Teheran, 8 giugno 2022
Dopo una settimana frenetica, il Consiglio internazionale delle 35 nazioni dell’energia atomica dei Governatori (BoG) ha convocato una riunione che dovrebbe portare ad una possibile censura contro l’Iran, una mossa che potrebbe complicare ulteriormente la situazione dei colloqui sul nucleare iraniano, già bloccati a Vienna.
Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian per tutta risposta ha avvertito che per chiunque deliberi qualcosa contro l’Iran alla riunione del BoG, “ci saranno conseguenze di cui alcuni saranno ritenuti responsabili”. Ha lasciato intendere così che l’Iran potrebbe prendere misure di ritorsione, qualora il consiglio adotti una risoluzione sfavorevole.
E’ arrivata addirittura una sorta di minaccia: il direttore dell’Organizzazione Atomica Iraniana Fereydoun Abbasi infatti ha scandito con molta chiarezza che “nel caso il consiglio adottati una delibera l’Iran dovrebbe aumentare il suo arricchimento”.
Dall’ira funesta degli ayatollah sono escluse, ovviamente, Russia e Cina che faranno buon viso a cattivo gioco, mettendosi di traverso.
Per capire come si è arrivati a questo stallo, è necessario fare un passo indietro. Nelle scorse settimane, durante i negoziati, Israele ha accusato l’Iran di aver rubato documenti dall’AIEA per nascondere le prove dei suoi piani per costruire una bomba nucleare. Il primo ministro israeliano Naftali Bennett ha affermato senza tanti giri di parole: “L’Iran ha rubato documenti riservati… e ha usato quelle informazioni per eludere sistematicamente le sonde nucleari”.
Da qui la richiesta di chiarimenti all’Iran, ma secondo gli esperti dell’AIEA Teheran ancor oggi deve spiegare l’uranio rilevato in tre siti segreti dove pare siano state rinvenute tracce di attività nucleare: ed esattamente i siti di Marivan, Varamin e Turquzabad. In un rapporto della fine del mese scorso, l’IAEA ha affermato di avere ancora domande che “non sono state chiarite in merito a tracce di uranio arricchito precedentemente trovate in questi tre siti, dove Teheran non aveva dichiarato d’aver svolto attività nucleari”.
Da notare, che in una riunione a porte chiuse dei senatori americani in aprile era già stato lanciato l’avvertimento: “L’Iran potrebbe avere abbastanza materiale per costruire una bomba nucleare in poche settimane”. L’allerta era arrivata subito dopo che l’Iran aveva annunciato d’aver prodotto missili balistici in grado di percorrere 1.450 chilometri (simili al sistema americano Patriot, utilizzato dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti e da altri paesi del Medio Oriente).
In conclusione l’Iran ora detiene il più grande arsenale di missili balistici della regione. E pensare che i negoziati di Vienna tra Washington e Teheran per il nucleare sembravano essere vicini alla conclusione con gli Stati Uniti che avevano recentemente preannunciato una possibile riduzione delle sanzioni. Ma i funzionari repubblicani hanno affermato che l’Iran aveva precedentemente violato lo spirito dell’accordo diffondendo l’instabilità in tutto il Medio Oriente attraverso i suoi delegati e producendo sempre più missili balistici.
“Penso che l’unico accordo possibile sia quello negativo. Ed è quello che temo: che l’amministrazione voglia un accordo così tanto da accettarne uno davvero pericoloso”, ha detto il senatore della Florida Marco Rubio, il massimo esponente repubblicano del comitato di intelligence.
A frenare l’accordo è stato poi anche un punto assai critico dei negoziati: la richiesta di Teheran a Washington di rimuovere il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (il braccio ideologico dell’esercito iraniano) dall’elenco ufficiale dei gruppi terroristici.
L’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è rifiutata di farlo in vista delle difficili elezioni di medio termine di novembre.
Secondo l’ultimo rapporto dell’AIEA, la repubblica islamica ha ora circa 43,1 chilogrammi (95 libbre) di uranio arricchito al 60% di purezza, il livello più alto di sempre ad una brevissima distanza tecnica dai livelli di grado militare del 90% e di gran lunga superiori al limite del 3,67% dell’accordo nucleare. Anche le sue scorte di uranio arricchito continuano a crescere, fatto che preoccupa non poco gli esperti di proliferazione nucleare.
In questo inquietante contesto l’Iran potrebbe essere davvero vicina, più che mai, a possedere abbastanza materiale per un’arma atomica se scegliesse di fabbricarne una. In un recente rapporto, Kelsey Davenport (direttore della politica di non proliferazione presso la Arms Control Association con sede a Washington) ha avvertito che “Se arricchito al 90 percento, potrebbe permettere di creare una bomba in meno di 10 giorni. L’armamento richiederebbe ancora da uno a due anni, ma questo processo sarebbe più difficile da rilevare e interrompere, una volta che l’Iran avesse spostato l’uranio per armi dalle sue strutture di arricchimento dichiarate”.
L’Iran ha sempre negato di voler sviluppare un’arma nucleare, ma anche Rafael Mariano Grossi dell’International Atomic Energy ha osservato che “se l’Iran continua a sviluppare il suo programma basteranno poche settimane per ottenere abbastanza materiale necessario per un’arma nucleare”.
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