Ricompaiono nel Congo-K orientale i miliziani del M23 e ricominciano gli scontri (per ora) solo diplomatici con il Ruanda

Riesplodono le divergenze tra Kigali e Kinshasa, preoccupazione della comunità internazionale

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
3 giugno 2022

La tensione tra Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo è alle stelle da settimane. Se ne è persino discusso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite qualche giorno fa. Ora si auspica che il presidente ruandese, Paul Kagame, e il suo omologo congolese Félix Tshisekedi, si incontrino per un faccia a faccia grazie alla mediazione del capo di Stato angolano, João Lourenço.

Il presidente ruandese, Paul Kagame (a sinistra) con il suo omologo congolese, Felix Tsisikedi

Martedì scorso il ministro degli Esteri del Congo-K, Christophe Lutundula, ha parlato davanti al Consiglio di Sicurezza a New York, accusando il governo di Kigali di sostenere il gruppo ribelle M23.

Il ministro di Kinshasa ha sottolineato che la nuova crisi, iniziata alla fine di marzo con la ricomparsa dei miliziani M23, ha scatenato un nuovo peggioramento della situazione umanitaria nell’est della ex colonia belga. Dopo la ripresa dei combattimenti tra le forze armate congolesi (FARDC) e i ribelli, ben 11.000 residenti hanno cercato protezione nel vicino Uganda, altri 75.000 sono gli sfollati interni.

Anche Macky Sall, capo di Stato del Senegal, nonché presidente di turno dell’Unione Africana, è molto preoccupato dell’attuale crisi in atto tra Ruanda e Congo-K. Sall  ha chiesto ai due Paesi si sedersi al tavolo delle trattative per risolvere la questione in modo pacifico.

Dalla fine di maggio Kinshasa ha vietato agli aerei di Rwandair (compagnia di bandiera ruandese) di operare nel Congo-K.  E martedì scorso le autorità congolesi hanno convocato l’ambasciatore ruandese, Vincent Karega, accreditato nel Paese. In assenza del ministro degli Esteri, che si trovava a New York,  Ève Bazaiba, vice primo ministro e a capo del dicastero dell’Ambiente, ha ricevuto il diplomatico, e, secondo quanto prescrive il protocollo, gli ha comunicato ufficialmente quanto il suo governo disapprovi il sostegno delle autorità di Kigali al movimento M23.

Il governo di Kagame nega ovviamente qualsiasi coinvolgimento con i ribelli, mentre in Congo-K non cessano le manifestazioni contro il governo ruandese. Il 1° giugno, centinaia di persone hanno manifestato davanti all’ambasciata ruandese di Kinshasa, per chiedere alle autorità di interrompere le relazioni diplomatiche con il Paese e di espellere immediatamente il rappresentante diplomatico. Altre manifestazioni simili si sono svolte anche a Bukavu, nel Sud-Kivu.

Nel frattempo la popolazione congolese – in maggioranza cattolica – attende con impazienza la visita di Papa Bergoglio, che si recherà anche a Goma, capoluogo del Nord-Kivu, epicentro di violenze indescrivibili da parte di alcuni degli oltre 100 gruppi armati attivi nel Congo-K.

La CENCO (acronimo per Conferenza Episcopale Nazionale del Congo), ha espresso grande perplessità sul fatto che recenti scontri siano avvenuti poche settimane dopo il vertice di Nairobi, durante il quale i capi di Stato della regione dei Grandi Laghi e alcuni gruppi armati si sono impegnati per ristabilire la pace nella parte orientale del Congo-K. Ma in tale occasione, proprio dietro richiesta del governo di Kinshasa, M23 è stato escluso dai colloqui, che si sono svolti nella capitale del Kenya il 21 aprile scorso, insomma poco meno di un mese dopo dall’inizio della riapparizione dei ribelli appoggiati dal governo ruandese.

Anche in passato Kinshasa aveva regolarmente accusato Kigali di condurre incursioni nel proprio territorio e di sostenere gruppi armati presenti. Certo, le ricchezze del sottosuolo della ex colonia belga fanno gola a tutti e, nessuno escluso, vorrebbe ritagliare una fetta per sé.

A fine marzo sono stati arrestati due militari ruandesi in territorio congolese. Già allora è stato convocato l’ambasciatore di Kigali, che in tale occasione ha negato qualsiasi sostegno da parte del suo governo ai ribelli M23. Sembra che i due soldati saranno liberati nei prossimi giorni.

Nella ex colonia belga sono presenti anche truppe ugandesi per dare la caccia ai terroristi di ADF (Allied Democratic Forces), un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995, che recentemente si sono riattivati anche in Uganda. Tshisekedi, aveva dato la propria autorizzazione all’ esercito di Kampala ad entrare nel Paese.

Il 1° giugno 2022 l’operazione militare congiunta tra Uganda e Congo-K per stanare i miliziani dell’ADF è stata estesa; non è stato chiarito fino a quando. Secondo un alto ufficiale, la fine dell’operazione dipende dall’evoluzione della situazione sul campo e dalla volontà dei due capi di Stato.

L’M23 (acronimo per mars 23) prende il nome da un accordo di pace firmato dal governo del Congo-k e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009.

Gruppo di miliziani M23

Il gruppo tutsi aveva accusato il governo congolese di emarginare la minoranza etnica tutsi presente nel  Paese; voleva combattere una milizia a maggioranza hutu, l’ FDLR (Forces démocratiques pour la libération du Rwanda), presente nella ex colonia belga. https://www.africa-express.info/2019/09/19/ucciso-in-congo-k-il-capo-dei-ribelli-hutu-ruandesi-accusato-di-genocidio/

Con la firma di un accordo di pace siglato nel 2013 a Nairobi, l’M23 accetta lo scioglimento come gruppo armato e rinuncia alla violenza. Ora però i miliziani M23 si sono rifatti vivi, con la ripresa di scontri con l’esercito congolese; i ribelli hanno riconquistato posizioni strategiche nella provincia del Nord Kivu.

Ma perché si sono rifatti vivi proprio ora? Secondo Samba Cyuzuzo, corrispondente per la regione dei Grandi Laghi della BBC, vogliono un lavoro stabile in Congo e chiedono di essere arruolati nell’esercito, come promesso nell’accordo di pace.

I miliziani pretendono che il governo combatta gruppi ribelli stranieri che prendono di mira la comunità tutsi di lingua kinyarwanda (lingua parlata in Ruanda, e nei territori confinanti di Uganda e  Congo-K) presenti sul territorio congolese, in quanto vorrebbero riportare in patria i loro parenti, che vivono nei campi profughi in Ruanda e in Uganda.

L’M23 ha chiesto a Kinshasa l’applicazione dell’accordo di pace del 2013, ma il governo, che ormai li ha classificati come terroristi, escludendoli dai recenti colloqui di Nairobi dello scorso aprile.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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