalla scadenza del cessate il fuoco – in vigore dal 2 aprile fino al 2 giugno, poi rinnovato per altri due mesi – ieri è stata siglata una nuova tregua di altri due mesi tra i ribelli houthi (sostenuti dall’Iran) e il governo yemenita riconosciuto a livello internazionale (appoggiato dalla coalizione militare capeggiata dall’Arabia Saudita).
L’inviato speciale del segretario generale del Palazzo di Vetro, Hans Grundberg, in un comunicato rilasciato ieri, ha specificato: “Il nuovo documento siglato il 2 agosto comprende le stesse condizioni del precedente, ma include l’impegno delle parti di intensificare i negoziati per raggiungere un accordo di tregua allargato il prima possibile”.
L’annuncio del rinnovo è arrivato poche ore dopo che una delegazione omanita ha concluso colloqui di tre giorni nella capitale yemenita Sana’a, con la leadership houthi, tra l’altro anche con il capo dei ribelli, Abdul-Malek al-Houthi.
Il capo negoziatore e portavoce degli houthi, Mohammed Abdel-Salam, ha scritto su Twitter che i colloqui si sono concentrati sul “consolidamento delle possibilità di fermare la guerra e di rimuovere il blocco”, imposto dalla coalizione a guida saudita.
Il risultato è buono, ma non ottimo. Un successo limitato perché l’ONU insisteva per una una tregua almeno di sei mesi che inoltre prevedesse un impegno maggiore delle parti a lavorare sul processo di pace. In realtà i due mesi sono un mero roll-over del precedente accordo, che denota poca convinzione nel credere alla pace.
Washington ha apprezzato la riconferma della tregua. E Joe Biden, presidente degli USA, ha chiesto agli yemeniti di proseguire i colloqui in collaborazione con l’ONU per trovare una strada che porti alla risoluzione definitiva del conflitto.
La guerra civile è cominciata nel 2015 e vede contrapposte due fazioni: da un lato gli houthi, un movimento religioso e politico sciita, che aveva appoggiato l’ex presidente destituito Ali Abd Allah Ṣaleḥ, ucciso nel dicembre 2018. Dall’altro le forze del presidente sunnita Mansur Hadi, rovesciato dagli houthi con un colpo di Stato nel gennaio 2015. Da marzo 2015, con l’intervento della coalizione saudita che sostiene Mansur Hadi, sono morte oltre 100.000 persone, i feriti non si contano nemmeno e ha ridotto alla fame milioni di yemeniti.
Africa ExPress
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