AFRICA

Non tutti migranti trovano le porte spalancate nell’UE, eppure fuggono tutti dalla stessa guerra

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
6 aprile 2022

Mentre in poco più di un mese oltre 4 milioni di ucraini sono fuggiti dal loro Paese in guerra dopo l’invasione russa, a tutt’oggi ci sono ancora migranti e richiedenti asilo detenuti nel Zhuravychi Migrant Accommodation Centre, nella regione di Volinia, nella parte nord-occidentale dell’Ucraina. Gli sfortunati sono stati arrestati quando hanno tentato di attraversare la frontiera per entrare in Polonia.

Ucraina: c’è chi fugge e chi non può

Il centro, una ex caserma costruita nel 1961, che fa parte dell’esternalizzazione della detenzione per migranti dell’Unione Europea, e, per la messa in sicurezza, nel 2009 ha goduto di un finanziamento di 1,7 milioni di euro da Bruxelless.

Grazie a un’inchiesta condotta da al-Jazeera in collaborazione con Lighthouse Reports (una ONG, con sede in Olanda,  che conduce complesse indagini internazionali n.d.r.), è stato possibile stabilire che, malgrado l’atroce guerra in atto, un numero non precisato di persone sono ancora detenute nel centro, che non è dotato di un rifugio anti-aereo e i guardiani corrono in strada quando suonano le sirene.

Zhuravychi Migrant Accommodation Centre, Ucraina

Secondo la ONG olandese, a Zhuravychi i detenuti dovrebbero essere ancora una quarantina, non è possibile stabilire se tra questi ci siano anche donne. Il condizionale è d’obbligo, in quanto allo stato attuale è impossibile una verifica sul posto.

Anche Human Rights Watch, in un suo rapporto pubblicato ieri, ha confermato la detenzione di alcuni migranti nel centro, mentre altri sono stati rilasciati all’inizio del conflitto. La ONG ha chiesto al governo di Kiev la liberazione di tutti. “I migranti e i richiedenti asilo sono attualmente rinchiusi nel mezzo di una zona di guerra e giustamente sono terrorizzati”, ha detto Nadia Hardman, ricercatrice sui diritti dei rifugiati e dei migranti di HRW. “Non ci sono scuse per tenere civili in detenzione per questioni di immigrazione. Dovrebbero essere immediatamente rilasciati e autorizzati a cercare rifugio e sicurezza come la popolazione residente”.

Le persone intervistate da HRW hanno detto che le condizioni nel centro di detenzione di Zhuravychi erano già molto difficili prima del conflitto, la situazione è ovviamente peggiorata dopo il 24 febbraio. Nei giorni successivi all’invasione russa, membri dell’esercito ucraino si sono trasferiti nel centro. Le guardie hanno spostato tutti i migranti e i richiedenti asilo in uno dei due edifici del complesso. L’altro è stato liberato per i soldati ucraini.

HRW ha potuto verificare quanto riferito dai detenuti, grazie a due video postati su siti utilizzati dai soldati ucraini. In un altro filmato inviato dai migranti a HRW, si vedono alcuni ospiti del centro mentre vengono picchiati dai guardiani, poichè durante una protesta avevano chiesto di essere liberati per potersi mettere in sicurezza. “Alcuni hanno riportato ferite” – ha detto uno degli intervistati da HRW.

Altri, raggiunti dalla ONG, hanno riferito: “Le guardie ci hanno detto che avremmo potuto lasciare Zhuravychi se avessimo combattuto accanto ai militari ucraini. In tal caso tutti avrebbero ricevuto immediatamente la cittadinanza ucraina e i relativi documenti. Nessuno ha ovviamente accettato la proposta”.

La ONG ha anche precisato che oltre al Zhuravychi Migrant Accommodation Centre, l’UE ne ha finanziato altri due in Ucraina. Global Detention Project ha confermato che quello di Chernihiv attualmente non è più operativo, mentre non è stato possibile verificare se nel centro di Mykolaiv ci siano ancora migranti.

Il 18 marzo sono stati rilasciati 5 uomini e una donna da Zhuravychi, grazie all’intervento delle rispettive ambasciate e hanno così potuto raggiungere in sicurezza il confine polacco.

Lighthouse Reports, in collaborazione con diversi media, ha rivelato che profughi non ucraini, di origine africana, sono stati messi in strutture chiuse per diverse settimane, dopo aver attraversato i confini con l’UE.

naufragio di migranti nel Mediterraneo centrale

Maud Jullien, redattrice investigativa di Lighthouse Reports, ha spiegato come la direttiva di protezione temporanea dell’Unione Europea crei un doppio standard: permette ai cittadini ucraini di entrare nei Paesi limitrofi, ma ne impedisce l’ingresso a cittadini di altre nazionalità. Jullien ha detto che quattro studenti fuggiti dall’invasione russa sono tenuti tutt’ora in una struttura di detenzione a lungo termine a Lesznowola, un villaggio a 40 chilometri dalla capitale polacca Varsavia; hanno poche possibilità di comunicare con il mondo esterno e finora non hanno ricevuto nessuna consulenza legale. La polizia di frontiera polacca ha confermato che 52 cittadini di Paesi terzi, fuggiti dall’Ucraina sono attualmente detenuti in strutture di detenzione in Polonia.

Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), ha elogiato l’operato dei Paesi europei nei confronti dei rifugiati ucraini, costretti a abbandonare le proprie case a causa del violento conflitto in atto, ma, dopo l’ennesimo naufragio a largo delle coste libiche, costata la vita a quasi cento persone, ha chiesto di mostrarsi altrettanto generosi con gli altri migranti.

L’ONG Medici senza Frontiere ha infatti annunciato sabato scorso che solamente 4 persone sarebbero sopravvissute alla terribile tragedia.

Negli ultimi anni l’Unione Europea è stata criticata ripetutamente per la stretta collaborazione e i finanziamenti elargiti alla Guardia costiera libica, mosse volte a limitare l’arrivo di migranti sulle coste italiane, porta d’entrata dell’Europa.

E, ricordiamolo di nuovo, molte persone riportate in Libia, subiscono nuovamente violenze e abusi nei centri di detenzione.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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