Cornelia I. Toelgyes
12 luglio 2022
Eletto da poco meno di due mesi fa, il presidente somalo, Hassan Sheikh Mohamud (già capo di Stato dal 2012 al 2017), si è già recato tre volte all’estero per cercare aiuti e sostegno per il suo Paese.
In questi giorni Mohamud è in Eritrea per rafforzare i legami nella regione. Ad Asmara è stato accolto calorosamente dal dittatore Isaias Aferwerki, che il 5 settembre 2018 aveva siglato un accordo con Farmajo, il precedente presidente della Somalia, e Abiy Ahmed, primo ministro etiopico.
Un trattato volto a costruire stretti legami politici, economici, sociali, culturali e di sicurezza per promuovere pace e stabilità nel Corno d’Africa. Nell’accordo è menzionato anche l’istituzione di un Comitato congiunto per coordinarne l’attuazione del programma.
In virtù del documento siglato a Asmara il nel 2018, l’anno seguente sono poi stati inviati migliaia di soldati somali per essere addestrati in Eritrea.
Dettagli del fascicolo non sono stati resi pubblici, anzi il governo somalo e quello eritreo hanno persino negato più volte la presenza di militari di Mogadiscio in Eritrea.
Ancora oggi non è chiaro quanti soldati somali siano stati inviati realmente nella nostra ex colonia sul Mar Rosso (pare tra 5 e 7 mila) e non è dato sapere quanti siano morti nella guerra in Tigray, dove, secondo molte fonti, avrebbero combattuto insieme agli uomini di Isaias accanto alle forze etiopiche.
Domenica scorsa Mohamoud ha finalmente incontrato migliaia di soldati somali, schierati sull’attenti in un campo militare eritreo. Negli ultimi anni le loro famiglie si sono preoccupate sulla sorte dei propri congiunti, al punto da aver messo persino in grande imbarazzo l’ex presidente Farmajo con ripetute richieste di informazioni sulla sorte dei figli. Nessuno sapeva dove si trovassero e che fine avessero fatto.
I giovani soldati somali hanno sfilato davanti alle telecamere di Eri-TV, l’emittente televisiva del regime eritreo, e hanno visto il loro nuovo presidente in compagnia del suo omologo eritreo Issayas Afewerki insieme ai più stretti consiglieri.
Mohamoud ha parlato con i suoi uomini, complimentandosi per aver “completato l’addestramento”, lasciando intendere che sarebbero presto tornati a casa, come richiesto dalle loro famiglie.
Rashid Abdi, un analista somalo, ha sottolineato che non è chiaro quali mansioni abbiano svolto i giovani in questi ultimi anni. L’unità sarebbe stata istituita nell’ambito dell’accordo di sicurezza tra Etiopia, Somalia ed Eritrea.
Alcuni familiari dei militari somali sostengono che siano stati maltrattati, altri sarebbero morti. L’esperto ha commentato infine ai reporter di Radio France Internationale: “Nessun addestramento militare dura tre anni, che cosa è successo realmente?”
Il servizio dell’emittente ERI-TV non ha dato risposte ai molti quesiti che restano tutt’ora aperti. Non è stato fatto alcun cenno alla reale natura dell’addestramento militare, al motivo per cui i governi somalo, eritreo ed etiope hanno tenuto segreto l’addestramento fino a poco tempo fa, ma riportato dai media internazionali e anche da Africa ExPress e del ruolo dei soldati somali nel conflitto del Tigray.
Durante la sua permanenza in Eritrea, il presidente somalo è andato anche a Massaua, sul Mar Rosso. In presenza del dittatore eritreo, ha fatto visita ai soldati somali impegnati in addestramenti navali. In teoria, ma non è chiaro, per combattere la pirateria sulle coste somale.
Infine, i due leader hanno siglato proprio oggi un nuovo Memorandum of Understanding, volto a rafforzare l’amicizia e la collaborazione tra Somalia e Eritrea. Nel punto 6 del documento si specifica l’esplicita volontà di voler migliorare la cooperazione per quanto riguardano difesa e sicurezza per salvaguardare la stabilità e la pace.
A giugno il nuovo presidente era già partito alla volta di degli Emirati Arabi Uniti, dietro invito del suo omologo Mohammed Bin Zayed. Durante i colloqui i due leader hanno discusso di vari argomenti, tra questi la cooperazione commerciale e la sicurezza.
Le autorità di Abu Dhabi hanno anche promesso di sostenere Mogadiscio per quanto riguarda il gravissimo problema della siccità, che ha costretto decine di migliaia di persone di lasciare le proprie case.
Gli Emirati non escludono una prossima riapertura del loro ospedale nella capitale somala, chiuso nel 2018 in seguito a divergenze con il predecessore dell’attuale presidente, Mohammed Abdullahi Mohammed detto “Farmajo”.
E’ inoltre prevista la ripresa della collaborazione militare, in particolare l’addestramento delle forze di sicurezza somale.
Malgrado tutte le precauzioni adottate, il capo di Stato, una volta ritornato a Mogadisco, è risultato positivo al covid-19. Poi è ripartito la settimana scorsa alla vota di Ankara, per incontrare l’amico storico della Somalia, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, sempre in prima linea per sostenere il Paese del Corno d’Africa, dove la peggiore siccità degli ultimi 40 anni sta mettendo in ginocchio gran parte della popolazione.
Giorni fa anche l’Unione Europea ha lanciato un ponte aereo per il trasporto di generi alimentari e equipaggiamento medico nelle regioni di Baidoa, Luuq e Wajid. In tale occasione l’UE ha pure annunciato un aiuto finanziario di 140 milioni di euro per i partner internazionali attivi sul campo.
Erdogan ha accolto il suo omologo con tutti gli onori, è stato steso persino un tappeto azzurro, i colori della Somalia, all’entrata del palazzo presidenziale.
Il capo di Stato del Paese del Corno d’Africa ha incontrato anche i seimila militari somali che attualmente si trovano in Turchia per uno speciale addestramento.
Il presidente turco ha promesso di voler intercedere a livello diplomatico per tentare di convincere Mosca a liberare il grano ucraino destinato all’Africa.
Sta di fatto che Erdogan è un vecchio alleato del presidente somalo Hassan Sheikh Mohamoud. E non è un segreto che la Turchia sia presente da anni in Somalia, dove ha già investito oltre un miliardo du dillari per lo sviluppo.
Cornelia I. Toelgyes
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