Africa ExPress
14 maggio 2022
Ara Pacis, Initiatives for Peace, una ONG italiana fondata nel 2010 a Roma da Maria Nicoletta Gaida, attuale presidente dell’organizzazione, si è proposta per una nuova mediazione nel Sahel: questa volta in Ciad.
L’organizzazione vorrebbe condurre i negoziati tra il governo di N’Djamena e il gruppo armato Comité d’Autodéfense de Miski, al quale aderiscono veterani e disertori dell’esercito ciadiano. I ribelli sono impegnati nell’estrazione dell’oro a Miski, nella incandescente regione del Tibesti, nella parte nord-occidentale del Ciad, al confine con Libia e Sudan.
Idris Déby, ex presidente del Ciad, ucciso nel 2021 da un altro gruppo ribelle, Alternance et la Concorde au Tchad, aveva siglato un accordo con i minatori, concedendogli l’esclusiva dell’estradizione nella regione. Purtroppo l’accordo di allora non ha entusiasmato il nuovo capo di Stato, Mahamat Idriss Déby, figlio di Idris, che si è impossessato del potere dopo la dipartita del padre.
Ora Mosca è alla ricerca di nuovi mercati per approvvigionarsi di oro: lo sta facendo da tempo in Sudan e nella Repubblica Centrafricana . Mosca deve pagare i suoi conti con l’estero. Dopo l’invasione in Ucraina, le sanzioni di Washington impediscono a Mosca di utilizzare il dollaro come valuta di scambio commerciale.
Ara Pacis non ha per ora ricevuto risposte dal governo N’Dajemena, forse perché attualmente impegnato a Doha, in Qatar, in colloqui di pace con altri gruppi ribelli.
La corsa all’oro fa gola a tutti in questo momento di grave crisi, il gruppo ribelle del Tibesti e i minatori del prezioso minerale di Miski, sono un problema da non sottovalutare per il Ciad. Gran parte dei membri di Comité d’Autodéfense de Miski, sono ben addestrati, in quanto ex militari, e, ancora oggi, molti ribelli hanno ottimi rapporti con alti ranghi dell’esercito. Insomma, al momento attuale il governo di transizione non può assolutamente permettersi eventuali contrasti nella regione.
Parigi, ancora molto presente in Ciad, non si fida delle trattative di Ara Pacis, ritiene la ONG troppo vicina ai servizi segreti italiani. Non solo: oltre alla Francia, anche altri partner stranieri del Paese, sono scettici per quanto riguarda un’eventuale mediazione dell’organizzazione italiana.
La ONG ha avviato altre trattative di pace in passato. E’ molto attiva in Mali dove poco tempo fa ha promosso e mediato l’accordo tra le comunità tuareg del nord della ex colonia francese, riunendole sotto un solo “tetto”, il CSP (Cadre stratégique permanent).
Un documento in tal senso, conosciuto come “Dichiarazione di Roma” è stato siglato il 6 maggio 2021, in presenza del nostro ministro degli Esteri, Luigi di Maio.
Nell’aprile 2021, poco prima della riunione promossa da Ara Pacis, Di Maio si era recato proprio in Mali, dove ha incontrato alte cariche dello Stato. In tale occasione il capo della Farnesina è riuscito a concordare anche l’apertura di una nostra rappresentanza diplomatica nel Paese saheliano. Infatti dal 3 agosto 2021 è attiva l’Ambasciata d’Italia a Bamako.
Durante i colloqui con le autorità in Mali, Di Maio ha anche accennato alla questione migratoria. Finora non sono stati presi impegni da parte del governo maliano, tantomeno da parte degli ex ribelli.
L’unità dei movimenti del nord (CSP), ufficializzata dalla mediazione italiana tra il primo e il secondo putsch, ha però suscitato qualche diffidenza da parte delle autorità al potere istituite dopo il colpo di Stato del 24 maggio 2021. Le tensioni tra i gruppi firmatari e la nuova giunta militare non si sono placate.
Per questo motivo, a gennaio di quest’anno, dietro invito della ONG italiana, si sono seduti nuovamente al tavolo delle trattative a Roma i rappresentanti degli ex-ribelli del nord del CSP (Cadre stratégique permanent), che comprende i movimenti dell’Azawd (CMA), firmatari del trattato di pace di Algeri del 2015 https://www.africa-express.info/2015/06/24/firmato-laccordo-di-pace-mali-anche-dai-ribelli-maggioranza-tuareg/ e il ministro per la Pace e Riconciliazione del governo transizione di Bamako, Ismaël Wagué.
In occasione dell’incontro, è stato firmato un documento “Accordo di principio di Roma” che porta le sigle di Wagué, in rappresentanza del governo di Bamako, di Bilal Ag Cherif, presidente del CMA, di Hanoune Ould Ali, presidente “Platforme du 14 Juin 2014 d’Alger” nonché della fondatrice di Ara Pacis, del quale alleghiamo copia. Nel documento le parti s’impegnano formalmente della completa attuazione del trattato di pace di Algeri del 2015.
Poche settimane dopo, a fine marzo 2022, la presidente di Ara Pacis si è precipitata in Mali, per l’insorgere di nuovi problemi tra le parti in causa. Da un lato il governo vorrebbe avere un maggiore controllo sui gruppi del nord, mentre dal canto loro, gli ex ribelli, che controllano ancora una porzione di territorio, hanno nuovamente alzato i toni contro Bamako, e, in un comunicato hanno chiesto al governo di chiarire quanto prima la sua posizione riguardante alcuni punti dell’accordo di Algeri. Hanno inoltre sottolineato “il proprio impegno per l’unità e il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Azawad”. Dunque, in realtà il progetto di autonomia non è mai stato accantonato del tutto. E infine la mediazione di pace della ONG romana sembra essere fallita.
In una breve dichiarazione, gli ex ribelli hanno comunicato di aver incontrato la presidente di Ara Pacis a fine marzo 2022 in Mali. Hanno specificato di essere in disaccordo su alcuni principi del trattato e che necessitano di altre consultazioni tra loro per raggiungere un’intesa sul documento siglato a Roma. Naturalmente ringraziano la ONG italiana per “il coraggio, la disponibilità e il sostegno”.
Africa ExPress
@africexp
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Vuoi contattare Africa ExPress? Manda un messaggio WhatsApp con il tuo nome e la tua regione (o Paese) di residenza al numero +39 345 211 73 43 e ti richiameremo. Specifica se vuoi essere iscritto alla Mailing List di Africa Express per ricevere gratuitamente via whatsapp le news del nostro quotidiano online.