Luciano Bertozzi
Giugno 2022
Nel 2021 c’è stato un preoccupante aumento delle esecuzioni e delle condanne a morte. È quanto afferma Amnesty International nel suo rapporto sulla pena di morte nel 2021.
Lo scorso anno, a livello mondiale, sono state eseguite almeno 579 pene capitali in 18 Paesi (+20 per cento rispetto al 2020).
Amnesty International: aumento esecuzioni capitali nel mondo nel 2021
Anche il numero delle condanne a morte è risalito: dalle 1.477 del 2020 alle 2.052 del 2021. A livello globale, tuttavia, non sono incluse le migliaia di esecuzioni che Amnesty International ritiene abbiano avuto luogo in Cina, dove i dati sulla pena di morte continuano a essere classificati come segreto di Stato
MEDIO ORIENTE E AFRICA SETTENTRIONALE
Il numero di persone giustiziate è aumentato: da 437 nel 2020 a 530 nel 2021 (+19 per cento rispetto al 2020). Il 60 percento tra queste sono state eseguite in Iran. Le sentenze capitali pronunciate dai tribunali sono cresciute: da 632 nel 2020 a 834 nel 2021 (+32 per cento). Amnesty International ha registrato esecuzioni in 7 Paesi della regione: Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Siria e Yemen.
L’Iran resta sempre ai vertici di questa poco lusinghiera classifica, con almeno 314 esecuzioni eseguite, rispetto ai 246 dell’anno precedente. Ciò rappresenta il più alto numero dal 2017, dovuto principalmente all’incremento per reati di droga, con evidente violazione del diritto internazionale che vieta l’uso della pena di morte per reati diversi dall’omicidio intenzionale.
Il boia ha ucciso per reati connessi agli stupefacenti cinque volte di più rispetto al 2020 (132 nel 2021, mentre nel 2020 erano 23). Le donne messe a morte sono state almeno 14 rispetto a 9 dell’anno precedente, mentre tre erano minorenni quando hanno commesso il reato.
Anche l’Arabia Saudita ha più che raddoppiato il dato del 2020, da 27 a 65 casi e il trend è in crescita, visto che nel mese di marzo di quest’anno, in un solo giorno, il boia ha lavorato ben 81 volte.
In Yemen i tribunali hanno quasi triplicato le sentenze capitali nei confronti dei ribelli huthi: da 5 nel 2020 sono passati a 14 nel 2021.
Le esecuzioni sono diminuite, invece, in Iraq da 45 a 17 (-62 per cento).
Le condanne a morte sono state inflitte in tutti i Paesi della regione, ad eccezione di Israele, che è abolizionista per i reati ordinari e del Bahrein. Rispetto al 2020 sono aumentate in Iraq (da 27 a 91) e in Libano (da una a 12), mentre sono diminuite in Yemen (269 nel 2020 e 298 nel 2021) e in Tunisia (da 8 a 3 ).
In Egitto nel 2021 il boia non è mai rimasto senza lavoro: almeno 83 persone sono state uccise per legge nel 2021, anche se rispetto al 2020 il numero è diminuito, quando le esecuzioni capitali sono state 107. Alcune sono state eseguite in gran segreto, tenendo all’oscuro i familiari, negandogli persino l’ultima visita, infrangendo così anche la legge. Inoltre, nel 2021 i tribunali egiziani hanno emesso almeno 356 sentenze di condanne a morte, rispetto alle 264 dell’anno precedente (+34 per cento). Secondo Amnesty Il Cairo conquista così la vetta nella classifica mondiale.
Il 9 maggio le autorità egiziane hanno giustiziato in segreto il monaco Wael Tawadros, noto come padre Isaiah, la cui confessione è stata estorta sotto tortura. Nell’aprile 2019 era stato condannato per l’uccisione del vescovo Anba Epiphanius. In Egitto anche lo stupro è punito con la pena capitale, così come in Arabia Saudita
E’ preoccupante anche il numero elevato di persone rinchiuse nel braccio della morte, in attesa per anni dell’esecuzione, spesso con pesantissime conseguenze. Può succedere che la condanna venga commutata in una pena più lieve, o addirittura nel rilascio. C’è comunque il reale rischio che questi detenuti vengano lasciati marciare nelle prigioni. Vite sospese, visto che la pena capitale, pur ancora in vigore, non viene applicata di fatto. In tale situazione si trovano ben 8.000 condannati in Iraq, 1.000 in Algeria e 215 nello Stato di Palestina. Non sono accessibili i dati o è impossibile stimare un numero realistico per Arabia Saudita, Egitto ed Iran.
AFRICA SUBSAHARIANA E AUSTRALE
Il numero totale delle esecuzioni registrate è più che raddoppiato da 16 del 2020 a 33 dell’anno scorso, a causa dell’aumento in Somalia (almeno 21 rispetto ad almeno 11), Sud Sudan (almeno nove rispetto ad almeno due). Sono state state eseguite, come nel 2020, negli stessi tre Paesi – Botswana (3), Somalia (21) e Sudan del Sud (9). La maggior parte dei governi della regione che non ha ancora abolito la pena, ma di fatto il boia è rimasto disoccupato quasi ovunque.
Le condanne a morte sono aumentate complessivamente del 22 per cento a causa del notevole incremento nella Repubblica Democratica del Congo (almeno 81 nel 2021 rispetto a 20 dell’anno precedente); in Mauritania (60), in Nigeria 56 e in Mali 48, in Somalia 27, in Sierra Leone 23, in Kenya 14, 10 nel Sud Sudan e 7 in Ghana. Tuttavia va registrato un calo significativo in Zambia
Sono ancora tantissime le persone nel braccio della morte. Il numero più alto interessa la Nigeria, con 3.036 persone; seguono Kenya con 601; Tanzania con 480; Sud Sudan con 334; Zambia con 257; Camerun con 250 e Mauritania con 183.
LA PENA CAPITALE COME STRUMENTO DI REPRESSIONE
Nel 2021 la pena di morte è stata utilizzata da alcuni governi per reprimere le minoranze e i manifestanti. In Egitto le autorità hanno continuato a utilizzare torture ed esecuzioni di massa, al termine di processi iniqui, celebrati da tribunali di emergenza per la sicurezza dello Stato.
In Iran condanne a morte sono state inflitte in modo sproporzionato contro minoranze religiose con accuse vaghe quali “inimicizia contro Dio”. Almeno 61 esecuzioni hanno colpito la minoranza etnica dei baluci.
Amnesty cita, per fare un esempio, l’Arabia Saudita, dove Mustafa al-Darwish, un minorenne sciita, è accusato di aver partecipato a violente proteste antigovernative. Il ragazzo è stato ucciso il 15 giugno 2021, dopo un processo irregolare, basato su una “confessione” estorta sotto tortura
PASSI AVANTI VERSO L’ABOLIZIONE GLOBALE
Nonostante questi dati inquietanti, permane una tendenza verso l’abolizione della pena di morte, in questo senso vi sono stati numerosi fatti nuovi.
La Repubblica Centrafricana ha abolito la pena di morte, così come la Sierra Leone. In Ghana i parlamentari hanno iniziato a discutere sull’abrogazione. In Gambia è stata rispettata la moratoria sulle esecuzioni.
“La minoranza degli Stati – ha concluso la Segretaria Generale di Amnesty International, Agnès Callamard – che ancora continua a utilizzare la pena di morte, deve ricordare che un mondo senza omicidi di Stato non solo è immaginabile ma è anche possibile e prevedibile; continueremo a perseguire questo obiettivo, denunciando arbitrarietà, discriminazione e crudeltà di questa pena, fino a quando anche una sola persona continuerà a subirla. È davvero giunto il momento di consegnare ai libri di storia questa punizione crudele, disumana e degradante”,
Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it
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