KENYA

Business e salute: l’Italia vieta gli ospedali psichiatrici? Bene andiamo a costruirne uno in Kenya

Dal Nostro Corrispondente
Michael Backbone
Giugno 2022

I manicomi in Italia sono stati chiusi con la legge Basaglia del 1978 e quindi non si possono più costruire. Allora cosa fa una persona buona, generosa e caritatevole? Va in Kenya ad aprirne uno. E così fa il gruppo italiano San Donato (con forti legami con Comunione e Liberazione). Oltretutto la nuova struttura offre buone opportunità di business, il che non guasta, perché queste attività non sono solo altruiste e disinteressate.

Luigi di Maio, ministro degli Esteri italiano, a sinistra e Uhuru Kenyatta, presidente del Kenya

E così il 14 giugno scorso, il ministro degli Esteri Di Maio, è volato in Kenya (tappa del suo tour in quella parte del mondo) per assistere alla posa della prima pietra dell’ospedale psichiatrico Kenya International Mental Wellness Hospital, sito a Ngong, a una ventina di chilometri da Nairobi.

La struttura potrà accogliere oltre 1.000 pazienti, che saranno seguiti da altrettanto personale: tra medici e altri operatori sanitari si prevede l’assunzione di 1.100 persone

Oltre agli edifici per la cura, il centro sarà dotato di un’area per la didattica universitaria, una zona per le abitazioni del personale e un complesso sportivo.

La nuova struttura vorrebbe creare anche un polo di turismo medico per la comunità dell’Africa orientale, dove ospedali specializzati di questo genere non esistono.

Da parecchie fonti italiane, e non solo, sono state rivolte aperte critiche alla coerenza della presenza di un rappresentante dello Stato italiano ai massimi livelli per inaugurare un complesso per il trattamento delle malattie mentali della quale poco si sa, a parte i comunicati stampa lanciati per l’occasione.

In Italia, le strutture per le malattie psichiatriche sono regolamentate dal 1978 dalla legge Basaglia, precursore di una volontà di un trattamento più umano dei soggetti affetti da disturbi psichici. Siamo sicuri che in Kenya il trattamento dei pazienti sarà improntato alla tutela dei loro diritti e dei diritti umani in genere? Qualcuno ha avuto chiare e specifiche garanzie?

Prima della riforma dei servizi psichiatrici legata alla legge n. 180/1978, i manicomi erano spesso connotati come luoghi di contenimento sociale, dove l’intervento terapeutico e riabilitativo scontava frequentemente le limitazioni di un’impostazione clinica che si apriva poco ai contributi della psichiatria sociale, delle forme di supporto territoriale, delle potenzialità delle strutture intermedie, e della diffusione della psicoterapia nei servizi pubblici.

La legge voleva anche essere un modo per modernizzare l’impostazione clinica dell’assistenza psichiatrica, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati anche da strutture territoriali. (Fonte: Wikipedia)

Il merito di tali osservazioni potrebbe imputarsi a una possibile scarsa considerazione keniota del paziente affetto da disturbi della mente, affastellando in un unico fascio dei banali stereotipi, decidendo di primo acchito e dalla tastiera del proprio PC in salotto che una tale opera in questo Paese non potrà assolvere a un principio al quale i nostri rappresentanti in presenza nel Kenya avrebbero dovuto ispirarsi, la legge Basaglia approvata ben 44 anni fa.

Al contrario, l’utilizzo della parola “manicomio” sembra sia il leitmotiv della polemica, anche se questo termine si traduce in inglese con un’allocuzione più gentile (“mental hospital”) né tantomeno è stata menzionata negli annunci che hanno accompagnato l’inaugurazione visto che si parlava di “mental health”.

Effettuare un parallelo su come eravamo quasi una generazione addietro, come siamo diventati adesso e come sono i Kenioti oggi, sembrerebbe un esercizio di scarsa sensibilità: forse l’unico rilievo che si potrebbe imputare ai nostri rappresentanti presenti all’inaugurazione sarebbe quello di una scarsa coerenza istituzionale, ma Di Maio nasceva sette anni dopo la legge Basaglia, nel 1985.

L’interesse semmai sarebbe da portare alle organizzazioni che hanno proposto il progetto perché se il Gruppo San Donato emerge come uno dei più importanti operatori medicali e sanitari in Italia e (forse) adesso anche all’estero, permane una certa perplessità riguardo alle società componenti la cordata.

Presente a Ngong per l’inaugurazione con il ministro Di Maio e il nostro ambasciatore Alberto Pieri, c’era lo stesso Gruppo San Donato, rappresentato dal vice presidente Paolo Rotelli. Alla posa della prima pietra c’era anche un altro vice presidente del gruppo, Kamel Ghribi, uomo d’affari tunisino, proprietario della società GKSD Investment Holdings, una sorta di Joint Venture con il gruppo San Donato (da cui l’acronimo GKSD) e attiva in molteplici attività come sanità, edilizia, ingegneria, servizi professionali.

Insomma l’investimento in Kenya è stato dettato da intenzioni umanitarie da “buon samaritano” o piuttosto dalla prospettiva di far business, per esempio attivando finanziamenti dalla cooperazione italiana che poi finirebbero nelle casse del Gruppo San Donato?

Le realizzazioni della GKSD sono solo due, l’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano e proprio il Kenya International Mental Wellness Hospital, e, tra l’altro, l’abbraccio tra il Presidente Kenyatta e Ghribi in occasione della visita alla Statehouse a Nairobi nel maggio scorso, in presenza del nostro Ambasciatore, era tutt’altro che protocollare.

Auguriamo il meglio al Gruppo San Donato e al suo partner GKSD. Ma forse sarebbe il caso, invece di guardare alla possibile pagliuzza di coerenza non percepita dal nostro rappresentante di governo, sarebbe piuttosto meglio assicurarsi che il progetto vinto in Kenya dal consorzio lo sia stato secondo le regole della buona e sana amministrazione: abbiamo già visto in un passato non troppo lontano delle storie di orrore come quella della Cooperativa Muratori e Cementieri (CMC) di Ravenna, per cui pende sulla testa dell’Amministratore Delegato Porcelli un mandato di cattura per truffa per una serie di dighe, mai portate a termine. Proprio in Kenya.

Michael Backbone
michael.backbone@gmail.com
@africexp

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Redazione Africa ExPress

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  • Articolo

    La favola dello squilibrio chimico, recentemente smontata da uno studio dell’Università di Londra, impone una riflessione: era dell’unica bufala sugli antidepressivi?

    Il 13 agosto, il CCDU ha reso noti gli ultimi dati sugli avvisi pubblicati da varie agenzie di farmacovigilanza riguardo alcuni farmaci psicotropi: aumento del 34% degli avvisi riguardo possibili effetti collaterali come lo scatenarsi di atti di violenza, e 27% di aumento di segnalazione di autolesionismo e suicidio dal giugno 2017. Questi dati inducono a chiedersi se l’industria psichiatrica-farmaceutica non abbia mentito per trent’anni sul legame tra farmaci psicotropi e lo scatenarsi di violenza e suicidi, allo stesso modo in cui ha ingannato i pazienti facendo loro credere che i disturbi mentali fossero causati da uno squilibrio chimico nel cervello, da correggere con un farmaco.

    Ricercatori dell’Università di Londra hanno recentemente sbugiardato l’idea che un’anomalia chimica cerebrale sia la causa delle depressione,[1] ma l’industria ha usato questa idea sin dagli anni 90, negando allo stesso tempo che I farmaci raccomandati per “curare” questo squilibrio possano causare comportamenti violenti e suicidari.

    Gli avvisi ufficiali cui facciamo riferimento sono stati pubblicati da varie agenzie governative di controllo, come l’EMA, la FDA e le loro controparti australiane, canadesi, danesi, neozelandesi e britanniche, e non si limitano a citare violenza e suicidi: dal giugno 2017 sono aumentati del 112% gli avvisi di cautela sui possibili effetti di astienza e assuefazione di alcuni farmaci psicotropi, del 32% quelli relativi all’insorgere di problemi emotivi, e del 19% quelli relativi all’aumento del rischi di decesso.

    Nel 1991 l’agenzia statunitense di farmacovigilanza FDA convocò una commissione d’inchiesta per valutare l’esistenza di un legame tra antidepressivi e violenza. Tutti i membri della Commissione avevano forti conflitti d’interesse con l’industria farmaceutica, e riuscirono a negare l’esistenza di questo legame. Nel corso delle udienze sostennero la teoria dello “squilibrio chimico nel cervello” [2] criticando il CCDU per averlo negato, “fuorviando la gente circa la natura chimica di questi disturbi”. In realtà, psichiatri e queste associazioni finanziate dall’industria farmaceutica stavano presentando una teoria interamente inventata, priva di un pur minimo fondamento scientifico.

    Dopo quattordici anni arrivò la prima conferma: nel 2005 Steven Sharfstein, presidente dell’APA (Associazione Psichiatrica Americana), ammise che non c’era alcun test di laboratorio che potesse scoprire o confermare l’esistenza di uno squilibrio chimico nel cervello, ma ce ne vollero altri 17 prima che uno studio dirompente dell’Università di Londra, pubblicato su Molecular Psychiatry, stabilisse una volta per tutte “è giunta l’ora di informare il pubblico che questa teoria non è basata su alcuna evidenza scientifica.” [3]

    In realtà i tempi erano già maturi nel 1991 se, durante le udienze della Commissione, la FDA si fosse degnata di dare retta ai numerosi testimoni che CCDU aveva presentato – persone che raccontavano la loro esperienza con questi farmaci. Uno di loro testimoniò: “Lo psichiatra, pur non proponendo alcun test per misurarlo, dichiarò che avevo uno squilibrio chimico. Gli psichiatri abusano di questo concetto per attivare le porte girevoli della psichiatria – in cui continui a entrare e uscire, fino a che non ne esci più.” Un altro riferì: “Volevo gettarmi sotto i camion ribaltabili della ditta. Fantasticavo di bere diserbanti, gettarmi sulle linee elettriche dell’alta tensione, attraversare di corsa il poligono di tiro della polizia durante le esercitazioni …”. Le testimonianze parlavano anche dei terribili effetti da astinenza da Prozac – un altro effetto avverso che l’industria psicofarmaceutica allora negava.

    La testimonianza resa da esperti concordava con i rischi di violenza. Martin Teicher, ricercatore in un istituto affiliato alla Facoltà di Medicina dell’Università di Harvard, riferiva di sei pazienti che avevano sviluppato pensieri suicidi intensi e ossessivi dopo avere assunto Prozac. Due di loro provarono per la prima volta desiderio di acquistare una pistola, mentre un altro fantasticava di uccidersi in un’esplosione o in un incidente d’auto. Teicher sostenne che lo studio era rilevante perché il tipo di comportamento suicidario ossessivo che lui aveva notato nei suoi pazienti “non assomigliava in alcun modo a ciò che essi avessero mai sperimentato né prima né dopo avere assunto Prozac – sembrava davvero qualcosa che non c’entrasse col loro consueto modello comportamentale”.[4]

    Gli psichiatri dissero alla commissione d’inchiesta che la modifica del bugiardino avrebbe minato la fiducia del pubblico verso gli psicofarmaci, e la commissione votò all’unanimità che gli antidepressivi non causano suicido né comportamento violento. Uno dei membri di questa commissione, il dott Jeffrey Lieberman, aveva legami finanziari con almeno una dozzina di società farmaceutiche: fu presidente dell’Associazione Psichiatrica Americana tra il 2013 e il 2014, mentre nel 2022 è stato rimosso dalla carica di professore universitario in seguito a commenti razzisti e borderline eugenetici riguardo il colore della pelle di Nyakim Gatwech, modella di origini etiopi definita dallo psichiatra “uno scherzo della natura”.[5]

    Lieberman testimoniò davanti la commissione che “non esiste alcuna evidenza credibile riguardo l’associazione tra suicidio e antidepressivi in generale, e in particolare quelli basati su fluoxetina.” Lo stesso Lieberman si fece promotore dello squilibrio chimico [6] e di altre teorie prive di evidenza scientifica come l’origine genetica delle malattie mentali [7] o l’idea che “il cervello sia la sede dello spirito umano”. [8]

    Occorsero altri 13 anni di battaglie prima che il CCDU riuscisse a obbligare la FDA ad apporre l’avviso sul rischio suicidio, originariamente introdotto per giovani fino ai 18 anni di età, e poi esteso a 24 anni.

    L’opuscolo informativo del CCDU

    Il CCDU ha pubblicato sul proprio sito web un opuscolo di una sessantina di pagine sul legame tra psicofarmaci e violenza (disponibile qui: https://www.ccdu.org/sites/default/files/media/docs/Farmaci_psichiatrici_Possono-creare-violenza-e-suicidio_VersioneWeb.pdf )

    Il diritto di rifiutarsi

    A causa dell’alto rischi di effetti da astinenza, l’assunzione di questi farmaci non dovrebbe essere interrotta in maniera improvvisa. Lo scalaggio, per chi lo desiderasse, deve essere fatto sotto supervisione medica. Il sito del CCDU contiene un elenco di professionisti in grado di aiutare: https://www.ccdu.org/centri-e-professionisti

    Nel giugno del 2021 l’Organizzazione Mondiale della Salute ha pubblicato le sue “Linee guida per le comunità di salute mentale per un approccio rispettoso dei diritti e centrato sulla persona”. Il documento raccomanda che i paesi aderenti debbano assicurare l’uso del consenso informato e rispettare il diritto al rifiuto delle cure, e specifica che “Le persone desiderose d’interrompere l’assunzione di farmaci psicotropi dovrebbero essere aiutate a farlo.” [9]

    Il CCDU chiede che questi diritti vengano immediatamente implementati e invita le vittime di abuso ad intraprendere azione legale.

    Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus

    http://www.ccdu.org

    (*) SSRI = Selective Serotonine Ri-uptake Inhibitors – Inibitori Selettivi della Ricaptazione di Serotonina

    References:

    [1] Joanna Moncrieff, Ruth E. Cooper, Tom Stockmann, Simone Amendola, Michael P. Hengartner and Mark A. Horowitz, “The serotonin theory of depression: a systematic umbrella review of the evidence,” Molecular Psychiatry, 20 July 2022, https://www.nature.com/articles/s41380-022-01661-0

    [%5b2%5d][2] https://www.CCDUint.org/issues/psycho-pharmaceutical-front-groups/dbsa/

    [3] Andrew Gregory, “Little evidence that chemical imbalance causes depression, UCL scientists find,” The Guardian, 20 July 2022, https://www.theguardian.com/society/2022/jul/20/scientists-question-widespread-use-of-antidepressants-after-survey-on-serotonin

    [4] “Is It Really The ‘Wonder Drug’ For Depression?” Washington Post, 28 Aug 1990, https://www.washingtonpost.com/archive/lifestyle/wellness/1990/08/28/is-it-really-the-wonder-drug-for-depression/a204d750-bef1-4276-9500-c3478facdb66/

    [%5b5%5d][5] https://www.CCDUint.org/2022/03/17/jeffrey-liebermans-topple-from-grace-over-racist-tweet-during-black-history-month-spurs-closer-scrutiny/

    [6] Phillip hickey, Ph.D., “Psychiatry DID Promote the Chemical Imbalance Theory,” MAD, 6 June 2014, https://www.madinamerica.com/2014/06/psychiatry-promote-chemical-imbalance-theory/

    [%5b7%5d][7] https://www.madinamerica.com/2016/03/comments-on-jeffrey-lieberman-and-ogi-ogas-wall-street-journal-article-on-the-genetics-of-psychiatric-disorders/

    [%5b8%5d][8] https://singjupost.com/imagine-there-was-no-stigma-to-mental-illness-dr-jeffrey-lieberman-transcript/

    [%5b9%5d][9] https://www.CCDUint.org/2021/06/11/world-health-organization-new-guidelines-are-vital-to-end-coercive-psychiatric-practices-abuse/, citing: “Guidance on Community Mental Health Services: Promoting Person-Centered and Rights-Based Approaches,” World Health Organization, 10 June 2021, pp. 6, 201, https://www.who.int/publications/i/item/9789240025707 (to download report)

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