Costantino Muscau
19 luglio 2022
Non fosse stato per l’intransigenza di un dirigente scolastico, oggi Letensebet Gidey non sarebbe una star dell’atletica mondiale e l’Etiopia non si sarebbe potuta fregiare della prima medaglia d’oro al World Athletics Championship in corso a Eugene, nell’Oregon (Usa) dal 16 al 25 luglio. Una manifestazione che nei primi giorni ha visto una straripante Etiopia, un brillante Uganda, un deludentissimo Kenya.
Alle Medie, Letensebet Gidey si rifiutava di prendere parte alle lezioni di educazione fisica: non amava correre. E il preside la espulse dalla scuola. “Tornerai in classe – decretò l’inflessibile direttore – solo se accetterai di fare ginnastica e soprattutto di partecipare alle gare di corsa”.
Era il 2011, Letensebet aveva 13 anni, stava finendo le medie nel villaggio natale Endameskel, nella regione del Tigray, al confine con Sudan ed Eritrea, dove c’è una guerra spietata tra l’esercito federale etiope e le forze locali del TPLF (Fronte di Liberazione del Tigray).
Gidey, quartogenita di una famiglia di agricoltori con due fratelli e una sorella, per amore dell’istruzione e della cultura (che conserva ancora), chinò la testa. La ragazzina testarda tornò dal preside con i genitori e con la coda fra le gambe, quelle gambe che dal 2011 presero a mulinare, a coprire chilometri e chilometri fino a diventare la regina del mezzofondo: primatista mondiale dei 5.000, dei 10.000 e della mezza maratona. E il 16 luglio, a Eugene, in un avvincente finale, ha conquistato il suo primo titolo mondiale dopo l’argento a Doha 2019.
Lo ha fatto in 30’09”94, il tempo più veloce in terra yankee. Ha preceduto le keniane Hellen Obiri, 32 anni, e Margaret Chelimo Kipkemboi, 29 anni, oltre – nientemeno – la campionessa mondiale 2019 e olimpica, l’olandese (naturalizzata), di origini etiopiche.
La sua impresa è ancor più mirabile se si pensa che per tutto il 2020 è stata impossibilitata a lasciare il suo Paese. Sia per la pandemia da Covid 19 sia per la situazione bellica: attesa a Valencia per una mezza maratona a dicembre, da novembre si erano perse le tracce. E il mondo sportivo era entrato in ansia per lei.
Finalmente nel 2021 è rientrata nella normalità e sabato scorso ha ribadito la superiorità etiope nel mezzofondo. E nel fondo. Dominando le due maratone. Il giorno dopo, il 17 luglio, il connazionale Tamirat Tola, (31 anni il prossimo 11 agosto) ha sbaragliato gli avversari nella grande distanza. E 24 ore dopo la connazionale Gotytom Gebreslase lo ha imitato nella disfida femminile.
Al 34° km, ovvero a 8 chilometri dallo striscione d’arrivo, Tamirat Tola ha salutato tutti, ha sciolto le briglie e si è involato solitario con il notevole crono di 2h05:36, record di questi mondiali. Un cavallo, più che un uomo… Ha distaccato di oltre un minuto il vicecampione nel 2019, Mosinet Geremew, 30 anni, pure lui dell’Etiopia, Paese che ha così segnato una splendente doppietta. Oro e argento!
Tola, già medaglia d’argento nel 2017 a Londra, si è lasciato alle spalle i kenyani e soprattutto Geoffrey Kamworor, 29, due volte re alla maratona di New York, giunto soltanto quinto. Tola è tanto forte quanto riservato sulla sua vita privata: anche nel sito Worldathletics, la Bibbia del settore, non esiste la voce biografia.
Una riservatezza da lui voluta, non come quella voluta da altri, che circonda la nuova campionessa della competizione femminile: Gotytom Gebreslase, 27 anni, etiope pure lei, incoronata ieri regina della “gara regina” del programma su strada.
Dopo 10 anni, Gotytom riporta il titolo ad Addis Abeba. Con un tempo strepitoso: 2h18’11” a soli 70 secondi dal primato mondiale. A meno di 2 chilometri dalla conclusione ha detto ”ciao ciao, ci vediamo dopo lo striscione”, a JudithJeptum Korir, 26 anni, di Kapsait della contea Elgeyo Marakwet (Kenya) con la quale per molti chilometri ha gareggiato spalla a spalla.
Terza è giunta una (si fa per dire) israeliana, Lonah Korlima Chemtai maritata Salpeter, nata 33 anni fa in Kenya. Una baby sitter diventata maratoneta: arrivò in Israele nel 2008, come bambinaia dei tre figli di un diplomatico keniano. In Kenya correva, scalza, In Israele trovò il futuro marito e allenatore, Dan Salpeter. E tante paia di scarpe! La Gebreslase non partiva favorita nella sfida alla fortissima Korir, avendo esordito nella maratona solo nel settembre scorso, quando alzò le braccia al cielo nella Porta di Brandeburgo alla maratona di Berlino.
E’ una delle atlete più veloci del pianeta “eppure di lei si sa pochissimo perché le runners femminili vengono discriminate – ha accusato tempo fa Alison Wade, ex ginnasta americana, studiosa del Bowdoin College (Bronswick, Maine), che nel suo sito FastWomen dal 1999 si batte in difesa delle donne che corrono – Le atlete spesso hanno umili origini, non parlano inglese e non vengono esaltate e fatte conoscere adeguatamente. Di esse quasi mai conosciamo il loro background”.
Gotytom, in effetti, è una figura eccezionale, ma non celebrata come meriterebbe. Nata anch’essa nel Tigray da una povera famiglia contadina, è stata sempre supportata dai genitori e dalla sorella, con i quali vive in una modesta casa a Kotobe, un sobborgo di Addis Abeba. Con il successo a Berlino, ha guadagnato un po’ di soldi che le consentiranno di acquistare un appartamento più grande e confortevole. La sua fortuna è stata aver incontrato Haji Adilo Roba, 52 anni, etiope, ex maratona divenuto uno dei più preparati coach in materia. Hadilo ha scoperto e valorizzato il talento straordinario della giovane.
Agli squilli, allo strapotere dell’Etiopia nei primi giorni di questi Mondiali di atletica, ha risposto in modo stupefacente, ma non a sorpresa, l’Uganda: Joshua Kiprui Cheptegei, 26 anni, ha stravinto la finale dei 10 mila metri e ha fatto il bis dopo l’oro conquistato a Doha del 2019. Alle spalle di Cheptegei, poliziotto laureato in lingue, (https://www.africa-express.info/2020/08/17/notte-di-ferragosto-da-campione-per-poliziotto-corridore-ugandese-batte-record-sui-5mila-metri/), secondo di 9 figli, nato e cresciuto nel distretto orientale di Kapchorwa, si è piazzato il kenyano Stanley Waithaka Mburu, 22 anni, mentre la medaglia di bronzo è andata al collo di un altro ugandese, Jacob Kiplimo, di appena 21 anni.
Ma si sa l’appetito vien correndo: Chepetegei ora mira a fare la doppietta anche sui 5 mila metri, dominati alle Olimpiadi di Tokio lo scorso anno.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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