Africa ExPress
15 maggio 2022
Una nota ufficiale del 13 maggio, diramata da Ministero degli Affari Presidenziali degli Emirati Arabi Uniti, ha dato la notizia che il potente monarca 73enne, Khalifa Bin Zayed Al-Nahyan, “ha concluso la sua vita terrena”.
Tutte le prime pagine dei quotidiani UAE ieri erano listate a lutto con l’effige dello sceicco in copertina rigorosamente in B/N.
Figlio del fondatore
Figlio primogenito di Zayed, fondatore dello Stato, è stato il secondo Presidente degli Emirati Arabi Uniti dopo la morte del padre. Era in carica dal 2004 e ha regnato per 18 anni.
In tutti gli Emirati sarà osservato un periodo di 40 giorni di lutto nazionale con bandiere a mezz’asta e tre giorni di chiusura totale per ministeri, enti ufficiali a livello federale e locale, nonché per il settore privato.
Gravemente ammalato da tempo, era praticamente scomparso dalla scena pubblica da 7 anni quando era stato colpito da ischemia (era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico nel 2014 per un ictus). Da allora è stato visto molto raramente in occasioni ufficiali.
Solo due foto
Il quotidiano UAE Al Ittihad del 13 maggio, ha ritratto probabilmente l’ultimo atto dell’emiro di Abu Dhabi, Khalifa Bin Zayed Al-Nahyan. In questa occasione, Sua Altezza, Presidente dello Stato e Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, ha conferito al Luogotenente Generale Hamad Mohammed Thani Al Rumaithi la “Medaglia Militare Zayed bin Sultan Al Nahyan”, in segno di “apprezzamento e onore per la sua dedizione nel servire la nazione degli Emirati nel corso di quasi 50 anni di duro lavoro e fedele servizio”.
Ma sulle pagine del quotidiano lo sceicco era solo ritratto con due foto d’archivio (nella prima applaude e nell’altra è seduto). Non era infatti presente alla cerimonia e si è limitato ad inviare un suo messaggio augurale. In sua vece, a consegnare l’onorificenza era presente il fratellastro del monarca, Sua Altezza lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi e vice comandante supremo delle forze armate emiratine.
Ieri, subito dopo la morte dello sceicco Khalifa, i governatori dei sette Emirati si sono riuniti in conclave al Palazzo Al-Mushrif di Abu Dhabi e hanno deciso unanimemente di eleggere il nuovo Presidente della federazione, lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan: “Ci congratuliamo con lui e gli giuriamo fedeltà, anche il nostro popolo gli giura fedeltà. A Dio piacendo, guiderà tutto il Paese sui sentieri della gloria e dell’onore”, ha dichiarato su Twitter il sovrano di Dubai, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al-Maktoum.
Massaggi di cordoglio
In queste ore stanno giungendo messaggi di cordoglio da tutto il mondo arabo: Arabia Saudita, Kuwait, Sultanato di Oman, Qatar, Egitto Iraq, Turchia e tanti altri.
Tra i leader mondiali, anche il presidente americano Joe Biden ha inviato la sua partecipazione al lutto: “Jill (la first lady) e io siamo profondamente rattristati nell’apprendere della morte dello sceicco Khalifa bin Zayed al Nahyan. Durante il suo mandato decennale come presidente degli Emirati Arabi Uniti, Khalifa è stato un vero partner e amico degli Stati Uniti. A nome del popolo americano, porgo le mie condoglianze alla famiglia dello sceicco Khalifa e a tutti gli Emirati, mentre piangono per questa grande perdita. Onoreremo la sua memoria continuando a rafforzare i legami di lunga data tra i governi e i popoli degli Stati Uniti e degli Emirati Arabi Uniti”.
Anche il presidente russo, Vladimir Putin ha inviato un breve messaggio di cordoglio. Ha espresso dispiacere per la morte di Sheikh Khalifa, porgendo le sue condoglianze alla leadership, al governo e al popolo degli Emirati Arabi Uniti: “Khalifa è stato un pilastro nel rafforzamento relazioni amichevoli e nella cooperazione tra i nostri due Paesi” (Gulf News del 14 maggio). Tra i Paesi che hanno inviato messaggi di cordoglio c’è anche l’Iran (ne da notizia oggi il Tehran Times).
Leader potente
Lo statista deceduto è considerato uno dei più potenti leader del mondo arabo e degli esponenti più autorevoli del Medio Oriente. Per un decennio ha governato de facto Abu Dhabi, incontrando capi di Stato e ambasciatori. Ha preso poi tutte le decisioni essenziali per il Paese.
E’ salito alla ribalta negli ultimi anni guidando i conflitti armati degli Emirati Arabi Uniti in Libia e nella sanguinosa guerra in Yemen, ha sponsorizzato la campagna di boicottaggio contro il Qatar.
Uno schema da leadership più o meno analogo a quello dell’Arabia Saudita (principale alleato della coalizione araba nel conflitto yemenita). Infatti, l’anziano e claudicante re Salman Al Saud, reduce qualche giorno fa da un delicato intervento chirurgico, di fatto anche non governa più da anni, esercitando semplicemente una presenza più che altro simbolica.
E’ il figlio del monarca saudita, il principe Ereditario Mohammed Bin Salman che regge da tempo le sorti del Regno. Per cui, nell’immediato futuro, poco o nulla cambierà nella politica regionale ed estera degli Emirati Arabi Uniti.
Il defunto sceicco Khalifa Bin Zayed Al-Nahyan (imparentato anche con il ricco emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani) figurava nella top ten dei sovrani più ricchi del mondo (la rivista Forbes nel 2018 l’ha inserito nella lista delle persone più potenti del globo).
Contributo determinante
E’ stato certamente una delle personalità più influenti del pianeta, la potente Famiglia Al-Nahyan di fatto controlla buona parte dell’intero apparato statale e gestisce uno dei più grandi fondi sovrani (con un patrimonio dichiarato di oltre 900 miliardi di dollari).
Il suo contributo è stato indubbiamente determinante nella guida verso la trasformazione dell’emirato, portandolo alla ribalta internazionale.
Gli Emirati Arabi Uniti sono una confederazione di sette piccoli Stati, che hanno ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna e si sono riuniti 50 anni fa sotto la guida del suo fondatore e primo presidente, il defunto Sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan (padre di Khalifa Bin Zayed Al-Nahyan) monarca molto amato dal suo popolo, specie nel 2007 quando ordinò un’aumento di stipendio del 70% per i dipendenti del governo federale (il più alto aumento di stipendio nella storia del Paese).
Gli Emirati Arabi Uniti hanno attualmente uno dei tassi di prodotto interno lordo pro capite più alti al mondo. Da quando gli Emirati si sono uniti all’inizio degli anni ’70, Abu Dhabi – l’emirato più grande e ricco – ha guidato il Paese sotto la seconda presidenza dello sceicco Khalifa bin Zayed. Nell’arco di sole due generazioni, grazie soprattutto al petrolio, gli Emirati sono passati dalla miseria all’opulenza più esagerata, erigendo in mezzo al deserto città futuristiche.
Dalle primordiali tendopoli di tribù accampate nel deserto, dove non c’era elettricità né acqua corrente, gli sceicchi hanno percorso molta strada, costruendo sfavillanti metropoli tra le più moderne del mondo. Gli Emirati sono al nono posto in termini di PIL pro capite, grazie all’aumento degli investimenti finanziari e al mercato degli idrocarburi. Prima degli anni 60, quando si intensificarono le scoperte petrolifere, gli Emirati Arabi erano poco più che una landa desolata ed economicamente depressa, ed Abu Dhabi un anonimo villaggio in mezzo al deserto.
Modernizzare i più poveri
Con la fine del protettorato britannico negli anni ’70 e l’aumento dei capitali per l’estrazione del greggio, i sette emirati hanno conosciuto un’espansione economica vertiginosa. Il primo Al-Nahyan a diventare presidente degli Emirati sfruttò il reddito del petrolio non solo per modernizzare l’ emirato di Abu Dhabi ma anche per sviluppare i 6 emirati del nord più poveri (Abu Dhabi possiede oltre il 90 per cento delle risorse di petrolio e gas di tutti gli Emirati), investendo per il loro benessere e non risparmiando sforzi per sviluppare le infrastrutture del Paese, come progetti abitativi, servizi sanitari, istruzione e tenore di vita.
Per questa semplice ragione, oggi, delle 6 famiglie regnanti negli Emirati, quella di Al Nahyan è una delle più influenti (seguono in ordine di importanza quelle degli Al Maktoum di Dubai, Al Qasimi, Al Nuaimi, Al Sharqi e Al Mualla).
Il grattacielo più alto del mondo, Burj Dubai, è stato ribattezzato Burj Khalifa proprio in suo onore. Arab News (quotidiano dell’Arabia Saudita) di ieri ricorda così l’amato monarca scomparso: “Lo sceicco Khalifa era un uomo d’onore e un leader di pace. Credeva nello sviluppo di legami pacifici con i Paesi di tutto il mondo, compresi i suoi vicini, e nel rispetto del diritto internazionale. Amava dire: “Le nostre relazioni all’interno della regione si basano sul rispetto dei vicini, sulla difesa dei giusti, secondo il diritto e i principi internazionali”. Non era molto interessato all’attenzione dei media. Era umile, un filantropo che si concentrava sulla priorità degli interessi del proprio Paese e della sua gente” (punti di vista, uno yemenita non sarebbe d’accordo).
Secondo certuni, Khalifa era un buon leader, autorevole ma non autoritario. Si narra infatti che un giorno lo sceicco Khalifa invitò diverse persone a pranzo. Una di queste, un uomo sulla settantina si alzò, e senza troppi inchini e salamalecchi, disse al monarca con fare molto confidenziale: “Khalifa, come stai e come sta la tua famiglia?” L’emiro non scomponendosi più di tanto rispose con un gran sorriso. A detta di molti questa era la norma. Con lo sceicco Khalifa si poteva colloquiare come si fa tra vecchi amici. In altri tempi – alle stesse latitudini – un uomo, non usando la consueta cortesia imposta dal rispetto del rango (chiamando il monarca “Vostra Altezza”) avrebbe potuto rischiare fisicamente.
Non solo lusso
Va ricordato comunque che “non è tutto oro tutto quel che luccica”. In virtù del concetto per cui con le parole si può dire tutto e il contrario di tutto, dietro questi Emirati così scintillanti, dei quattrini a palate, le supercar, degli hotel esclusivi – gli Emirati che tutti noi conosciamo – c’è anche un lato più oscuro e inquietante.
Come per esempio quello dello “Stato prigione” che alimenta il sistema feudale della Kafala, che fomenta l’oscuro sistema della schiavitù e riduce migliaia di lavoratori stranieri alla condizione di merci.
Con circa il 90 per cento di abitanti costituito da cittadini stranieri – la maggior parte lavoratori a basso reddito, provenienti per lo più da Pakistan, India, Bangladesh e Africa, l’economia degli Emirati è fortemente legata alla mano d’opera straniera. La maggioranza di questi nuovi schiavi è prevalentemente sfruttata nel settore edilizio.
Sono loro che hanno costruito Abu Dhabi e Dubai, lavorando 12 ore e più al giorno, sotto il caldo torrido del deserto, per uno stipendio da fame, senza alcuna tutela, costretti a vivere in baraccopoli a cielo aperto (la più famosa di queste la squallida Sonapur, dove vivono oltre 300 mila operai migranti.
Turismo sessuale
Per non parlare della prostituzione (ufficialmente vietata nel Paese), che alimenta il turismo sessuale di molti faccendieri e mercanti arabi. Questo business segue lo stesso modus operandi degli operai edili e coinvolge più di 1 milione di individui (generando profitti per oltre 32 miliardi di dollari l’anno).
L’ONU ha più volte denunciato il mancato rispetto dei diritti umani negli Emirati. Le metropoli del lusso hanno però saputo diversificare la loro economia, rivolgendosi anche al commercio dell’oro e dei diamanti (insanguinati) per compensare la diminuzione delle riserve petrolifere, diventando così una calamita per il denaro sporco ed i proventi illeciti, generati da corruzione e criminalità.
Nel 2020, gli Emirati Arabi Uniti hanno importato oro per un totale di 37 miliardi di dollari ed esportato lingotti per un valore di 29 miliardi (secondo i dati delle Nazioni Unite).
Un’analisi del 2016 rilevava che quasi la metà dell’oro importato dagli UAE proveniva da Paesi in cui milizie e altre fazioni armate estorcevano denaro ai minatori, utilizzando i proventi per finanziare le loro campagne di spargimento di sangue.
Gli Emirati importano oro di dubbia provenienza da più di 100 Paesi, prevalentemente africani. Oro che in sostanza viene prelevato da milizie armate locali che esportandolo negli Emirati prevedono di finanziare acquisti di armi, guerre ed insurrezioni.
Gli Emirati non seguono alcuno standard di tracciabilità per quanto riguarda questo metallo prezioso; le 500 tonnellate di oro importate annualmente dagli Emirati attraversano le dogane aeroportuali del tutto indisturbate (e molte delle capitali africane sono servite da voli diretti per gli Emirati).
Transazioni per miliardi di dollari finiscono ogni giorno fuori dai radar dei registri bancari internazionali, finanziando terrorismo, il mercato degli stupefacenti, il commercio di armi e anche il traffico di organi umani, contribuendo a favorire la corruzione governativa e a fomentare molti conflitti africani/internazionali.
Il sistema è così ben rodato che tra il 2018 e 2019 la Banca Centrale del Venezuela cedette senza troppe formalità 73 tonnellate di oro a 2 società anonime con sede fittizia negli Emirati Arabi Uniti.
Coacervo di malaffare
La facilità con la quale si conducono gli affari negli Emirati ha portato il top dei personaggi criminali e corrotti: malavitosi russi, paperoni reali, commercianti d’armi e componenti nucleari iraniani, signori della guerra afgani, evasori fiscali europei, contrabbandieri di oro e diamanti del Corno d’Africa, cleptocrati nigeriani, e chi più ne ha più ne metta. Ad attirare il denaro sporco è stato indubbiamente anche il boom del mercato immobiliare dei primi anni 2000 per invogliare i capitali stranieri.
L’Emirato è tempestato di ville di lusso e case da sogno a ridosso delle acque del Golfo, dove grandi gruppi immobiliari hanno accettato e senza fare troppe domande, enormi somme di denaro di dubbia provenienza da investitori che hanno scelto l’emirato come location perfetta per riciclare parte dei proventi derivanti da attività criminali.
Anche i pirati somali hanno investito il denaro proveniente dai riscatti milionari in palazzi e grattacieli in questo bengodi.
Malavitosi e cleptocrati alla ricerca dell’anonimato, hanno trovato qui un ecosistema perfetto alle loro esigenze. Le autorità emiratine non hanno fatto domande né sulla provenienza del denaro, né sull’attività esercitata dagli investitori stranieri, pur sapendo che quel denaro sporco avrebbe contribuito a rimpinguare le casse degli sceicchi.
Società di comodo
Per rendere gli emirati più attraenti per quanto riguarda i flussi finanziari illeciti, sono state legalizzate le società di comodo per mascherare le identità dei reali proprietari. Trovandosi in un punto strategico del Medio Oriente, a metà strada tra India e Africa, gli Emirati han pensato bene di riciclarsi come territorio offshore, offrendo dozzine di comode zone di libero scambio interne (oltre 30), per fornire ancora più ombre in cui nascondere e far proliferare una florida economia sommersa.
E per questa ragione la Federazione è stata inclusa nella black list della Financial Action Task Force, organismo di vigilanza globale sul riciclaggio di denaro sporco, finanziamento del terrorismo e quello della proliferazione delle armi: “Sulla base di queste conclusioni, la Commissione Europea dovrebbe attivare la black list nell’UE. Tuttavia, in questo caso, non è ancora successo. Tali ritardi sono intollerabili, poiché questa pratica è estremamente dannosa per l’Unione Europea, in particolare per l’integrità del nostro sistema finanziario. In quanto noto rifugio per denaro illecito, l’Emirato protegge i politici e gli uomini d’affari corrotti in tutto il mondo, compresi gli oligarchi russi. In questo modo, aiuta anche il regime del Cremlino a eludere le sanzioni globali e a dichiarare guerra all’Ucraina. Questo dovrebbe essere interrotto immediatamente. Gli Emirati Arabi Uniti devono essere inseriti nella lista nera senza ulteriori indugi”.
Graham Barrow, esperto di riciclaggio di denaro e co-conduttore del podcast The Dark Money Files ha dichiarato: “Gli Emirati Arabi Uniti forniscono segretezza, complessità e controllo. È una tempesta perfetta. Un’invito ai criminali a sfruttarlo al meglio”.
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Buongiorno,
ho una laurea magistrale in psicologia e voglio fare delle consulenze psicologiche agli sceicchi, ho approfondito la tecnica psicoanalitica di Freud che voglio applicare.
Grazie saluti
Dott.ssa Sara Badoglio