Cornelia I. Toelgyes
31 maggio 2022
Era nell’aria da tempo, ora è ufficiale: il parlamento della Repubblica Centrafricana ha abolito definitivamente la pena di morte il 27 maggio scorso. Un atto pro forma, in quanto l’ultima esecuzione capitale risale al 1981.
La nuova legge, approvata per acclamazione dall’Assemblea nazionale, deve ora essere promulgata dal presidente Faustin Archange Touadéra.
Il Ciad ha abolito la pena capitale già nel 2020, mentre la Sierra Leone lo scorso anno, così pure il Malawi e altri ancora. Si spera che altri Paesi africani seguano questi esempio.
L’associazione Cristiani contro la Tortura (ACAT) ha accolto favorevolmente le misure adottate dal Parlamento centrafricano, ma resta perplessa e critica su un altro disegno di legge con il quale si vuole abolire il limite massimo dei mandati presidenziali. Finora la Costituzione ne prevede solamente due consecutivi.
In Centrafrica la cancellazione della pena di morta non cambierà la gravissima situazione del Paese, dove dal 2013 è in corso una cruenta guerra civile. Violenze e combattimenti tra gruppi ribelli e esercito nazionale, sostenuto da mercenari russi, sono continui.
A Vakaga, prefettura al centro-nord, al confine con il Ciad, da oltre una settimana i mercenari russi, a bordo di tre veicoli pesantemente armati, stanno seminando il panico tra la popolazione locale. I contractor di Mosca, per intimidire i residenti, sparano in aria, effettuano continue perquisizioni nelle case e ogni scusa è buona per rubare denaro, motociclette, cibo, bestiame e polli alla povera gente.
La popolazione è terrorizzata, ha paura degli irregolari bianchi, la gente ha capito che non sono nel Paese per difendere i civili dagli attacchi dei ribelli.
Secondo il quotidiano online Corbeau News Centrafrique (CNC), gli uomini di Wagner avrebbero fatto piazza pulita in diversi villaggi della prefettura, portandosi via anche decine e decine di sacchi di farina, zucchero e bidoni di olio da una grossa rivendita.
I residenti, non appena sentono arrivare i mercenari, scappano nelle foreste vicine, temono per le loro vite. Sono in tanti che si pentono di aver rieletto Faustin Archange Touadera per un secondo mandato nel dicembre 2020. “Le conseguenze si vedono oggi. Ci stanno massacrando, eppure si tratta della stessa popolazione che lo ha portato al potere poco più di un anno fa”, ha spiegato un residente ai reporter del quotidiano online centrafricano.
I russi sono sempre pronti a usare violenza e maltrattamenti verso la popolazione che per altro teme anche i ribelli. Il 21 maggio i mercenari non sono corsi in aiuto dell’esercito a Nzako, nella prefettura di Mbomou, nel sud-est del Paese. La loro base era stata attaccata dai miliziani del CPC (Coalition des patriotes pour le changement).
Quel giorno sono stati uccisi 11 soldati, un dodicesimo catturato dai ribelli. Un drappello è poi rimasto per giorni e giorni bloccato in un piccolo villaggio di montagna, senza potersi spostare, per paura di nuove aggressioni. I miliziani, poiché originari dell’area, conoscono ogni angolo di territorio. Nessuno poi è tornato nella base per recuperare il corpo del comandante, ucciso durante il combattimento: tutti – militari e mercenari – temono gli uomini del CPC.
All’inizio del mese l’ Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) ha lanciato un nuovo allarme: il 60 per cento della popolazione centrafricana (ossia 3 milioni di persone) necessita di aiuti. Nei prossimi mesi la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente a causa del conflitto in corso in Ucraina. Finora il prezzo del grano è aumentato del 36 per cento e rischia nuove impennate fino a un altro 30 per cento in più entro agosto.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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