Arabia Saudita: giornalista israeliano s’intrufola nella Città Santa profanando La Mecca

I funzionari sauditi hanno denunciato il reportage come dannoso per i legami in via di normalizzazione tra il Paese ebraico e il regno. Channel 13 si è difeso: "abbiamo contribuito ad aumentare la tolleranza religiosa"

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Africa ExPress
Gerusalemme, 25 luglio 2022

Sfiorato l’incidente diplomatico tra Arabia Saudita e Israele questa settimana per un breve reportage d’un giornalista dello stato ebraico o che ha suscitato grande indignazione.

Il reporter è riuscito ad entrare indisturbato (rischiando fisicamente) nel sito più sacro dell’Islam, imbucandosi di frodo profanando La Mecca (luogo sacro severamente vietato ai non musulmani).

I funzionari sauditi hanno denunciato il blitz giornalistico come dannoso per i legami in via di normalizzazione e riavvicinamento tra Israele e Arabia Saudita.

Quasi sicuramente il principe ereditario del regno, Mohammed Bin Salman, farà saltare qualche testa tra i responsabili della sicurezza e della vigilanza. Probabilmente infliggerà punizioni esemplari (la più in voga attualmente quella d’appendere i rei per le caviglie a testa in giù per una settimana ad intervalli regolari).

Video di 10 minuti

Channel 13 News lunedì scorso ha mandato in onda un servizio video di circa 10 minuti girato nel luogo dove è nato l’Islam, in cui si vede il giornalista Gil Tamary, che viaggia in auto vicino alla Grande Moschea della Mecca e mentre sta scalando il Monte della Misericordia, che sovrasta la pianura di Arafat, venerato come il luogo in cui il profeta Maometto tenne il suo ultimo sermone 14 secoli fa.

 

 

Tamary, che è un giornalista navigato e fino a poco tempo corrispondente del canale negli Stati Uniti, era a Gedda per seguire da vicino l’incontro del presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Arabia Saudita con il principe ereditario Mohammed Bin Salman.

Irresponsabile fare informazione

Nel video si vede il giornalista accompagnato da una persona, probabilmente una guida locale, ripreso con il viso trafelato per impedirne l’identificazione.

Tamary abbassa la voce mentre parla alla telecamera in ebraico e, a volte in inglese per evitare di rivelare d’essere israeliano.

“Mi dispiace è stata una cosa stupida da fare e di cui essere orgoglioso – ha commentato all’emittente pubblica Kan 11 il ministro israeliano della cooperazione regionale Esawi Freij, un esponente musulmano del partito della sinistra sionista Meretz -. È stato un gesto irresponsabile e dannoso mandare in onda questo reportage solo per fare dell’informazione”.

Hashtag virale

Freij ha affermato che il reportage ha danneggiato gli sforzi in atto, incoraggiati dagli Stati Uniti, per riavvicinare gradualmente Israele e Arabia Saudita ed arrivare ad una normalizzazione dei rapporti, analogamente a quanto è stato fatto con gli accordi diplomatici del 2020 con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain.

L’hashtag di Twitter “Un ebreo nella Grande Moschea della Mecca” è diventato virale dopo la messa in onda del reportage.

Mohammed Saud, un attivista saudita filo-israeliano ha twittato: “Miei cari amici in Israele, un vostro giornalista è entrato nella città della Mecca, santa per l’Islam, e lì, senza vergogna, ha girato un video. Vergognati Canale 13, per aver ferito la religione dell’Islam in questo modo. Sei stato scortese”.

Silenzio dei media sauditi

La generalità dei media sauditi (strettamente controllati dal governo), non hanno dato molto risalto all’incursione, eccezion fatta per il quotidiano arabo Alaraby (edito a Londra). Diversi funzionari sauditi interpellati per un commento hanno preferito non rispondere.

Non è ancora ben chiaro se qualche autorità ha preventivamente approvato il suo viaggio alla Mecca (ma è altamente improbabile), per il quale comunque, in seguito il giornalista si è scusato, dicendo che non aveva intenzione di offendere i musulmani: “Se qualcuno si offende per questo video, mi scuso profondamente. Lo scopo di questo mio servizio era quello di mostrare l’importanza della Mecca e la bellezza della religione e, così facendo, promuovere una maggiore tolleranza e inclusione religiosa”, ha precisato in inglese su twitter.

Linfa vitale del giornalismo

Channel 13 News ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che: “La visita del giornalista di Foreign News Gil Tamary alla Mecca è un importante risultato giornalistico, non inteso in alcun modo a offendere i musulmani e se qualcuno si è offeso, ci scusiamo. La curiosità è la linfa vitale della professione giornalistica”.

“Il credo giornalistico si basa sull’essere ovunque e sul documentare gli eventi in prima persona – continua la nota dell’emittente -. Questi principi ci hanno guidato in questa missione giornalistica e ha permesso a molti spettatori un contatto iniziale non mediato con questo importante luogo, che corrisponde alla curiosità e all’entusiasmo in Israele per le relazioni in erba con l’Arabia Saudita”.

Riteniamo che conoscere in prima persona l’importanza di un posto di rilievo contribuisca solo ad aumentare la tolleranza religiosa e ad apprendere e riconoscere le credenze dell’altro”

Arrestata la guida

Al momento la cosa pare non finirà qui e potrebbe avere pesanti ripercussioni (forse anche a livello diplomatico).

Intanto secondo l’agenzia stampa saudita SPA è stato individuato ed arrestato (e “deferito alla pubblica accusa”) il cittadino saudita che ha aiutato il giornalista americano-israeliano ad entrare illegalmente alla Mecca, violando la legge del Paese che vieta ai non musulmani di entrare in città.

“La santità delle due sacre moschee della Mecca e Medina è una ‘linea rossa’, la cui violazione non sarà tollerata chiunque sia il trasgressore, non ci sarà clemenza verso chi viola o trasgredisce questa santità qualunque sia la sua nazionalità”, ha sentenziato il capo della presidenza generale per gli affari della Grande Moschea del Profeta, Abdul Rahman Al Sudai.

In Arabia Saudita quando ti deferiscono alla pubblica accusa per certi reati poi solitamente non hai più occasione di raccontare più nulla.

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