Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
9 luglio 2022
José Edoardo dos Santos, presidente dell’Angola dal 1979 al 2017, è morto ieri nella prestigiosa clinica privata Teknon di Barcellona. Aveva 79 anni.
Malato da tempo di cancro, le condizioni dell’ex presidente sono peggiorate il 23 giugno dopo un arresto cardiaco. Da allora era ricoverato nel reparto cure intensive della più esclusiva clinica della Spagna.
Capo di Stato e leader del Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola per quasi quattro decenni, dos Santos ha governato il Paese con il pugno di ferro, appropriandosi dei proventi del petrolio per il suo clan, prima di essere costretto all’esilio.
Nasce poverissimo
Josè Edoardo nasce nel 1942 in un quartiere povero di Luanda. Sa cosa significa la repressione, la miseria: si iscrive ancora giovanissimo all’ MPLA (Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola) e nel 1956 il governo coloniale portoghese lo costringe all’esilio. Dapprima in Francia, poi in Congo e per ultimo si trasferisce in Russia, dove termina gli studi come ingegnere.
Torna nel suo Paese nel 1970 e, dopo l’indipendenza dal Portogallo, nel 1975 diventa ministro degli Esteri. Una volta morto Agostinho Neto, suo mentore e primo capo di Stato dell’Angola, dos Santos viene scelto come presidente, incarico che ha ricoperto fino al 2017, quando ha ceduto lo scranno al suo delfino e ex ministro della Difesa, Joao Lorenço.
Promesse mancate
Dos Santos aveva fatto tante promesse al suo popolo che, certo, gli aveva creduto; lui era uno di loro, aveva sofferto insieme a loro durante il periodo coloniale, aveva combattuto per la libertà. Per poi trasformarsi in cleptocrate e feroce dittatore, una volta che il Paese è diventato uno dei maggiori produttori di petrolio del continente.
Durante la sua presidenza ha dirottato le ricchezze del Paese al clan Dos Santos e ai suoi amici più stretti, uomini d’affari, mentre la popolazione languiva nella miseria. Un angolano su due vive al di sotto della soglia di povertà.
Nel 2018 l’anziano presidente lascia anche la leadership dell’MPLA, consegnando le redini a Lorenço. Durante il suo ultimo discorso, pronunciato l’8 settembre 2018 prima di abbandonare definitivamente ogni incarico politico, ha detto: “Me ne vado a testa alta e cedo il testimone al compagno Lorenço”. E ha aggiunto: “Solo sbagliando si impara”, ammettendo così pubblicamente di aver commesso “errori” durante i quasi quarant’anni alla guida del suo Paese, senza però specificare quali.
“Errori” che conosce però molto bene il suo successore Lorenço, che ha definito il nepotismo e la corruzione perpetrati da dos Santos e dai suoi figli miliardari (indagati dai tribunali da quando ha lasciato il potere) come il nemico numero uno dell’Angola.
La figlia Isabel miliardaria
Nel 2016 dos Santos nomina la primogenita Isabel (che dos Santos avuto dalla prima moglie Tatiana Kukanova, campionessa di scacchi russa, originaria dell’Azerbaigian) a capo delle compagnia statale del petrolio, Sonangol, mentre nel 2013 affida la presidenza del fondo statale petrolifero al secondogenito José Filomeno, incarichi revocati dal nuovo presidente.
Dal suo esilio a Barcellona, l’anziano ex leader angolano ha continuato a lottare per il suo clan, contro la crociata anticorruzione del suo successore nei confronti dei figli. Lorenço “si accanisce” in particolare contro la primogenita Isabel (il suo patrimonio è stimato in almeno tre miliardi di dollari), e José Filomeno, già condannato da un tribunale di Luanda per appropriazione indebita e altro. Anche la magistratura portoghese ha poi aperto un’indagine sulla miliardaria Isabel per riciclaggio di denaro.
L’ex presidente se ne va senza aver mai provato la sua innocenza dalle accuse di corruzione e appropriazione indebita di beni statali a beneficio del suo clan. Lascia dieci figli – avuti da cinque mogli diverse – e un patrimonio incalcolabile, che comprende partecipazioni in grandi aziende internazionali, attraverso paradisi fiscali e conti in tutto il mondo, soprattutto in Svizzera. Il suo ricchissimo Paese, invece, è ancora stremato dagli scandali e oltre il 70 per cento dei suoi connazionali vive con meno di 2 dollari al giorno.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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