Cornelia I. Toelgyes
16 maggio 2022
Torna alla ribalta la scottante questione della schiavitù in Mauritania – de iure abolita, de facto esiste ancora – dopo la visita nel Paese di Tomoya Obokata, il giapponese relatore speciale delle Nazioni Unite.
L’esperto si è congratulato con le autorità, perché in effetti sono stati fatti dei passi in avanti, ciononostante ha puntualizzato che resta ancora molta strada da fare. “E’ necessario – ha precisato Obokata – adottare quanto prima misure volte a accelerare l’attuazione delle leggi anti-schiavitù. Inoltre vanno affrontati anche gli ostacoli pratici, legali e sociali”.
Durante il suo soggiorno nel Paese, l’inviato dell’ONU ha constatato che rispetto a qualche anno fa, ora c’è più disponibilità e volontà di combattere la schiavitù e oggi si parla anche più apertamente del problema rispetto alla sua ultima visita nel 2014.
Sta di fatto che in Mauritania esiste ancora la piaga della schiavitù basata sulla casta e la servitù per debiti, nonostante sia stata abolita nel 1981. La ex colonia francese è stato l’ultimo Paese a cancellare tale asservimento.
La società mauritana è ancora suddivisa in caste. I “mauri” bianchi o “beydens”, di origini arabe-berbere, costituiscono la classe dominante, mentre gli haratines e gli afro-mauritani appartengono alla “classe inferiore” e non hanno quasi mai potuto occupare posti di prestigio nella società. Lo status di schiavo viene ancor oggi tramandato da madre in figlio. Gli schiavi non negano il loro status, così subiscono violente rappresaglie e difficilmente hanno accesso ai servizi essenziali.
Il Global Slavery Index nella sua ultima pubblicazione del 2018, stima che in Mauritania ci siano 90.000 persone ridotte in schiavitù. Non così secondo Biram Dah Abeid, leader del partito all’opposizione IRA, raggruppamento politico anti-schiavitù, che all’inizio dell’anno ha affermato che il numero è ben più elevato.
Di fatto non esistono statistiche ufficiali e i governi mauritani che si sono succeduti hanno sostenuto che le cifre pubblicate dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani sono esagerate.
Sin dal XI secolo, una delle forme maggiormente praticata nel Paese ancora oggi è il matrimonio coatto. Una tradizione talmente radicata nella cultura mauritana, che una prima legge emanata nel 2007, dietro forti pressioni della comunità internazionale, non ha per nulla intimorito gli schiavisti.
In seguito la schiavitù è stata abolita nuovamente il 12 agosto 2015 e la nuova legge ora la considera come un reato contro l’umanità. Con l’approvazione di questa norma, sono stati creati anche dei tribunali speciali, che, anche per mancanza di fondi, funzionano però poco e male.
Se non cambia la mentalità dei leader del Paese, difficilmente le leggi vigenti potranno essere applicate con determinazione. Ma ci sono forti interessi in gioco difficili da sradicare. E il ricercatore giapponese ha affermato: “In Mauritania la schiavitù esiste ancora, le persone ridotte a questo tipo di asservimento, in particolare donne e bambini, sono ancora oggi soggetti a violenze e abusi sessuali”.
Sempre secondo l’esperto dell’ONU, resta tutt’ora aperto anche il problema di molti minori, alcuni costretti all’accattonaggio, altri, invece, al lavoro forzato, pratiche comuni nel settore informale del Paese, e riguardano sia migranti che cittadini mauritani.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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