4 maggio 2022
Mancano pochi mesi ai campionati mondiali di calcio, che per la prima volta nella storia si terranno in un Paese del Medioriente, in Qatar. Sarà uno dei mondiali più spettacolari, ma anche il più controverso nella storia di questo sport.
Infatti da un po’ di tempo sono cominciate dure polemiche che denunciato le condizioni di sfruttamento economico cui sono costretti i lavoratori impiegati nella costruzione degli impianti sportivi che saranno utilizzati per disputare le partite.
In Qatar sono messi al bando i sindacati e sono negati i diritti umani, specie per gli immigrati che hanno salari da fame e condizioni di vita piuttosto precarie. Ogni protesta viene punita con il licenziamento in tronco e spesso con l’espulsione dal Paese.
E ora le polemiche rischiano di degenerare dopo le controverse e stupefacenti dichiarazioni di Gianni Infantino, l’italo svizzero presidente della FIFA, la Fédération Internationale de Football Association.
In occasione della 25esima conferenza globale del Milken Institute (un think tank economico indipendente con sede a Santa Monica, California) che quest’anno si tiene a Los Angeles dal 1° al 4 maggio, Infantino è stato intervistato dai reporter dell’emittente TV statunitense MSNBC.
Alla domanda se la FIFA avrebbe risarcito in qualche modo le famiglie dei lavoratori stranieri (per lo più asiatici, ma anche africani) assunti per la costruzione degli stadi che ospiteranno la prestigiosa competizione calcistica, Infantino ha risposto: “Non dimentichiamo una cosa, stiamo parlando di lavoro, anche un duro lavoro. L’America è un Paese fondato sull’immigrazione e anche i miei genitori sono emigrati dall’Italia alla Svizzera. Quando dai lavoro a qualcuno, anche in condizioni difficili, gli dai dignità e orgoglio. Non è carità. Tu non fai beneficenza”.
In pratica vuol dire: “Sii contento perché io ti sto dando il permesso di lavorare. E siccome sono io che ti do il permesso, le condizioni le stabilisco io. E non ti devi lamentare perché sei un mio beneficiato dalla mia benevola concessione”.
“Non dai qualcosa a qualcuno – continua nella sua intervista Infantino – e gli dici: ‘Resta dove sei. Ti do qualcosa e mi sento bene'”.
Poi rincarando anche la dose dichiarando: “Aver costruito gli stadi dove si disputeranno i Mondiali è anche una questione di orgoglio e di aver cambiato le condizioni di questi 1,5 milioni di persone (i lavoratori immigrati, ndr) è qualcosa che rende orgogliosi anche noi”.
Pensando ai genitori di Infantino emigrati dall’Italia in Svizzera dopo la seconda guerra mondiale in cerca di lavoro, a noi di Africa ExPress viene in mente una frase celebre attribuita a Franz Kafka. Si colloca bene in questo contesto e recita più o meno così: “I signori, com’è naturale dato il loro grande sapere, hanno da un pezzo dismesso ogni superbia e arroganza, che sembra raccolta tutta dai loro inservienti”
Sono molte le questioni che restano aperte, in particolare su come il Qatar tratta i lavoratori che hanno costruito gli stadi e le altre infrastrutture per la realizzazione dell’avvenimento calcistico. Malgrado i diversi appelli di Amnesty International lanciati al governo del Qatar di abolire il sistema Kafala, che vincola la residenza legale dei lavoratore migranti alla relazione contrattuale con chi li ha assunti.
Ciò significa che un migrante non può cambiare impiego senza autorizzazione del datore di lavoro. Se un dipendente rifiuta, decide di abbandonare l’abitazione senza il consenso del padrone, rischia di perdere il permesso di soggiorno e di conseguenza il carcere e l’espulsione.
Già nel 2016 in un suo rapporto Amnesty International aveva segnalato le gravi condizioni di vita degli operai migranti nell’Emirato. Da allora poco è cambiato.
Nel 2020 il governo qatariota aveva adottato due leggi volte a migliorare le condizioni dei lavoratori migranti e escludendo praticamente il sistema kafala, che, invece, continua a vincolare gli sfortunati operai al datore di lavoro.
Insomma, un ordinamento che equivale a una forma di moderna schiavitù. E ci chiediamo se sia davvero questo ciò che serve a “dare dignità e orgoglio” ai migranti in Qatar.
Molti operai provengono dal Ghana, Kenya, Bangladesh e altri Paesi dove le possibilità di trovare un impiego sono scarse. La maggior parte ha pagato somme da 900 a 2.000 dollari agli intermediari dei propri Paesi di origine per ottenere un contratto di lavoro in Qatar. Spesso hanno dovuto contrarre un debito per affrontare tale spesa.
Alla domanda sulle migliaia di morti di migranti segnalati grazie a un indagine di un anno fa del The Guardian, il presidente della FIFA ha risposto che solamente tre operai sarebbero deceduti durante la costruzione degli stadi. Altri 6.000 avrebbero forse perso la vita durante la realizzazione di altri edifici o infrastrutture. E ha aggiunto: “La FIFA non è la polizia del mondo o responsabile di tutto ciò che accade nel mondo”.
Il Qatar è 13esimo produttore di petrolio al mondo, e terzo per quanto concerne il gas. Insomma, è uno dei Paesi leader degli idrocarburi. La popolazione dell’Emirato conta 2,6 milioni di Persone. Solo 300 mila tra questi abitanti sono qatarioti. La maggior parte è composta da stranieri (90 per cento) che emigrano nel Paese per lavorare.
Africa ExPress
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