Costantino Muscau
21 aprile 2022
La sua vita e la sua carriera sono finite nelle mani del fidanzato. Che la ha strangolata. Così è morta (ammazzata) un’altra stella dell’atletica leggera del Kenya. Si chiamava Damaris Muthee Mutua, 28 anni, ragazza madre di una creatura, con doppio passaporto del Kenya e del Bahrain. E’ stata strozzata in casa a Iten. Dal suo compagno. Pure lui atleta, etiope.
Iten. Terra per antonomasia dei campioni della lunga distanza nella contea Elgeyo-Marakwet, a 2400 metri di altitudine, 260 km da Nairobi.
Qui è stato coniato il motto la corsa è vita. E per tanti runners africani correre ha significato vita, fama, denaro: Peter Rono, David Rudisha, Eliud Kipchoge, Edna Kiplagat, Florence Kiplagat, Lornah Kiplagat, Linet Masai, Mary Keitany, Paul Kelimo …
Sono solo alcuni tra i più celebri atleti che hanno conquistato maratone su maratone, battuto record su record e medaglie d’oro alle Olimpiadi, o ai campionati del mondo. E che a Iten hanno scelto di vivere e di allenarsi, o che a Iten sono cresciuti. A Iten è sorto un centro di allenamento per atleti. A Iten vengono centinaia di corridori da tutto il mondo, tanti anche dall’Italia. Quello slogan, però, oggi suona beffardo e fuori luogo. Oggi la corsa sembra verso la morte.
Damaris è stata assassinata a distanza di 6 mesi e un chilometro dall’uccisione violenta della olimpionica Agnes Tirop, massacrata in famiglia a coltellate, a 25 anni, quasi certamente dal marito. Il 13 ottobre scorso. Un atleta pure lui: Emmanuel Ibrahim Rotich, accusato di omicidio, in carcere da allora, anche se lui si proclama innocente. L’udienza davanti al Giudice, rimandata di continuo, è prevista per il 27 aprile.
La morte violenta della Tirop provocò un’ondata emotiva profonda in tutta la nazione. Come in queste ore dopo la tragica fine di Damaris Muthee Mutua. La giovane atleta è stata trovata senza vita martedì pomeriggio, 20 aprile, in un appartamento del complesso Lilies Estate preso in affitto dal corridore etiope Eskanda Hailemariam, conosciuto da tutti come Koki Fai.
Il femminicidio – secondo Julius Maiyo, vicecommissario del collegio elettorale Keiyo Nord della contea Elgeyo-Marakwet – risale alla vigilia di Pasqua, sabato 16 aprile, dato che il cadavere dava già segni di decomposizione. Subito dopo, Koki Fai è scappato in Etiopia, da dove, più tardi, ha telefonato ad alcuni conoscenti dicendo che la giovane si era suicidata e che si trovava nel suo letto. La polizia è andata, ha sfondato la porta e ha trovato il cadavere, ma non tracce di sangue.
Muthee Mutua non era originaria di Iten, ma di Masinga nella Contea Machakos (non lontano da Nairobi). Aveva cominciato a correre per il Kenya tanto che aveva ottenuto 1 medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici giovanili del 2010 a Singapore. Aveva poi cambiato bandiera, come fanno molti atleti, passando al Bahrain.
Muthee si era classificata seconda al Casablanca Memorial Rahal (10km), alla mezza maratona di Agadir nel 2017, a quella di Maputo nel 2018, anno in cui poi ha vinto la gara dei 20 km a Marrakech, in Marocco. “Io conosco Muthee dal 2007 – ha raccontato al The Standard, Hellen Nzambi, maratoneta -. Aveva lasciato Machakos per allenarsi a Kapsabet (altro centro importante di famosi runners, ndr). Ci siamo rivisti nel 2012 a Iten quando lei aveva concluso il ciclo delle scuole superiori e l’ultima volta ci siamo parlati a dicembre”.
“Io invece l’ho sentita la settimana scorsa – ha dichiarato un’altra atleta e amica, Christine Kambua – Damaris era una ragazza molto concreta, era cosciente di poter rendere bene nella mezza maratona: Non sapevo che avesse un boyfriend etiopico. Mi aveva parlato solamente del papà di suo figlio, che è un kenyano”.
Secondo Tom Makori, responsabile della polizia, la giovane aveva incontrato Koki Fai durante gli allenamenti e aveva accettato l’invito di andare a casa sua, che dista appena un chilometro da dove trovò la morte orribile la campionessa Agnes Tirop nell’ottobre scorso.
Quello che sia successo e che cosa abbia portato alla tragica conclusione della loro breve relazione è ancora da chiarire. Di sicuro c’è che gli abusi di genere in Kenya dilagano. Il governo continua a sollecitare uomini e donne a evitare la violenza di coppia, a denunciare le situazioni drammatiche e a interrompere le relazioni quando si giunge ai maltrattamenti. Facile a dirsi in una società dove il maschilismo comunque è difficile da estirpare.
Basti questo dato, vecchissimo: in Kenya, secondo la ricerca più recente (!), che risale al 2014, almeno il 41% delle donne ha subito atti di violenza fisica o psicologica o sessuale da parte dei mariti o compagni.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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