Riyad, 14 marzo 2022
Certo che la stampa araba, a volte, è davvero bizzarra. L’Arabia Saudita continua a sfornare missili balistici a ripetizione (grazie ai cinesi) e poi protesta per l’arsenale di missili balistici Iraniani.
Ultimamente invece capita sempre più spesso di leggere sulla stampa araba articoli che condannano le barbare pratiche iraniane d’infliggere la pena di morte per impiccagione. Ecco un piccolo esempio. Il titolo è assai esplicativo: “L’indignazione internazionale di fronte alle violazioni dell’Iran”.
E il testo: “ll motivo è l’esecuzione di un giovane. Le autorità iraniane hanno giustiziato all’alba di mercoledì, un ragazzo condannato per omicidio. Era stato arrestato quando aveva solo 17 anni. Nonostante i ripetuti appelli di organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, di fermare l’esecuzione della sentenza, la condanna a morte è stata eseguita contro Arman Abdelali, 25 anni, nel carcere di Rajaei Shahr vicino a Teheran, secondo la legge retributiva” giustizia retributiva (che consente ai congiunti della vittima di chiedere la condanna a morte, la diya, compensazione in danaro, o concedere la grazia, ndr) richiesta dalla famiglia della vittima.
Amnesty International aveva lanciato un appello all’Iran affinché sospendesse l’esecuzione dell’uomo condannato a morte, ritenendo che la sentenza fosse stata emessa nei suoi confronti in un “processo estremamente iniquo” poiché le confessioni sono state estorte sotto tortura.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e le ONG occidentali denunciano regolarmente le esecuzioni di persone condannate per presunti reati commessi quando erano minorenni, in violazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, che l’Iran ha ratificato”.
Il testo qui sotto riportato è stato scritto dal giornale Asharq al-Awsat del 24 novembre 2021. E’ un quotidiano panarabo diretto dal principe saudita Faisal bin Salman al Saud, fratello del principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman, noto alle cronache perché accusato dalla CIA di essere il mandante del barbaro omicidio del giornalista Jamal Khashoggi (torturato e segato in pezzi con la motosega nel consolato dell’Arabia Saudita di Istambul per suo ordine).
Mohammed bin Salman è lo stesso principe ereditario che dal 2015 fa bombardare centri abitati, ospedali, scuole e civili in Yemen.
Orbene, in Arabia Saudita, sotto il “Nuovo Rinascimento” del principe “riformatore”, Mohammed bin Salman, appunto, proprio ieri è stato superato il Guinness World Record di condanne a morte con la scimitarra, eseguite tutte nello stesso giorno.
Ben 81 esecuzioni di fila, una dietro l’altra, come in una catena di montaggio. Ma si badi ben, non è una pena di morte così cruenta e crudele come l’impiccagione praticata in Iran, poiché viene inflitta con una grande spada (appunto la “scimitarra araba” spada molto in voga al tempo delle Crociate) strumento che riesce a mozzare la testa del condannato in un sol colpo, senza la necessità di dover fare il bis.
Una spada dalla lama ricurva, pesante e micidiale, impiegata dagli arabi per applicare gli insegnamenti del Corano, così come prescritto dalla Sharia. La stampa Araba ha il buon gusto di additare l’Iran come Stato-canaglia perche ”sopprime i diritti delle minoranze, soprattutto degli avversari politici.
Secondo Albiladdaily il quotidiano saudita di Jeddah, edizione del 31 gennaio 2021, in Iran è severamente vietato dire ciò che pensi, e per sopprimere le persone vengono utilizzate condanne arbitrarie ed esecuzioni sommarie. Il sistema degli ayatollah è basato su processi farsa con accuse senza prove e una catena infinita di abusi contro i diritti umani”. Insomma, il bue dà del cornuto all’asino.
E’ stata l’agenzia di stampa statale Saudi Press Agency a dare per prima la notizia che nelle ultime 24 ore, in Arabia Saudita c’è stata la più grande esecuzione di massa nella storia moderna del Paese.
Sono state giustiziate 81 persone, tra cui sette yemeniti e un cittadino siriano, mandate al patibolo con l’accusa di “fedeltà a organizzazioni terroristiche straniere” e “credenze devianti”.
Onde evitare ondate d’indignazione collettiva i sauditi hanno precisato però che tutti i condannati a morte hanno avuto un “equo processo”. Le varie organizzazioni umanitarie ovviamente non concordano, e hanno denunciato processi sommari con accuse senza prove.
A molti imputati sono state estorte le confessioni sotto tortura ed inoltre molti condannati sono stati arrestati quando erano ancora minorenni, quindi non punibili con la pena capitale secondo diritto internazionale che pure dovrebbe essere in vigore nel Regno (infatti l’Arabia Saudita ha ratificato nel 1996 la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia che vieta la condanna a morte e l’ergastolo senza possibilità di liberazione per persone di età inferiore a 18 anni al momento dei fatti di cui sono imputati).
“Questi individui, sono stati condannati per vari crimini, tra cui l’omicidio di uomini, donne e bambini innocenti. I misfatti commessi da queste persone includono anche la promessa di fedeltà ad organizzazioni terroristiche straniere, come l’ISIS, al-Qaeda e gli huthi. Agli accusati (bontà della corte, ndr) è stato concesso il diritto a un avvocato e durante il processo sono stati garantiti i loro pieni diritti ai sensi della legge saudita. Il Regno continuerà ad assumere una posizione rigorosa e incrollabile contro il terrorismo e le ideologie estremiste che minacciano la stabilità del mondo intero”.
In Arabia Saudita precedenti esecuzioni di massa sono avvenute nel gennaio 2016, quando nel Regno vennero giustiziate con la mannaia 47 persone, incluso un importante leader sciita dell’opposizione che aveva organizzato manifestazioni di protesta. Nel 2019 invece, vennero decapitati 37 cittadini sauditi, la maggior parte dei quali di minoranza sciita, in un’esecuzione di massa in tutto il Paese per presunti crimini legati al “terrorismo”.
Il record precedente, in ordine di tempo, è sempre detenuto dall’Arabia Saudita con 27 esecuzioni capitali nel 2020 ed altre 67 condannati affidati al boia nel 2021. Giusto per la cronaca, in Arabia Saudita anche criticare Mohammed bin Salman è considerato “terrorismo” (così come per Putin sono “terroristi” gli ucraini che vengono massacrati solo perchè difendono il loro Paese dall’invasione russa).
Certo, è piuttosto imbarazzante leggere sulla stampa internazionale che “Gli uomini per soldi chiudono gli occhi sugli abusi dell’Arabia Saudita, un’ex primo ministro italiano ha fatto da testimonial, descrivendo la petro-monarchia dell’Arabia Saudita come il “Nuovo Rinascimento” e presentando il principe ereditario come un “grande leader”. Un grande Leader con una grande scimitarra…
Africa ExPress
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