Africa ExPress
Riyad, 14 Marzo 2022
Neanche il tempo di chiudere la prima edizione del World Defense Show, ufficialmente concluso mercoledì 9 marzo e organizzato a Riyad dal Regno dell’Arabia Saudita che giovedì mattina presto (10 marzo) l’antiaerea saudita ha intercettato un drone lanciato dalle milizie huthi da un porto civile del governatorato di Hodeidah, diretto verso la parte meridionale della città saudita di Jizan.
Le schegge del drone distrutto sulla città di Jizan sono cadute su aree civili, ma non hanno causato danni e/o vittime.
Il 21 febbraio scorso Jizan era già stata l’obiettivo di un altro attacco huthi. Un’altro drone carico di esplosivo era stato lanciato sull’aeroporto di Re Abdullah bin Abdulaziz, facendo 16 feriti.
Dopo gli aeroporti ora le milizie yemenite ribelli prendono di mira gli impianti petrolchimici. E la scelta in un momento così delicato con la guerra tra Russia e Ucraina non è del tutto casuale.
Anche gli insediamenti petroliferi sauditi sono in prima linea per fronteggiare l’attuale crisi energetica internazionale provocata dal conflitto che ha investito l’Europa. Si può anche fare a meno del caviale del Caspio e della Vodka, ma non dell’oro nero.
Non per niente la Royal Saudi Naval Forces (della Base Navale King Abdulaziz di Jubail) e l’ esercito saudita sempre più di frequente effettuano manovre ed esercitazioni per proteggere siti industriali strategici e gli stabilimenti di Saudi Aramco, la più grande società quotata al mondo (67.000 dipendenti), controllata dalla famiglia reale saudita del principe ereditario Mohammed Bin Salman e attualmente valutata qualcosa come 2 trilioni di dollari.
L’11 marzo un’altro drone huthi ha centrato una raffineria della Saudi Aramco vicino Riyadh provocando un vasto incendio, ma per fortuna senza nessuna vittima e/o feriti, come ha riferito dall’agenzia di stampa saudita SPA).
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