Antonio Mazzeo
Aprile 2022
La devastante aggressione in Ucraina non ferma l’export di armi russe al continente africano. Il 30 marzo il governo militare-golpista del Mali ha ricevuto un ingente carico di sistemi di guerra di produzione russa. La consegna è stata effettuata alla presenza del ministro della Difesa Sadio Camara all’aeroporto di Bamako-Senou.
Secondo quanto riferito dalla testata online sudafricana Defenceweb, l’equipaggiamento bellico è giunto in Mali a bordo di un grande aereo da trasporto An-124 dell’Aeronautica militare della Federazione Russa “nell’ambito dell’accordo di lunga durata” sottoscritto con le autorità di Bamako.
Nello specifico sarebbero stati trasferiti alle forze armate maliane due elicotteri d’attacco Mi-24P Hind F e alcuni sistemi radar mobili Protivnik-GE/59N6-TE. Gli elicotteri sarebbero dotati di cannoni GSh-30-2K da 30mm e avanzate apparecchiature per il telerilevamento e l’invio di immagini.
“Questi nuovi sistemi d’arma giocheranno un ruolo cruciale nel rafforzamento della capacità operative delle nostre forze armate per assicurare sicurezza e prosperità alla popolazione”, ha dichiarato il portavoce del ministero della difesa del Mali. “Gli elicotteri saranno usati a supporto degli sforzi nazionali contro l’insorgenza e il terrorismo”.
I due Mi-24P si aggiungono ad altri elicotteri che la Russia ha consegnato alle autorità di Bamako negli ultimi anni. Tra la fine del 2017 e il gennaio 2021 Mosca ha trasferito alle forze armate maliane quattro velivoli Mi-35 per l’attacco al suolo e il supporto tattico, a seguito di un contratto stipulato nel 2016. Gli elicotteri Mi-35 possono essere armati con missili anticarro Ataka-V o Shturm-V, missili aria-aria Igla-V, razzi da 80 o 122 mm e cannoni GSh-231 da 23 mm. Oltre alle armi, i velivoli possono trasportare fino a otto persone o carichi di 1,5 tonnellate.
Secondo l’autorevole Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), lo scorso anno sarebbero giunti in Mali pure quattro elicotteri Mi-171 grazie a un contratto del valore di 61 milioni di dollari che include l’addestramento dei piloti e la fornitura di armi e munizioni. L’arrivo a Bamako di questi velivoli era stato segnalato l’1 ottobre 2021 da Africa ExPress. “Il ministro della Difesa maliano, Sadio Camara, ha precisato che i velivoli sono stati acquistati dal suo governo, mentre armi e munizioni sono un dono di Mosca”, riportava Africa ExPress. “Camara ha elogiato i russi per la rapidità e la solerzia nella consegna dei mezzi”.
Il contratto preliminare per l’acquisizione dei quattro elicotteri Mi-171 era stato siglato nel dicembre del 2020. Analisi difesa ha potuto ricostruire che due di questi velivoli erano giunti in Mali a bordo di un aereo da trasporto strategico Antonov An-124-100 Ruslan (RF-82038) delle Forze Aerospaziali russe, decollato il 30 settembre da Il Cairo e proveniente da Ulan-Ude, dove ha sede l’omonima fabbrica di elicotteri facente capo a Russian Helicopters.
Gli altri due Mi-171 sono giunti in Mali il 26 novembre 2021. L’annuncio è stato fatto dall’Ambasciata russa a Bamako con un post su Twitter. Alla cerimonia ufficiale di consegna erano presenti il presidente-colonnello della giunta militare golpista, Assimi Goyta, e il primo ministro “ad interim” Choguel Kokalla Maiga.
Quindici giorni prima l’agenzia di stampa TASS aveva ripreso le dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov che annunciava l’intenzione di rafforzare la cooperazione tecnico-militare con il Mali. “Le relazioni russo-maliane sono amichevoli e basate sulla fiducia reciproca ed è nell’interesse di entrambi i Paesi promuovere i legami commerciali, militari e culturali”, specificava Sergey Lavrov.
In verità la partnership militare Mosca-Bamako era stata avviata già durante il governo poi deposto dal golpe del 18 agosto 2020. Nel corso di una sessione parlamentare del novembre 2019, l’allora ministro della Difesa, il generale Ibrahim Dahirou Dembele, aveva annunciato “l’arrivo nelle prossime settimane di soldati russi per sostenere tecnicamente” le forze armate locali e cooperare, in particolare, alla manutenzione degli elicotteri d’attacco Mi-35 consegnati da Mosca e alla formazione addestrativa dei piloti maliani.
Dopo il colpo di stato sarebbero giunte in Mali le prime unità di contractor della società di “difesa” privata russa Wagner. A fine 2021 RFI – Radio France International ha documentato l’intenso traffico di aerei militari della Federazione Russa nello scalo aeroportuale di Bamako, contemporaneo al “dispiegamento” nel paese di mercenari al soldo della Wagner e “con il supporto logistico di Mosca”.
A metà dicembre è stato tracciato l’arrivo in Mali di un aereo cargo Tu-154 dell’Aeronautica russa proveniente da Bengasi, città libica in cui ha operato per lungo tempo il Gruppo Wagner a supporto del Lybian National Army del generale Khalifa Haftar.
Secondo le fonti di intelligence occidentali, la giunta militare avrebbe autorizzato la presenza in Mali fino a un migliaio di contractor a supporto delle forze armate e a protezione di alti funzionari governativi, riconoscendo al Gruppo Wagner un compenso mensile di circa 6 miliardi di franchi CFA (9,13 milioni di euro) e l’autorizzazione all’accesso di aziende russe all’esplorazione mineraria (oro e magnesio).
Il 24 dicembre 2021 sedici paesi dell’Unione europea, compresi Italia, Francia, Regno Unito e Germania, hanno formalmente condannato la presenza di truppe mercenarie in Mali. “C’è la consapevolezza del coinvolgimento del governo della Federazione Russa nel fornire il supporto materiale al dislocamento del Gruppo Wagner in Mali”, affermavano i paesi UE. “Ciò può solo deteriorare ulteriormente le condizioni di sicurezza in Africa occidentale e pertanto chiediamo alla Russia di tornare a un comportamento responsabile e costruttivo nella regione”.
Il 7 gennaio 2022 Al-Jazeera e Radio France Internationale hanno dato notizia della presenza di decine di militari russi nella base di Timbuctu, precedentemente utilizzata dalle truppe francesi operanti in Mali. II portavoce dell’Esercito maliano ha confermato quanto rivelato dai due organi di stampa specificando trattarsi di “istruttori” giunti nell’ambito di un accordo di cooperazione bilaterale per l’addestramento delle unità locali all’uso degli equipaggiamenti militari consegnati dal governo russo.
I contractor del Gruppo Wagner avrebbero avuto il battesimo del fuoco nel corso di un agguato a un convoglio delle forze armate maliane, tra Bandiagara e Bankass, due località situate a sud di Mopti, nel centro del Paese, da parte di una milizia presumibilmente vicina al gruppo islamico “Katiba Macina” guidato da Amadou Koufa.
La partecipazione di contractor in sanguinose operazioni di guerra in Mali è stata ipotizzata da Human Rights Watch in un report pubblicato il 5 aprile scorso. “Le forze armate nazionali, presumibilmente in associazione con militari stranieri, hanno eseguito l’esecuzione sommaria di circa 300 uomini, alcuni dei quali sospettati di essere combattenti islamisti, nella città centrale di Moura, alla fine di marzo 2022”, scrive l’ONG statunitense. “Gli uomini erano stati fatti prigionieri durante un’operazione militare che ha preso il via il 27 marzo (…) Le indagini hanno rivelato che ci sono stati altri gravi incidenti a fine marzo: le forze armate del Mali e i combattenti stranieri – identificati da diversi testimoni come Russi – hanno assassinato in piccoli gruppi alcune centinaia di persone che erano state fermate in una retata a Moura”. Secondo quanto riferito dal ministero della difesa maliano, tra il 23 e il 31 marzo l’esercito “ha ucciso 203 terroristi e ne ha arrestato altri 51”.
Diversi civili hanno dichiarato agli osservatori di Human Rights Watch che già da gennaio erano presenti nelle città di Sofara, Ségou, Mopti, Diabaly e Belidanédji “uomini bianchi armati che non parlano il francese” e che gli stessi avrebbero partecipato direttamente ai raid. “I residenti ritengono che si tratti di personale russo, in parte perché il governo di transizione ha dichiarato lo scorso dicembre che addestratori russi erano in Mali a seguito di un accordo bilaterale con la Russia”, conclude l’organizzazione internazionale per i diritti umani.
Antonio Mazzeo
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