Nel quinquennio 2015-2019 la Russia, in Africa, ha firmato 19 accordi di collaborazione militare soprattutto con la vendita di armamenti
Sandro Pintus
Firenze, 30 marzo 2022
Rame, nichel, palladio, alluminio, litio. Ma anche oro, diamanti e platino sono le risorse che al momento interessano maggiormente il Cremlino in Africa, soprattutto durante la guerra in Ucraina. Una settimana dopo l’invasione russa il nichel alla borsa di Londra è schizzato a +250 per cento arrivando a 100 mila dollari a tonnellata.
Anche i futures su alluminio, rame e palladio hanno toccato cifre record. Invece il litio, nell’ultimo anno è aumentato del 500 per cento. La transizione energetica attuale non può fare a meno di questi minerali indispensabili per le tecnologie verdi. L’occupazione russa dell’Ucraina, tra gli altri danni, mette a rischio le forniture di batterie per auto elettriche fino ai pannelli solari e alle turbine eoliche.
Russia e Ucraina sono infatti importanti fornitori di quei minerali. Ma il presidente russo, Vladimir Putin, sa benissimo che avere sotto controllo quelle risorse gli offre un’arma in più contro l’Occidente, contrario all’occupazione dell’Ucraina. Diventa quindi importante che le miniere africane rimangano il più possibile sotto il controllo dello “zar”. Ma come?
All’Assemblea Generale ONU del 2 marzo scorso, con 141, 5 contrari e 35 astenuti è passata la risoluzione che condanna invasione russa dell’Ucraina. Diversi Paesi africani si sono astenuti. Eccoli: Sudafrica, Mali, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Angola, Algeria, Burundi, Madagascar, Namibia, Senegal, Sud Sudan, Sudan, Uganda, Tanzania e Zimbabwe. Sono gli Stati legati anche storicamente all’ex URSS che li ha appoggiati durante la lotta di liberazione dal colonialismo. L’Etiopia invece ha votato contro la mozione insieme a Russia, Bielorussia, Siria e Corea del Nord. Bisogna specificare che il Sudafrica, nonostante la sua astensione, ha apertamente condannato l’azione militare della Russia.
La Russia, con il mediatore Rosoboronexport, è al secondo posto per il commercio di armi dopo gli Stati Uniti. Nel quinquennio 2015-2019 Putin, in Africa, ha firmato 19 accordi di collaborazione militare soprattutto con la vendita di armamenti. “Nel 2019 la Russia ha firmato accordi di cooperazione militare con Burkina Faso, Mali, Sudan e Repubblica del Congo. A livello globale, porta a oltre 100 accordi” – ha dichiarato il gen. Alexander Fomin, viceministro della difesa russo al quotidiano russo Izvestia.
Ma la longa manus di Putin in Africa (e non solo) è il Wagner Group, mercenari che intervengono militarmente nei Paesi che li chiamano. La Russia ha sempre negato ogni responsabilità per le azioni di Wagner dicendo che sono privati e niente hanno a che fare con Mosca. Aiutano i governi a stroncare il dissenso interno senza preoccuparsi dei diritti umani e la Russia in cambio ha le materie prime. Grazie a Wagner i russi possono avere sotto controllo molte delle materie prime africane.
I mercenari russi sono anche in Libia, Madagascar, Congo-K, Guinea, Guinea Bissau, Sudan, Sud Sudan, Angola, Botswana, Eswatini, Zimbabwe, Lesotho e Ruanda. Sono stati in Mozambico – chiamati per fermare i jihadisti nel Nord – ma dopo tre mesi hanno lasciato il Paese a causa delle perdite subite. Fonti di Africa ExPress hanno confermato che parte dei mercenari di Wagner, soprattutto da Libia e Centrafrica sono stati mandati a combattere in Ucraina.
Il teatro più importante per Wagner è la Repubblica Centrafricana. Lì sostiene il debole governo del presidente Faustin Archange Touadera indietro con i pagamenti dei contractor da sei mesi. La cosa non piace per niente a Mosca che alza il tiro. Ora afferma che le risorse minerarie, come forma di pagamento, non sarebbero sufficienti. L’arrivo di Wagner ha coinciso con quello di una società legata a Yevgeny Prigozhin, amico di Putin. Prigozhin ha le licenze per l’estrazione di oro e diamanti.
L’ultimo Stato africano che vede l’intervento di Wagner in ordine di tempo è il Mali dove è presente con un migliaio di mercenari. Il loro compito sarebbe l’addestramento dei soldati maliani e la protezione dei funzionari governativi. La loro probabile ricompensa, come in Centrafrica, è l’accesso alle miniere di uranio, oro e diamanti. Con lo smantellamento dei militari francesi, ora, rimangono i russi a controllare la situazione.
Sandro Pintus
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