Cornelia I. Toelgyes
23 aprile 2022
Nella carniere della Russia non poteva mancare il Camerun, flagellato da un conflitto interno dalla fine del 2016 nelle due province anglofone, nonché dalle continue incursioni di Boko Haram in quella dell’Estremo Nord.
Il 12 aprile scorso, quasi in punta di piedi, per non far troppo rumore, il ministro della Difesa di Yaoundé, Joseph Beti Assomo, ha incontrato a Mosca il suo omologo russo, Sergueï Choïgou – molto vicino a Vladimir Putin – per firmare un nuovo accordo di cooperazione militare quinquennale tra i due Paesi. Il documento è stato redatto secondo le istruzioni dei due capi di Stato, Vladimir Putin e Paul Biya.
Un precedente trattato tra Camerun e la Russia era stato firmato nel 2015 con Alexandre Fomine, allora incaricato della cooperazione tecnico-militare con le forze armate straniere, oggi invece occupa la poltrona di vice-ministro della Difesa russa.
L’accordo del 2015 prevedeva anche la fornitura di armi e di equipaggiamento militare per le forze armate camerunensi, volti alla lotta contro i terroristi Boko Haram.
Il nuovo documento di 13 pagine, che comprende ben 15 articoli, è volto a sviluppare la cooperazione militare tra i due Paesi, tra questi: scambio di informazioni, formazione e addestramento delle truppe, condivisione di esperienze e attività comuni nella lotta contro il terrorismo e la pirateria marittima, il mantenimento e l’interazione nelle operazioni di sostegno della pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. L’accordo ha una validità di 5 anni e può essere rinnovato per altri 5, a meno che una delle due parti non voglia porre fine alla cooperazione.
Termini troppo generici per alcuni osservatori. Ritengono che bisogna andare oltre questo documento per capire meglio le sue implicazioni. Infatti, non specifica, come nel caso del Mali o della Repubblica Centrafricana, la fornitura di armi. In una clausola viene solamente precisato che altre aree di cooperazione possono essere prese in considerazione in conformità con gli accordi tra le due parti, senza però fornire ulteriori dettagli.
Clausola che fa suonare una campanella d’allarme, c’è chi teme l’ombra della nebulosa Wagner, la milizia privata russa, già in azione in diversi Paesi del continente.
Intanto non si arresta il conflitto interno. Poco più di una settimana fa sono state uccise 4 persone in un’imboscata mentre si dirigevano verso Bamenda, capoluogo della provincia del Nord-Ovest, a maggioranza anglofona. Oltre a due guardie del corpo, sono stati ammazzati il responsabile regionale delle prigioni, Theodore Khiga, e un suo collaboratore amministrativo.
L’attacco è stato rivendicato da Forces de restauration de l’Ambazonie (separatisti che vorrebbero trasformare le due regioni del Nord-ovest e del Sud-ovest in uno Stato autonomo chiamato “Ambazonia”). Il gruppo denuncia da anni la marginalizzazione che subiscono dal governo centrale e della maggioranza francofona. E’ molto attivo nell’area, e postano video sui social network.
Dalla fine di marzo i separatisti hanno preso in ostaggio almeno 9 donne che hanno partecipato a una manifestazione per mettere fine alle violenze. Durante la marcia di protesta decine di signore avevano urlato a gran voce: “Gli ambazoniani devono andarsene, basta con le violenze”.
All’inizio di aprile il gruppo ha diffuso un video nel quale si vede un uomo con il viso tumefatto e nove donne, alcune anziane, una di loro sta piangendo, mentre le altre pregano in silenzio.
Secondo Caryn Dasah del Movimento delle donne per la pace in Camerun, gli abitanti delle zone rurali delle due province a maggioranza anglofona, sono stanchi, esausti, non ne possono più delle violenze, dello spargimento di sangue. La Dasha ha sottolineato che le donne sono le prime vittime di questo conflitto e chiede ai separatisti che vengano liberate immediatamente.
Dal 29 marzo l’organizzazione Medici senza Frontiere ha cessato ogni attività nella provincia anglofona del Sud-Ovest, per l’arresto di 4 collaboratori locali, accusati di collaborazionismo con i ribelli. MSF, in un comunicato del 5 aprile, chiede l’immediato rilascio degli operatori, incarcerati da oltre tre mesi nella prigione di Buea, capoluogo del Sud-Ovest.
Alla fine del 2020 il governo ha sospeso le attività di MSF nel Nord-Ovest.
La situazione resta comunque molto tesa e confusa in entrambe le province a maggioranza anglofona. Basti pensare che il 7 aprile scorso sono stati rapiti 33 seminaristi nel dipartimento di Manyu (Sud-Ovest), poi rilasciati in meno di 24 ore.
Non è chiaro chi abbia inscenato questo sequestro a scopo di lucro. Inizialmente i criminali hanno chiesto un riscatto di 25 milioni di CFA, per poi scendere a 6 milioni. Visto che nessuno ha versato un solo centesimo, alla fine gli aspiranti sacerdoti sono stati rilasciati. Padre Humphrey Tatah Mbuy, portavoce della Conferenza episcopale del Camerun, ha detto che ormai tutti camerunensi non vogliono altro che la pace, un cessate il fuoco, e, soprattutto, un dialogo costruttivo tra i vari attori in causa.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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