Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
30 giugno 2022
Violenze e massacri dei mercenari della compagnia russa Wagner in Sudan. Poco meno di una settimana fa, l’ordine degli avvocati del Darfur ha accusato i contractor di aver ucciso un gruppo di minatori artigianali nella località di Um Dafuq.
Con un ampia documentazione, corredata anche da fotografie, l’associazione degli avvocati conferma di aver individuato i contractor russi mentre bivaccavano nei bar e passeggiavano nelle strade di Um Dafuq. La loro presenza era stata registrata nella regione già oltre un anno fa.
I miliziani sono stati visti anche nelle vallate del Sud Darfur al confine con la Repubblica Centrafricana e l’ordine degli avvocati ha anche raccolto testimonianze di familiari dei lavoratori uccisi.
Il governo militare al potere in Sudan continua a negare la presenza dei mercenari russi nel Paese, ma la faccenda non è altro che un segreto di pulcinella: i soldati di ventura sono arrivati già ai tempi dell’ex dittatore Omar al Bashir, Come Africa ExPress ha documentato più volte.
Non va dimenticato che il Sudan è ricco in giacimenti auriferi, eppure è una delle nazioni più povere al mondo. Per la maggior parte, l’oro viene estratto in miniere a conduzione artigianale che mette in grave pericolo i minatori. Basti pensare che a dicembre sono morte oltre 30 persone nel West-Kordofan, in Darfur, in un giacimento che ufficialmente risultava chiuso.
Gli uomini di Wagner hanno stretti rapporti con i paramilitari sudanesi del Rapid Support Forces(RSF), cioè quelli che una volta si chiamavano janjaweed, i diavoli a cavallo che terrorizzavano le popolazioni del Darfur. Ancora oggi il loro capo è il vicepresidente del Sudan, il tagliagole Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti.
I mercenari russi sono presenti anche a al-Ibediyya, un’area ricca di miniere d’oro, che dista poco più di 300 chilometri da Khartoum. In questa zona, una società sudanese, la Meroe Gold, è proprietaria di un impianto che trasforma cumuli e cumuli dell’ancora polveroso ma prezioso minerale, in lingotti d’oro semi-lavorati.
L’impianto industriale è sorvegliatissimo e la gestione è stata affidata a un russo, molto vicino a Wagner. La popolazione ritiene che lo straniero domini il business dell’oro in tutta la zona. Infatti i locali hanno soprannominato la Moroe Gold “la compagnia dei russi”.
Ovviamente il governo sudanese smentisce sistematicamente qualsiasi informazione ripresa dai media, evitando però di entrare nei dettagli. E proprio una decina di giorni fa il ministro delle Finanze di Khartoum, Jibril Ibrahim, ha dichiarato senza mezzi termini di non essere al corrente di nulla per quanto concerne la Moroe Gold.
L’esatto contrario di Dagalo, che non nega affatto i suoi ottimi rapporti con il Cremlino, ed è inoltre onnipresente nel settore aurifero.
Pochi giorni dopo l’invasione russa in Ucraina, Dagalo si è recato a Mosca, dove ha avuto colloqui con personaggi di spicco del governo di Vladimir Putin. Il vice-presidente sudanese è stato ricevuto dal ministro della Difesa, Alexander Fomin, dal vice-primo ministro Alexander Novak, nonché dal potente ministro degli Esteri, Sergej Viktorovič Lavrov.
Non va dimenticato che il capo delle RSF è da sempre attivo nel settore con l’azienda di famiglia, la Al Gunade, che si occupa dell’estrazione e del commercio dell’oro. Secondo documenti visti dalla ONG Global Witness, il Sudan esporta anche ogni anno 16 miliardi di dollari d’oro negli Emirati Arabi.
Secondo alcuni esperti, la visita del vice-presidente sudanese a Mosca è stata organizzata proprio dal gruppo Wagner che gli ha garantito i necessari appoggi per restare al potere. Un occasione per i russi che così possono continuare a saccheggiare le risorse del Paese.
Cornelia I. Toelgyes
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