Cornelia I. Toelgyes
26 luglio 2022
Si intensificano le manifestazioni nella Repubblica Democratica del Congo contro la Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO). Ieri durante una marcia di protesta a Goma, capoluogo del Nord Kivu, dimostrazione tra l’altro non autorizzata dal sindaco, è stato persino saccheggiato il quartier generale dei caschi blu. Mentre oggi le dimostrazioni si sono estese anche in altre città della provincia orientale del Paese.
“Da quando è iniziata la guerra in Congo, non abbiamo mai visto che MONUSCO abbia sradicato un solo gruppo armato, non uno”, ha detto uno dei manifestanti. Un altro, un autista di moto-taxi, ha specificato: “Visto che hanno asserito di non avere la forza per combattere il gruppo M23, cosa fanno ancora qui?”.
La missione ONU ha di fatto fallito il suo compito (cioè proteggere i civili) e così la gente è scesa nelle strade di Goma, Beni, Butembo per chiedere il suo ritiro immediato. E non è la prima volta. Anche in passato si sono svolte manifestazioni contro i caschi blu.
I dimostranti hanno espresso la loro rabbia con violenza e durante l’attacco al quartier generale di Goma, i caschi blu hanno usato gas lacrimogeni per disperdere la folla, ma secondo qualcuno avrebbero lanciato anche “tiri di avvertimento”. Ora MONUSCO è stata accusata di aver sparato contro i dimostranti, fatto che i responsabili della missione negano categoricamente.
Lunedì a Goma sono stati arrestati diversi manifestanti. Il governo “condanna fermamente ogni forma di attacco contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite. I responsabili saranno perseguiti e puniti severamente”, ha scritto su Twitter Patrick Muyaya, portavoce del governo congolese.
Per oggi a Beni e Butembu, due città nel Nord-Kivu, sono state organizzate altre manifestazioni.
Secondo quanto ha riferito il portavoce del governo, a Goma durante l’assalto alle basi sarebbero morti 5 manifestanti, altri 50 sarebbero stati feriti. Mentre a Butembo, la terza città della provincia, secondo fonti di MONUSCO, sarebbero stati uccisi tre membri della missione ONU: un casco blu indiano e due uomini delle forze di polizia.
Sul suo account Twitter MONUSCO ha precisato: “Gli assalitori hanno strappato le armi a alcuni agenti della Polizia Nazionale Congolese (PNC) e hanno sparato contro le nostre forze di pace”.
Paul Ngoma, capo della polizia di Butembo, ha riferito che durante i disordini sarebbero morti anche 7 civili, parecchi altri sarebbero stati feriti.
I caschi blu sono presenti nell’est del Paese da 22 anni e da tempo vengono accusati dalla popolazione di inefficienza nella lotta contro i gruppi armati. MONUSCO è considerata una delle missioni ONU più grandi e costose al mondo, con un budget annuale di un miliardo di dollari; attualmente è presente sul territorio con 14.000 uomini.
Modeste Bahati Lukwebo, presidente del senato, leader e fondatore del partito Alliance des Forces Démocratiques du Congo (AFDC), ha ribadito quello che aveva già espresso in precedenza: per il contingente ONU è arrivato il momento di “levare le tende”, visto che dopo oltre due decadi MONUSCO non è riuscita a riportare la pace nell’est del Congo-K, destabilizzato da quasi tre decenni.
Durante una conferenza stampa congiunta tenutasi a Kinshasa, le autorità congolesi e MONUSCO hanno fatto sapere che una commissione d’inchiesta dovrà stabilire chi è responsabile delle sparatorie che hanno provocato vittime tra i civili e uomini della missione dell’ONU.
La popolazione è stanca dei continui attacchi da parte dei gruppi armati e la situazione umanitaria si aggrava di giorno in giorno proprio a causa delle incessanti violenze quotidiane.
Il Congo-K conta oltre 6,2 milioni di sfollati, 700 mila dei quali hanno dovuto lasciare i loro villaggi dall’inizio dell’anno. Il Paese accoglie inoltre quasi mezzo milione di rifugiati provenienti per lo più dalla Repubblica Centrafricana, Sud Sudan e Burundi.
Cornelia I. Toelgyes
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